Fili Meridiani: c’è chi racconta l’entroterra calabrese per metterlo in rete
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Crotone - È un lungo viaggio quello che mi porta a Pallagorio, paese arbëreshë dell’entroterra crotonese, per incontrare il team di Fili Meridiani, un’associazione di promozione sociale e territoriale. Passo dalla statale 106 in direzione Crotone alle strade più interne della Calabria, fino a sfiorare paesi della Sila attraversando strade di campagna e infine arrivare a destinazione.
Durante il tragitto, più volte penso che neanche i paesini dell’Aspromonte sono così arroccati – più tardi scoprirò che il navigatore mi ha portato su una strada interna più lunga, ma più bella – e godo del piacere della scoperta di una terra, che è anche la mia, che mi rendo conto di non conoscere affatto.
Non è un caso: sto andando a conoscere una realtà che proprio del racconto e della valorizzazione di un territorio a molti sconosciuto fa il suo perno di attività principale. Fili Meridiani infatti si occupa di raccontare l’entroterra calabrese, i suoi paesi e il suo patrimonio culturale e umano con l’intento di dare visibilità e allo stesso tempo creare connessioni virtuose all’interno di un territorio difficile. In particolare opera all’interno dell’Arberia (insieme dei paesi arbëreshë) e dell’area crotonese.
«Tutto nasce da una visione: quella di fare rete in un territorio molto difficile come la Calabria e soprattutto l’entroterra calabrese, un luogo fatto di piccoli paesi e realtà che soffrono massivamente lo spopolamento», ci racconta Ursula Basta, che assieme a Ettore Bonanno, Francesca Liuzzo e Fabio Spadafora ha costituito il gruppo iniziale di Fili Meridiani. «Noi recuperiamo tradizioni e memoria delle comunità, le raccontiamo e grazie al digitale la trasformiamo in prodotti culturali che parlano a diversi pubblici, in poche parole: portiamo ovunque quello che c’è qui».
Stiamo parlando della storia e delle tradizioni arbëreshë che ancora si mantengono vive nei riti di comunità e per le strade di questi paesi, di mestieri antichi come la tessitura al telaio e di chi ancora li pratica, ma anche delle bellezze naturalistiche e gastronomiche del territorio e di chi decide di tutelarle. Uno sguardo a 360° che parte da ciò che già esiste in questi luoghi.
I ragazzi di Fili Meridiani mi fanno fare un giro per Pallagorio e posso già assaggiare nel piccolo quello che fanno: sento della storia di Giorgio Castriota Skanderbeg, l’eroe albanese che nel XV secolo ha resistito contro l’avanzata dei turchi, scopro l’esistenza di antiche costruzioni e dei loro perché e di un paese che è nato guardando dall’alto il mare. Si sente forte la necessità di raccontare a partire da chi questi territori li vive, ma non è questo il punto di arrivo: il racconto è funzionale per mettere in rete singoli e realtà e ogni incontro costituisce il momento di costruzione di una relazione più ampia.
«A fine luglio è nata Instaruga, che è una piattaforma turistica che costruisce esperienze sulla parte interna della Calabria, attivando le comunità», spiega Ursula. «Abbiamo messo insieme associazioni e guide turistiche e creato delle esperienze, associando a queste anche la possibilità di soggiorno nei territori». Il tutto ispirato ad un turismo slow, rispettoso del contesto e della natura e che attiva le comunità in primo luogo.
Tutto ciò che Fili Meridiani fa infatti nasce dal basso e dai bisogni delle comunità, perché le istituzioni qui mancano di una visione politica basata su dati reali, ascolto e progettazione a lungo termine: «I progetti che vengono portati avanti sono lontani dalle necessità di questi luoghi, mentre noi continuiamo a ribadire che è fondamentale fare rete e ripartire proprio dai bisogni delle comunità».
Il racconto è funzionale per mettere in rete singoli e realtà e ogni incontro costituisce il momento di costruzione di una relazione più ampia
Uno di questi, ad esempio, è creare spazi per la cultura, la socialità e la costruzione di reti. E alla fine del nostro piccolo tour ci fermiamo proprio all’interno dell’ultimo sforzo concreto dell’associazione e del circuito di Instaruga: Muzé – Spazio Arberia. Si tratta di uno spazio museale inaugurato nel luglio 2021, dove si possono trovare elementi e tradizioni della cultura arbresh.
Allo stesso tempo però questo luogo vuole essere «uno spazio in cui accadono convegni, dibattiti, in cui si mettono insieme delle persone per parlare di criticità territoriali». Tutto il lavoro che c’è dietro questo posto proviene dai singoli che lo hanno pensato con cura ed è per questo che Fili Meridiani ha da poco lanciato un crowdfunding per sostenerne le attività.
L’ultimo sguardo è proprio quello dedicato a Muzé: i vestiti tradizionali arbëreshë, le coperte tessute con antichi telai, gli ori di Arberia, l’alfabeto di una lingua che non conosco. Tutto rimarca un’identità, che è il cuore di queste scelte, e che allo stesso tempo è aperta e spinge all’incontro, perché «da soli non si va da nessuna parte, è fondamentale mettersi insieme per poter fare».
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