2 Mar 2022

Riccardo Scamarcio, la burocrazia, le barriere architettoniche e quelle mentali

Scritto da: Elena Rasia

La nostra Elena ci fornisce la cronaca di una serata assurda, durante la quale ha potuto constatare che le barriere mentali a volte sono più difficili da superare di quelle architettoniche. Per questa nuova puntata della rubrica This Abilità ecco il racconto di un "tormentato" incontro con l'attore Riccardo Scamarcio.

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Bologna, Emilia-Romagna - È il 24 febbraio e al cinema Odeon in via Mascarella, a Bologna, c’è la première de L’ombra del giorno un film del regista Giuseppe Piccioni con protagonisti Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli. Arriviamo puntualissime per l’inizio dell’evento a cui sappiamo già che non potremmo partecipare perché si svolgerà nell’unica sala non accessibile, ma avendo parlato precedentemente con lo staff del Circuito Cinema Bologna nutriamo la speranza di poter effettivamente riuscire a incontrare Riccardo Scamarcio per scattare con lui una fotografia da poter utilizzare per parlare sui nostri canali social di barriere architettoniche.

Ci avviciniamo all’ingresso e lo staff del cinema ci accoglie già preparato al nostro arrivo: «Siete le ragazze per l’autografo? Venite pure». Annuisco anche se non pensavamo minimamente all’autografo. Ci spalancano tutta l’entrata dove lo scalino é più basso ed entriamo, saliamo la pedana posizionata su un lato della piccola scalinata interna e ci dirigiamo alla postazione del controllo greenpass. Un signore con gli occhiali ci guarda dalla postazione e, nonostante il basso volume di voce dietro la mascherina, Marghe – la mia compagna di avventura nel progetto Indi Mates – gli sente distintamente dire alla collega vicina: «Stiamo per avere un problema…».

Si avvicina e ci chiede se siamo lì per l’evento speciale in sala A e se abbiamo già fatto i biglietti; gli rispondiamo che in realtà i biglietti non li abbiamo fatti e che ci hanno detto di attendere al bar per poter incontrare Riccardo Scamarcio, tanto siamo consapevoli del fatto che la proiezione si tiene in una sala inaccessibile per chi è in carrozzina. «Ah, bene!», si rallegra il signore. «Sì, questo maledetto ascensore ancora non ce l’abbiamo. Sono quattro anni che aspettiamo i permessi dal Comune e prossimamente potremo finalmente metterlo», dice incrociando le dita.

cinema teatro

Dopo il controllo ci indicano dei tavolini con poltrone di velluto rosso e ci invitano ad accomodarci nell’attesa.
«Marghe – dico con occhi sorridenti – ti rendi conto che stiamo per incontrare Riccardo Scamarcio?».
Marghe fissa il vuoto riflettendo… è incredula, poi in silenzio realizza: «Oddio!», dice passandosi una mano sugli occhi e sorridendo nervosa. «No, non é vero…».
«Invece sì!», esulto. «Lo stiamo per incontrare».

Ridiamo euforiche perché per entrambe stiamo realizzando un piccolo, nostalgico, adolescenziale e sciocco sogno nel cassetto. Spiego a Marghe che in fondo della foto mi importa poco, anche perché ho sempre avuto difficoltà a chiedere scatti a personaggi noti, mi ha sempre dato l’idea di disturbarli, anche se poi quest’idea svanisce improvvisamente quando le circostanze sono più forti della timidezza e la scavalcano prepotentemente.

Ma stasera le circostanze sono molto significative e il messaggio su cui riflettere e di cui parlare è potentissimo. In uno tra i cinema storici più rinomati della città c’è una barriera strutturale che non ci permette di partecipare. Per questo, chiedendo allo staff di farci incontrare Scamarcio, si realizzerà una piccola rivoluzione che andrà al di là di permessi edili e discriminazioni: non potendo noi andare in sala a vedere il film a incontrarlo, sarà lui a venire da noi e in questo modo avremmo l’opportunità di venirci incontro senza alzare muri evitabili.

