17 Mar 2022

L’accoglienza che cura, un progetto di cittadinanza attiva

Scritto da: Valentina D'Amora

Che cos'è l'accoglienza? In queste settimane di corsa alla solidarietà si sta riscontrando un po' ovunque una disponibilità al sostegno incondizionato del prossimo molto accentuata. Oggi vi parliamo di un progetto denominato L'accoglienza che cura, che vuole costruire reti di protezione delle persone più fragili nel territorio savonese e delle Bormide.

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Savona - In questi giorni storicamente così difficili, un incontro, una chiacchierata o un progetto nuovo possono mettere ordine nel nostro subbuglio interiore. Viene spontaneo riflettere su che cos’è, innanzitutto, l’accoglienza. Tra raccolte di vestiti e alimenti, si stanno riscontrando solidarietà e disponibilità al mutuo aiuto molto accentuate.

Vedremo la stessa apertura una volta finita l’emergenza? Una cosa è certa: una “buona” accoglienza è senza dubbio un importante fattore protettivo nei confronti di chi viene accolto, ma è un approccio che contribuisce a migliorare la salute di tutte le persone che fanno parte della comunità.

L’Accoglienza che cura è un progetto che vuole innescare la miccia di un confronto costruttivo sul tema dell’accoglienza delle persone con background migratorio e promuovere la cittadinanza attiva in val Bormida e nel savonese. Tanti piccoli semi di disponibilità all’incontro che possono diventare un atteggiamento naturale. «L’idea spiegano i curatori è dare vita a un “ecosistema favorevole all’accoglienza”, che non nasce in un contesto di eccezionalità, ma che possa coinvolgere tutta la comunità, dall’ente pubblico al terzo settore sino al singolo cittadino».

mani prato
Pixabay
IL PROGETTO

“L’Accoglienza che cura” intende costruire e mantenere reti tra gli operatori del territorio e alimentare nuovi sistemi capaci di prendersi cura della comunità a partire dalle persone più vulnerabili. Il programma prevede momenti di formazione con incontri di confronto e lavoro; la valorizzazione delle realtà e dei servizi sul territorio e la loro relativa conoscenza; l’organizzazione di eventi pubblici con il coinvolgimento di cittadine e cittadini e l’uso del teatro e delle arti performative per creare occasioni di incontro attraverso la cultura.

«L’idea era quella di non disperdere il patrimonio di esperienze e competenze sui migranti acquisite in questi anni sul territorio e metterle a disposizione di un pubblico più ampio», sottolinea Stefano Veneroso, della Fondazione Compagnia di San Paolo, che insieme alla Fondazione De Mari ha contribuito alla realizzazione del progetto. «Nonostante il bando “Territori Inclusivi” sia stato scritto nel 2020 e pensato ancora prima, quell’idea è ancora molto attuale. L’intento è proprio tentare di costruire delle reti di protezione per persone fragili e a rischio esclusione sociale. Tanto più in un contesto come quello attuale, in continua evoluzione, un progetto come questo può essere uno strumento utile».

Sviluppare competenze di cura collettiva può migliorare l’approccio e la capacità di accoglienza di una comunità e quindi aumentare gli effetti a lungo raggio in termini di inclusione e coesione di un territorio. Come far crescere quindi la cultura dell’accoglienza, in un’ottica di opportunità per trovare le migliori risorse affinché si generi valore dall’incontro? Attraverso azioni pratiche.

accoglienza
Accoglienza. Pixabay

La prima è il laboratorio formativo di etnopsichiatria, che sarà avviato il 24 marzo. Di cosa si tratta? I servizi socio-sanitari pubblici sono sempre più spesso contattati da persone con background migratorio portatrici di problemi complessi: disagio psichico – spesso di origine post-traumatica –, abuso di alcool e sostanze, anomalie comportamentali. Anche cooperative, associazioni e scuole sono coinvolti nella gestione delle problematiche di queste persone, ma è importante e necessario acquisire le competenze per farsi carico di questo disagio, oltre a rafforzare la collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti.

L’intento è proprio tentare di costruire delle reti di protezione per persone fragili e a rischio esclusione sociale

Il corso ha una durata complessiva di 28 ore e si rivolge a tutti i profili sanitari e non, del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze della ASL 2, ma è aperto anche a operatori dei servizi sociali e del privato sociale. Per informazioni: info@accoglienzachecura.it.

Il progetto è promosso in collaborazione con Fondazione CRC dalla Fondazione Diocesana Comunità Servizi, come capofila, e i seguenti partner: ASL 2 Savonese, Distretto Sociale “Bormide”, Distretto Sociale “Savonese”, Cooperativa Sociale B “Villa Perla Service”, Cooperativa Sociale A “Progetto Città”, Cooperativa Sociale A “Il Faggio”, Cooperativa Sociale A “Cooperarci”, Cooperativa Sociale B “Agriellera”, S-Nodi.

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