9 Mar 2022

Jem Bendell: “Il catastrofismo e la deep adaptation non sono scuse per l’inazione climatica”

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

Abbiamo intervistato l'autore del paper più scaricato di sempre, quello sulla "deep adaptation", per chiedergli cosa è cambiato nel mondo e nella sua analisi in questi ultimi anni e come risponde alle accuse di catastrofismo che alcuni colleghi e giornalisti gli rivolgono. Vi proponiamo le riflessioni scaturite, che dal campo ambientale sconfinano in quello sociale, mediatico e non solo.

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Nel 2018 Jem Bendell, un accademico relativamente poco conosciuto, professore di Sostenibilità alla University of Cumbria, in Inghilterra, decide di autopubblicarsi un paper scientifico su quello che definisce “adattamento profondo” ai cambiamenti climatici. Compie questa scelta dopo che il Sustainability Accounting, Management and Policy Journal, rivista scientifica con cui collabora da anni, gli ha rifiutato la pubblicazione, sostenendo che manchi di solide basi scientifiche, ma ammettendo fra le righe che teme le risposte di panico della popolazione a uno scenario considerato catastrofista.

Con “adattamento profondo” – Deep Adaptation nella versione originale – Bendell intende la necessità di prepararci, come genere umano, al probabile collasso della società per come la conosciamo o persino all’estinzione della nostra specie, poiché il riscaldamento globale e gli eventi meteorologici estremi sconvolgeranno sempre più i sistemi sociali, economici e politici. 

Come a volte accade, la mancata pubblicazione si è tradotta nella migliore pubblicità per lo studio, che nel giro di qualche giorno viene scaricato decine di migliaia di volte – oggi, nel marzo 2022, siamo attorno al milione – e diventa virale, dando vita a gruppi di lavoro, movimenti e forum online in tutto il mondo. In questi quattro anni la sua figura è stata tanto osannata quanto criticata. Grazie a Darinka Montico, abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo per capire cosa è cambiato, sia nello scenario descritto, sia nel mondo, in questi quattro anni. 

jem bendell
Il tuo paper noto come Deep Adaptation è stato ampiamente letto in tutto il mondo. Che impatto ha avuto sulla consapevolezza della gente?

I giornalisti riferiscono che abbia contribuito all’espansione di Extinction Rebellion. E lo affermano anche gli esperti del think tank conservatore Policy Exchange. Questo tipo di reazione al mio lavoro è stata una sorpresa per me, visto che farsi arrestare per disobbedienza civile non è stata la prima cosa che mi è venuta in mente dopo aver concluso che ci troviamo di fronte al collasso a breve termine delle società di consumo industriali. Tuttavia mi sono unito, per aiutare XR nella sua fase iniziale. 

Più in generale, visto che è stato scaricato più di un milione di volte, ha influenzato le persone in un milione di modi diversi. Conosco molte persone che hanno cambiato totalmente la loro esistenza, come risultato. Tutti menzionano il fatto di aver ricentrato le loro vite, basandole sulla verità e sulla compassione. Come questo stia funzionando è un’altra questione. Le persone possono affezionarsi a una nuova idea di chi sono. Se è necessario per tenere a bada la disperazione, allora l’alta considerazione morale di sé può diventare pericolosa. 

È cambiato qualcosa di significativo nella tua analisi da allora?

La maggior parte della scienza climatica è peggiorata. Il mainstream l’ha seguita. A livello personale inoltre, adesso sono a conoscenza di un intero campo di studi su come le società si stanno destabilizzando. Ecco perché più di 600 studiosi di oltre 30 paesi, compresi gli scienziati del clima, hanno firmato un appello internazionale sulla disgregazione e il collasso della società. 

Eppure, secondo alcuni scienziati, se agissimo in fretta potremmo ancora sistemare le cose. Ad esempio Michael E. Mann sostiene che la “scienza sepolta” mostra che tagliando rapidamente le emissioni di carbonio si possono stabilizzare le temperature in 3-4 anni. Ti sembra una previsione affidabile? Questo cambia in qualche modo lo scenario di “adattamento profondo”?

