Altrocanto: nuovi modi di cantare, comunicare e amare superando le barriere
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Alessandria - Sindrome di Angelman: non ne avevo mai sentito parlare fino a qualche giorno fa. Si tratta di una malattia genetica che colpisce il sistema nervoso e provoca deficit a livello fisico-motorio e intellettivo. Si parla di 1 caso ogni 10.000/40.000 nati. E, come in molte altre situazioni di malattie genetiche rare, non esiste ancora attualmente una cura.
I principali sforzi terapeutici mirano alla riabilitazione psicomotoria, alla ricerca, alla stimolazione di una modalità di comunicazione alternativa al classico linguaggio verbale e alla terapia delle crisi epilettiche. Uno dei sintomi delle persone che hanno questa sindrome è un linguaggio gravemente compromesso o totalmente assente, che rende molto difficile riuscire a comunicare con il mondo esterno.
Oggi ve ne parlo non solo per portare all’attenzione una delle molte patologie sconosciute ai più, di cui troppo spesso non conosciamo l’esistenza, ma anche perché c’è chi sta sperimentando un nuovo approccio per riuscire a interagire con loro e con i moltissimi bambini e bambine che per diversi motivi e problematiche hanno difficoltà ad apprendere una comunicazione verbale.
E per una volta non si tratta di insegnare a loro qualcosa di aggiuntivo, ma di apprenderlo noi. Come? Attraverso un canto senza parole, che vada oltre la comunicazione verbale per arrivare più in profondità, perché se è pur vero che questi bimbi e bimbe sono “non verbali”, dall’altra parte hanno la stessa – o maggiore – esigenza di potersi relazionare a un livello profondo con gli altri, riuscendo a trasmettere emozioni provate, sentimenti inespressi e sensazioni vissute.
VECCHI AMICI, NUOVI PROGETTI
A raccontarmi questo nuovo laboratorio chiamato Altrocanto, che si terrà nel comune di Borghetto di Borbera (AL), è Paola Frisone, mamma di Nora e appassionata di canto: «Sono sempre stata appassionata di canto, ma è all’incirca un anno fa che ho iniziato a dedicarmi a questo percorso, grazie soprattutto al mio vecchio amico e insegnante Matteo Calabrò, che ha costruito un percorso di più incontri che ha l’obiettivo di imparare una nuova modalità di espressione».
«Essa – prosegue Paola – non passa attraverso le parole cantate, ma lavora su piani diversi. Inizialmente è molto particolare la sensazione di comunicare senza passare dal piano verbale, ma in questo periodo ho riscontrato una potenza inaspettata di questo strumento: senza dirsi nulla si riesce a entrare in una tale sintonia da comunicarsi tantissimo. Io e Nora ne siamo la prova!».
Paola mi racconta della sua difficoltà ad accettare di non riuscire a comunicare con sua figlia Nora, la quale riesce a dire pochissime parole e a vocalizzare. Per il resto la piccola fa comprendere le sue esigenze o ciò che vuole raccontare al suo interlocutore attraverso le immagini. Paola ha infatti creato dei grandi quaderni con figure suddivise per tematica, che sono di supporto costante a Nora per riuscire a interagire con il mondo esterno.
«Mi piace moltissimo questo nuovo strumento canoro, perché una volta imparato sono riuscita a entrare davvero in comunicazione con lei, ho conosciuto molte persone, ma soprattutto sono cambiata io, è cambiata la mia accettazione profonda che ho verso Nora, me stessa e di conseguenza verso gli altri».
METTERSI AL LORO POSTO
Il canto non verbale, insegnato dal maestro Matteo, permette di imparare attraverso il gioco lo strumento della voce e come esso può essere usato per esprimere parti di noi e a cogliere e accettare ciò che ci arriva dagli altri. La stessa Paola mi confida che quando si mette vicina ad altre persone che stanno cantando o alla stessa Nora mentre emette i suoi vocalizzi, riesce a empatizzare, a entrare in uno stato di apertura e a comprendere le emozioni che in quel momento la persona sta esprimendo.
«È vero che con la logopedia abbiamo più strumenti per comunicare con lei – aggiunge Paola –, ma è anche vero che sono comunque sia strumenti che vengono insegnati a lei per fare passi nella nostra direzione. Mi piace molto l’idea di apprendere anche noi nuovi strumenti che arrivano dalla sua modalità di comunicare. E scuotono e insegnano molto a tutti».
Molti progetti oggi cercano, attraverso diverse attività ed esperienze sensoriali, di far provare ai normodotati cosa si percepisce e sente ad avere una disabilità. Mi vengono in mente i ristoranti al buio tra i primi esempi, ma in generale la tendenza è proprio quella di abbattere le barriere che dividono e spesso non si tratta neanche esclusivamente di quelle fisiche: ci sono percorsi infatti studiati per avvicinarsi alle esigenze delle persone portatrici di disabilità, ma che sono di aiuto su diversi piani anche alle persone normodotate.
Altrocanto ne è un esempio: nato per avvicinare i famigliari di bambini e parenti o amici con autismo o sindromi come quella di Angelman, riesce a fare molto di più, perché insegnando a comunicare con gli altri attraverso un nuovo mezzo, si ha la possibilità di scoprire nuovi parti di sé non ancora conosciute. Un percorso di crescita personale, prima che relazionale.
IL LABORATORIO
Le lezioni del laboratorio proposto da Matteo iniziano con esercizi mirati a far scaldare la voce. Una volta terminati si comincia a entrare nel mondo dei vocalizzi cantati, sperimentando diverse tonalità, modalità e ritmi. Ci sono veri e propri riti che vengono ripetuti, sempre non verbali, anche nei momenti più conviviali delle lezioni, come ad esempio la presentazione dei nuovi arrivati al corso, che vengono invitati uno alla volta a sistemarsi al centro del cerchio dei partecipanti e a presentarsi vocalizzando: un ottimo strumento per esprimersi il sé stesso più profondo, andando a togliere ciò che solitamente ci rappresenta: professione, famiglia, luogo di origine e molto altro.
Al canto si uniscono poi anche altre forme di espressione come la pittura o giochi per accrescere la fiducia nel prossimo e facilitare sempre più la relazione con gli altri, con modalità e mezzi non tradizionali. Chi partecipa a questi incontri? Tutti e tutte: sono principalmente donne, ma ci sono anche uomini e l’età è eterogenea, dall’adolescente al pensionato. Un mix umano che permette alle relazioni di essere autentiche, sperimentando attraverso se stessi e gli altri nuovi modi di interagire, relazionarsi e amare.
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