Le donne, tra l’invasione Ucraina e la pandemia. Ecco cosa ci racconta il movimento Non Una di Meno
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Torino - Cosa significa 8 marzo in un momento in cui quotidianamente riceviamo a spaventose notizie che parlano di oppressione, di eserciti e di confini? Cosa significa questa giornata se pensiamo agli effetti, dal breve al lungo termine, di una guerra tra popoli e in che modo le donne ne diventano vittima? Come tutti gli anni in questo particolare giorno il Movimento Non Una di Meno di Torino condivide una riflessione sul ruolo delle donne e questa volta lo fa in relazione al conflitto in Ucraina.
Il nostro 8 marzo di lotta è anche un grido altissimo e feroce contro l’invasione dell’Ucraina, contro tutte le guerre e contro ogni imperialismo.
Come raccontano, «la guerra è una delle tante facce della violenza sistemica e del patriarcato e noi la rifiutiamo in modo radicale». Proprio oggi il movimento che racchiude donne, persone lgbtqia+, lavoratrici, disoccupate, delegate sindacali, migranti, sex workers e non solo, scenderà in piazza in diverse città italiane tra cui Torino, per dar voce a uno sciopero femminista e transfemminista che vuole lottare contro la violenza del patriarcato in tutte le sue forme: sessismo, classismo, razzismo, nazionalismo, colonialismo, bellicismo. Insomma, sarà una giornata di lotta per far sentire il proprio grido anche contro l’invasione dell’Ucraina, contro tutte le guerre nel mondo, contro ogni imperialismo e rincorsa agli armamenti.
PANDEMIA, INVASIONE UCRAINA E GLI EFFETTI SULLE CATEGORIE SOCIALI PIÙ DEBOLI
Questi due anni di pandemia non hanno fatto che aggravare le disuguaglianze che già esistevano, la violenza patriarcale, la violenza maschile sulle donne e tutte le violenze di genere. «La violenza della guerra e dell’imperialismo avrà conseguenze a lungo termine sui territori e sulle persone, in particolare sulle donne e sulle libere soggettività, sulle persone migranti e profughe. Un impatto devastante, che andrà a unirsi a quello provocato da due anni di pandemia. Anche nell’occidente privilegiato, la guerra aggraverà la crisi economica».
Gli anni di pandemia infatti hanno colpito duramente le condizioni di vita e di lavoro di molte donne. I licenziamenti e i cambi turno sono diventati ingestibili, soprattutto per le donne madri, così come nelle scuole e negli ospedali il lavoro è diventato senza fine. Per questo il movimento si rivolge alle donne che sono state licenziate, che hanno dovuto lasciare il loro impiego o sono state obbligate al part-time o allo smart working, perché a causa della pandemia e in assenza di servizi hanno dovuto occuparsi dei figli e delle persone anziane ancora più di prima, finendo per essere sfruttate due volte, dentro e fuori casa.
Ma la crisi ricadrà soprattutto sulle categorie sociali più deboli: «In un conflitto militare donne, persone piccole e soggettività non conformi corrono ancor di più il rischio che i loro corpi diventino terreno di conquista e violenza. Condanniamo lo sciacallaggio che ne fanno i media, i profitti che ne traggono le industrie belliche e la strumentalizzazione che ne fanno le potenze occidentali per sostenere a loro volta una politica imperialista e militarista».
L’UCRAINA E GLI ALTRI CONFLITTI NEL MONDO
Si dice che quando scoppia una guerra le donne scompaiono. Infatti le immagini che ci riportano tutti i giorni i media ci mostrano tenute militari, armi, elmetti o politici seduti attorno a un tavolo. Per questo è fondamentale mantenere alta l’attenzione delle donne verso il conflitto ucraino e verso tutti i conflitti che nelle diverse parti del mondo le vedono coinvolte: Siria, Rojava e non solo.
«Conosciamo la violenza dei confini, luoghi in cui con più forza viene sferrato l’attacco del razzismo e del nazionalismo e che si esaspera nei momenti di guerra. Lo vediamo anche in questi giorni nel passaggio verso Polonia, Romania, Slovacchia dove le persone razzializzate vengono bloccate differenziando tra profughi meritevoli e non».
«Si tratta della stessa dinamica per cui viene data legittimità alla sofferenza di alcuni popoli che vivono in teatri di guerra o in territori occupati mentre ad altri è negata qualunque considerazione. La stessa diversità di riconoscimento si vede nel fatto che la Brigata Internazionale dei volontari in partenza per l’Ucraina venga applaudita, mentre le compagne che si sono unite alla resistenza all’Isis in Siria e in Rojava vengono perseguitate come socialmente pericolose».
UN MESSAGGIO ALLE DONNE UCRAINE D’ITALIA
Il Movimento Non Una di Meno si rivolge anche alla comunità delle donne ucraine in Italia, con uno spirito di sorellanza e solidarietà. Parliamo di una comunità che comprende circa 248.000 persone, l’80% delle quali sono donne. In molti casi si tratta di donne che lavorano in nero, in condizioni di emarginazione e sfruttamento. Proprio quelle persone per le quali oggi è difficile produrre i documenti necessari per poter accogliere i loro cari in fuga dalla guerra.
«Rispondiamo con forza all’appello lanciato dal movimento femminista russo che rischia la persecuzione da parte del regime di Putin e che ci chiede di unirci alla resistenza contro la guerra, il patriarcato e l’autoritarismo. Ed esprimiamo tutta la nostra sorellanza allə sorellə ucrainə. Tendiamo una mano nella speranza che la trovino e la afferrino per dire ancora insieme no a questa e a tutte le guerre».
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