L’analisi scientifica su come la Terra estrae naturalmente la Co2 dall’atmosfera è ben nota, non è affatto “sepolta”. La scienza dimostra che gli ecosistemi ci hanno aiutato fino ad ora, ma che ora questo aiuto sta diminuendo a causa degli impatti del cambiamento climatico. Per esempio, sempre più foreste stanno diventando fonti di carbonio – e non più pozzi di assorbimento – a causa dei cambiamenti nel calore e nelle piogge. Molti modelli mostrano che il clima è più sensibile alla Co2 di quanto si pensasse prima. Le registrazioni paleontologiche mostrano anche ciò che gli attuali livelli di Co2 probabilmente comporteranno in termini di innalzamento delle temperature future. 

Extinction rebellion3

I modelli che prevedono la stabilizzazione della temperatura se le emissioni di anidride carbonica si fermassero improvvisamente ignorano la riduzione della capacità degli ecosistemi di immagazzinare carbonio. Non sono scienza sepolta, ma scienza arretrata. In ogni caso è una conversazione futile, poiché l’umanità non smetterà di emettere carbonio da un giorno all’altro e nei prossimi decenni la capacità degli ecosistemi di essere serbatoi di carbonio diminuirà ulteriormente.

Ecco perché, secondo un sondaggio della rivista Nature, 88 dei 92 scienziati del clima dell’IPCC non sono d’accordo con il professor Mann e credono che non riusciremo a mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 gradi per evitare danni catastrofici. Nonostante questo, ogni giornalista cita Michael Mann. Purtroppo sta diventando un outsider, che sembra strizzare l’occhio ai media corporativi mentre essi rendono il pubblico passivo e fanno sì che lavoriamo, facciamo acquisti e obbediamo.

Ma rispetto a pochi anni fa, il tema del cambiamento climatico è molto più noto al grande pubblico e i Governi e le aziende lo hanno perlomeno messo in agenda. Non trovi?

Troppo poco, troppo tardi. Guarda le emissioni e le concentrazioni atmosferiche. Guarda le perdite e i danni attuali e in aumento. 

Sei stato accusato di voler cavalcare l’onda del catastrofismo. Cosa rispondi?

La mia consapevolezza mi ha impedito di continuare una carriera ventennale, perché non mi sento più bene nel farlo. La prospettiva che propongo scatena reazioni emotive di grande intensità e ostilità nelle persone. Che mentono su di me. Ho lavorato gratuitamente per due anni alla creazione di una Ong (il Deep Adaptation Forum, ndr) per aiutare le persone a impegnarsi su questo argomento e poi l’ho lasciata nel 2020. Non sono in cerca di potere, né di visibilità.

Il catastrofismo rischia di diventare per molti l’ennesima scusa per non fare nulla e dire che è troppo tardi. È possibile combinare una visione lucida e realistica del futuro con un atteggiamento proattivo? Se sì, come?

Conosci qualcuno che dice che “è troppo tardi” e non si preoccupa di fare qualcosa? Quando incontro queste persone, in genere non hanno capito cosa significa “troppo tardi”. Non hanno fissato la profondità dell’abisso di un mondo di nipoti affamati, di culture sparite per sempre senza nessuno che le ricordi, di milioni di anni di evoluzione creativa spazzati via. Non hanno compreso l’assurdità di una specie – la nostra – che ha avuto così tanta paura della natura da portarci a pensare, mentendo a noi stessi, che siamo separati da essa e migliori di essa, quindi dobbiamo dominarla a morte. 

La maggior parte della scienza climatica è peggiorata. Il mainstream l’ha seguita

Se le persone dicono che non stanno facendo nulla perché è “troppo tardi”, allora non stanno permettendo a loro stessi di capire cosa significa. Coloro che permettono a questa consapevolezza di penetrare cambiano per il resto della loro vita. Quello che fanno dopo è vario. È da stronzi giudicare ciò che fanno dopo, che sia l’attivismo per il clima, il lavoro sociale, dedicarsi al benessere degli animali, una vita di preghiera o qualsiasi altra cosa. Piuttosto, chi critica il catastrofismo sta spesso proiettando la propria, di paura, di come potrebbe reagire lui stesso nell’accettare la scomparsa a breve termine della vita come la conosciamo. 

Quindi la mia visione o speranza, è: meno bastardi che giudicano. Ma non credo che sia realistico, dato che la mia ricerca psicologica sulle risposte alla vulnerabilità mostra che c’è una correlazione fra questa e una quantità crescente di “comportamenti da bastardi”, soprattutto da quando la propaganda delle case farmaceutiche ha iniziato a dominare i titoli dei giornali.

Guarda anche l’intervista di Jem Bendell sulla situazione legata al Covid.

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