Costantino, chef ligure a Kiev: “Ora le nostre giornate dipendono dal suono delle sirene”
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La Spezia - Tra le tante immagini di guerra che si stanno susseguendo sui giornali e sui social in questi giorni, un video è diventato virale. Sullo sfondo pareti semibuie, in lontananza voci e pianti di bambini. Siamo a Kiev e un uomo di circa cinquant’anni, dallo scantinato dove ora vive insieme ad altre famiglie, racconta il suo nuovo quotidiano: «Dalla notte in cui sono iniziati i bombardamenti, erano le tre o le quattro di mattina, siamo scappati dalle nostre case e ci siamo rifugiati qui sotto, dove abbiamo portato quello che potevamo, dai generi alimentari e acqua, fino a materassi e divani. E ora restiamo qui». A parlare è Costantino Passalacqua, nato e cresciuto a Lerici. Da anni vive nella capitale dell’Ucraina, dove lavora come chef.
Ora, nel suo nuovo quotidiano non c’è più spazio per pentole e menu: tutto adesso dipende da allarmi e sirene. «Ci sono bombardamenti in corso. Quando le sirene iniziano a suonare, ci rifugiamo negli scantinati; quando smettono usciamo per comprare viveri al supermercato, affrontando lunghe code insieme a chi, come noi, ha bisogno di rifornimenti».
Le sue parole evidenziano il forte sentimento di appartenenza alla propria terra del popolo che vent’anni fa l’ha accolto: «Spero nei negoziati, anche se non ci credo molto. Una cosa, però, è certa: l’Ucraina non si arrenderà mai. Noi restiamo qui e cerchiamo di resistere, perché la gente vuole vivere libera».
E Lerici, la sua città di origine, fa sentire la propria vicinanza: il Comune ha organizzato un concerto per la pace per sabato 5 marzo, accogliendo proprio un appello di Costantino, molto sentito dai lericini. Si terrà alle ore 18, presso il Teatro Astoria di Lerici, che ospiterà i musicisti Alberto Bologni e Giuseppe Bruno.
Costantino, raccontaci la tua storia: quando e perché hai lasciato Lerici? Cosa ti ha spinto a trasferirti a Kiev?
Sono arrivato in Ucraina nel 2001 e per più di quindici anni ho lavorato nel ristorante italiano più rinomato di Kiev. Qui mi sono sposato, abbiamo avuto due figli, uno dei quali abbiamo perso lo scorso anno. Mia moglie insegna chimica alla scuola Sophia Waldorf e non ha nessuna intenzione di lasciare i suoi “bambini”, a cui è molto legata. Ho provato a proporle di andare via, ma lei vuole restare qui e io senza di lei non mi muovo.
Come sei stato accolto dalla popolazione ucraina quando ti sei trasferito?
Devo dire che all’epoca c’erano meno comprensione e sensibilità in merito all’accoglienza degli stranieri. In poco tempo, però, gli ucraini hanno iniziato a rispettarmi e volermi bene e questo sentimento è rimasto nel tempo.
Dalla notte in cui sono iniziati i bombardamenti, erano le tre o le quattro di mattina, siamo scappati dalle nostre case e ci siamo rifugiati qui sotto, dove abbiamo portato quello che potevamo, dai generi alimentari e acqua, fino a materassi e divani. E ora restiamo qui.
Dal video che hai pubblicato si percepisce la tua forte la vicinanza alla popolazione ucraina e un profondo legame col territorio: anche per questo, invece di tornare in Liguria, hai deciso di restare?
Rimango qui perché voglio aiutare e farò tutto quello che ci sarà bisogno di fare. Sono un uomo di pace, sono cresciuto con i miti di Mahatma Gandhi, di Martin Luther King e di John Lennon. Spero davvero che si possa arrivare a una negoziazione, anche se purtroppo non ci credo molto. Mi auguro che l’occidente riesca a bloccare Putin e ci tengo a sottolineare che Putin non è la Russia. Sono tantissimi i russi contrari alla guerra, che stanno manifestando proprio in questi giorni, e spero che proprio loro riescano a convincerlo a ritirare le truppe. Gli ucraini sono una popolazione molto coraggiosa, legata alle proprie radici e alle proprie tradizioni. E sono certo che non si arrenderanno.
Costantino, vuoi aggiungere qualcosa?
Vorrei lanciare un appello: chiedo a tutti gli italiani di supportare l’Ucraina. Accogliete i profughi che stanno arrivando, soprattutto donne, bambini e adolescenti, inviateci materiale di tutti i tipi. C’è bisogno anche di elmetti, giubbotti antiproiettile e scarpe adatte, perché qui manca tutto. Io non sono un guerrafondaio né un fanatico della guerra, sono un uomo di pace, ma dobbiamo avere gli strumenti per proteggerci.
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