7 Mar 2022

Lo stato dei luoghi, una rete italiana per una rigenerazione urbana e culturale

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli
Video realizzato da: Paolo Cignini

E se ripartissimo dai convenzionali luoghi della cultura dei decenni passati per ricostruire il tessuto sociale e urbano? A distanza di dieci anni abbiamo incontrato Emmanuele Curti, manager culturale che, insieme alla rete Lo Stato dei luoghi, costruisce nuovi processi per ridefinire luoghi e comunità attraverso la cultura.

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Palermo - Durante il primo viaggio in camper Daniel Tarozzi e Paolo Cignini incontrarono a Matera Emmanuele Curti. Da quell’incontro sono passati quasi dieci anni, complessi e per questo ancora più stimolanti, sempre fortemente animati da una grande spinta verso il cambiamento. Visioni e progetti di donne e uomini che cercano di costruire nuove comunità e nuovi approcci alla cultura.

In questi anni Emmanuele non si è mai fermato, trasformandosi da archeologo a manager culturale, parola con cui non ama molto definirsi: «Mi sento più un tessitore, curatore di relazioni che costruiscono nuovi processi, ma quella parola non è stata ancora inventata. Le cose stanno cambiando, cambiano le forme del sapere, dell’accesso alla cultura, della produzione culturale. Il mondo del digitale sta incidendo fortemente soprattutto nell’immaginario dei giovani. Oggi fare questo lavoro significa prendersi cura a partire dalle più vecchie generazioni fino a quelle nuove che usano linguaggi diversi, cercando di mediare e costruire comunità che abitano insieme dei luoghi e creare nuove forme culturali». 

LA RETE DELLO STATO DEI LUOGHI

Emmanuele Curti è uno dei co-fondatori della rete Lo stato dei luoghi, costituita formalmente un anno fa e con sede presso l’associazione Mare Memoria Viva di Palermo, che riunisce circa cento realtà sparse in tutta Italia, da nord a sud, che portano avanti progetti e luoghi di rigenerazione urbana e culturale. Alcune di queste sono molto note e si trovano in grandi città – Base o Periferico a Milano, Kilowatt a Bologna – con dimensioni riconoscibili e forti che si sono assestate nella fragilità del mondo culturale di questi tempi. Altre invece sono in aree interne o in contesti molto più piccoli. Tutte però sono accomunate da una cura nell’aiutarsi reciprocamente con l’obiettivo di costruire nuove politiche in ambito culturale.

«La cultura non è da intendersi alla maniera del novecento, quando dopo il lavoro si andava ai musei, cinema e teatro. La cultura agisce sempre e in particolare grazie a questi centri, che sono spesso quegli ex luoghi del secolo scorso – ex fabbriche, tipografie, rifugi – che diventano luoghi di incontro nel lavorare con le comunità locali che li abitano», spiega Emmanuele.

Per la rete la cultura non è spettacolo, ma uno strumento per costruire processi insieme all’aiuto di persone che vengono dalla cultura stessa: «I nostri luoghi si trovano in territori dove le comunità sono meno abituate a questa parola e facciamo in modo di renderle partecipi attraverso, ad esempio, processi artistici, con i bambini, progetti di co-educazione che coinvolgono il sapere nuovo rimettendo in gioco il sapere vecchio della comunità. La cultura è lo strumento di ridefinizione dei luoghi che abitiamo per costruire nuove dimensioni del sociale».

LA STRADA PERCORSO SINORA

Durante il lockdown la rete Lo stato dei luoghi non si è solo costituita, ma ha portato avanti processi che la pandemia ha solo velocizzato. Un esempio è l'”alfabeto pandemico”: nato ad aprile del 2020, ha evidenziato come le parole stessero cambiando di significato. Nella pagina web sono state raccolte 900 termini successivamente analizzati dal linguista Federico Faloppa. Dal suo lavoro emerge la predominanza del pronome “noi”, a differenza dell’italiano quotidiano che vede al primo posto il pronome “io”. Il valore e il significato delle parole hanno subito un profondo cambiamento.

La cultura non è spettacolo, ma uno strumento per costruire processi insieme all’aiuto di persone che vengono dalla cultura stessa

Lo stesso nome della rete – Lo stato dei luoghi – non nasce casualmente. Un atto provocatorio come rivisitazione di un editto emesso dal Comune di Favara quando circa quattro anni fa furono bloccate delle installazioni artistiche a Farm Cultural Park. Il Comune scriveva di dover “ripristinare lo stato dei luoghi”. Una sfida che è servita da stimolo per cambiare lo stato delle cose e dei luoghi nella quotidianità. È stato infatti questo blocco dei lavori a Favara che ha portato alla nascita della rete Lo stato dei luoghi, riunendo tante realtà impegnate nella rigenerazione urbana e culturale e avviando insieme un percorso di riflessione comune.

 «Di strada ne abbiamo fatta tanta – racconta Emmanuele –: è stata depositata una legge in parlamento sul riconoscimento di questi centri culturali come luoghi che costruiscono le nuove forme della cultura, siamo partner del New European Bauhaus, stiamo lavorando al tavolo Stato-Regione. Il nostro obiettivo è continuare in questa azione a livello locale, regionale, amministrativo, nazionale e europeo».

lo stato dei luoghi 2

La rete sta lavorando a nuove collaborazioni con soggetti del terzo settore per costruire un vocabolario comune «che ci aiuti in questa operazione di trasformazione anche al Sud, dove il tessuto sociale è diverso, più faticoso ma anche più creativo. Ragioniamo su un modello di welfare culturale, che non significa solo curare la società malata, ma pensare al benessere della società sana anche attraverso la cultura». 

ITALIA CHE CAMBIA

«L’Italia che cambia prende atto della necessità di ridefinire un nuovo paese senza confini, multietnico, rispettoso delle varie dimensioni. Un’Italia che non ha bisogno di ripiegarsi sul passato, ma lo usa in maniera intelligente per costruire un futuro completamente diverso rispetto a quello di venti o trent’anni fa», conclude Emmanuele Curti. 

Lo stato dei luoghi prosegue il suo cammino. Ci vediamo al prossimo appuntamento… tra dieci anni!

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