«Alla fine non é l’Odeon a fare un favore a noi, ma siamo noi a farlo a loro, perché avranno una buona opportunità di inclusione per una situazione architettonica su cui non hanno preso alcuna iniziativa se non attendere direttive dall’alto», dico parlandone con Marghe. A un certo punto però veniamo interrotte dal signore di prima che si avvicina a noi e ci dice: «Ragazze, purtroppo ho una notizia spiacevole». Ci geliamo per un attimo. Nelle nostre teste immaginiamo già Scamarcio scappare via, lontano, verso l’orizzonte.

Arriviamo puntualissime per l’inizio dell’evento a cui sappiamo già che non potremmo partecipare perché si svolgerà nell’unica sala non accessibile

«Purtroppo non potete stare qua al bar, perché è riservato ai clienti. Dovreste uscire e aspettare fuori, farvi un giretto magari, il tempo che arrivi Scamarcio».
«Ordiniamo qualcosa senza problemi», dico prontamente.
«No, non é possibile, perché il bar è per la clientela che ha acquistato il biglietto».
«Guardi non c’è problema, acquistiamo tranquillamente il biglietto allora», ribatto con fermezza.
«Acquistereste il biglietto solo per stare al bar?» dice perplesso.
«Beh sì, dal momento che non possiamo entrare in sala».
«Certo… comunque non é possibile, perché purtroppo i biglietti sono esauriti».

Sono confusa e chiedo se potevamo comunque attendere al bar, al caldo. A confondere di più la situazione arriva la signora che c’aveva precedentemente fatte entrare: «Qual è il problema? Certo che potete restare al bar».
«No, no!», ribatte il signore. «Vi spiego: il bar é per i clienti che hanno acquistato il biglietto. E la sala é piena, é tutto esaurito. Non possiamo farvi rimanere qua, mi dispiace. Dovete aspettare fuori, fate un giro e poi tornate».

La sala non è accessibile, ma per restare dentro al bar ci serve il biglietto e ormai è tutto sold out. In tutto ciò non ci è dato sapere quanto dovremmo aspettare fuori. «Ci dispiace, purtroppo il servizio del bar è per chi ha acquistato il biglietto», ci viene ribadito. Così ci rivestiamo e usciamo. Aspettiamo fuori, arrabbiate e confuse. Ma dopo poco, attraverso le porte di vetro intravediamo Riccardo Scamarcio e in quell’istante l’euforia anestetizza l’incazzatura.

Lui esce e si avvicina. «È lei?», chiede rivolgendosi a me e saluta. Sblocco il telefono. Riccardo lo prende e si posiziona per il selfie. Un paio di scatti tutti insieme. Fatto. Sono le 21:33. Tutto questo é accaduto in soli 15 minuti. La nostra voglia di lanciare un messaggio di cambiamento e incontro nonostante una barriera strutturale è miseramente affondata poiché insormontabili sono state le barriere della burocrazia, dell’imprevisto.

riccardo scamarcio

Il bar era per i clienti del cinema, non era un bar per tutti – e questo può essere comprensibile –, ma noi in quel momento avremmo voluto essere clienti, ma non potevamo ed è lì che l’incomprensione ha avuto la meglio. Così l’ombra della notte è calata anche sul Cinema Odeon, oscurando anche le pari opportunità che la cultura insegna quotidianamente a coltivare.

La sensibilizzazione sull’abbattimento delle barriere architettoniche è una strada sterrata e difficile, non bisogna smettere di parlarne e di farsi sentire. Poi ci sono delle barriere di altro tipo, per abbattere le quali basterebbe rimanere umani, prendere per mano l’empatia e non lasciarsi schiacciare da una paura rivolta a qualcosa di straordinario che deve smettere di esserlo. Si chiama inclusione.

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