“A Riveder le Stelle”, il docufilm ecologico sperimentale che parla del futuro dell’umanità
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Verbania - Doveva uscire nei cinema il 5 marzo 2020 e noi eravamo pronti a darne notizia perchè era grande il nostro entusiasmo nel raccontare di un film che vuole riflettere sui cambiamenti climatici attraverso lo sguardo di un giovane regista. Ma la pandemia ha deciso di stravolgere tutti i piani e il film, tanto atteso da molti, è rimasto in sala soltanto due giorni. Poi stop. Tutti i cinema hanno chiuso i battenti e cosa ne è stato di quel film… ve lo raccontiamo oggi, a due anni di distanza.
Sì, perché Emanuele Caruso, regista del docufilm “A Riveder le Stelle“, ha deciso di aspettare con pazienza e determinazione e oggi, proprio come due anni fa, il film esce nelle sale, con l’augurio e allo stesso tempo la certezza che ci possa rimanere per molto più tempo. Girato ad agosto 2019 in appena una settimana, utilizzando solo due cellulari e un piccolo drone alimentati a energia sostenibile, “A Riveder le Stelle” è un film documentario sperimentale concepito come una lettera al futuro dell’umanità: un lavoro originale e a bassissimo impatto che punta i riflettori sull’ambiente.
Arriviamo da due anni intensi e difficili, anni in cui il mondo è cambiato completamente, sono cambiate anche le nostre abitudini. Il Covid-19 era un’emergenza per la quale nessuno di noi era pronto. Ecco, il film nasce su un’altra emergenza che sarà ancora più profonda di quella del virus, che è quella del cambiamento climatico.
Dopo lo straordinario e inaspettato successo de La Terra Buona, che ha contato oltre 55.000 biglietti venduti, il regista piemontese torna al cinema con un progetto del tutto originale: un viaggio sospeso nel tempo tra i percorsi montani del Parco Nazionale della Val Grande, una delle aree wilderness più estese in Europa, al confine fra il Piemonte e la Svizzera che conta oltre 150 chilometri quadrati di sola natura. Qui fanno da sfondo luoghi selvaggi e incontaminati, in cui la società non ha messo le radici e dove le stelle, la sera, sono l’unica luce che l’occhio umano percepisce.
I PROTAGONISTI DEL VIAGGIO
Quello raccontato in “A Riveder le Stelle” è un cammino lungo sette giorni alla riscoperta della natura e dell’umanità. Protagonisti della pellicola sono un gruppo di sei “viandanti”, proprio come l’attore e alpinista Giuseppe Cederna, l’attrice Maya Sansa e il dottore ed epidemiologo Franco Berrino. Compagni di cammino che fino a quel momento non si conoscevano e che, arrivando da mondi totalmente diversi, hanno condiviso lo stesso percorso, affrontando insieme un totale di 36 chilometri e un dislivello di 5.000 metri.
Lasciando le loro case, i loro telefoni e le proprie comodità si sono avventurati in un viaggio di sette giorni a piedi: soli con i propri zaini e i loro pensieri, immersi in mezzo a paesaggi primordiali. La sfida di tutti loro è stata immaginare un mondo dove l’uomo non è riuscito a salvare l’umanità e provare a rispondere, ognuno a suo modo, alla domanda che il nostro futuro ci impone: “Come abbiamo potuto permetterlo?”.
UNA RIFLESSIONE SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO
«Abbiamo immaginato un futuro dove, alla fine, l’uomo non sia riuscito a salvare il proprio pianeta. Così il cambiamento climatico ha causato una catastrofe. Allora a chi dal futuro, guardandosi indietro, ci chiede come abbiamo potuto permetterlo, rispondiamo con questo viaggio/documentario dal nostro presente. Per far capire loro chi eravamo e come agivamo. In questi decenni abbiamo sfruttato troppo questo pianeta, abbiamo consumato troppo le sue risorse, abbiamo inquinato oltre ogni limite.
Il nostro stile di vita, in qualche modo, farà sì che questo pianeta nei prossimi anni verrà a chiederci il conto, che lo vogliamo oppure no. Ed è proprio su questa esigenza e riflessione che nasce il mio film, un viaggio a piedi di sette giorni con dei protagonisti di eccezione, per cercare di cambiare la nostra visione e il nostro modo di ragionare».
PERCORRERE IL PARCO NATURALE DELLA VAL GRANDE, ALLA SCOPERTA DI NATURA E UMANITÀ
Come racconta Emanuele Caruso, «nel pensare a una produzione di questo genere la prima domanda che la troupe si è fatta è stata quella di come realizzare le riprese in modo non invasivo e discreto per essere in grado di seguire, per sette giorni, i protagonisti in un territorio remoto e impervio come la Val Grande. Vista anche l’impossibilità di disporre sempre di energia elettrica per ricaricare le batterie o scaricare i file prodotti, è stato quindi deciso di effettuare le riprese con due cellulari ricaricati esclusivamente con energia fotovoltaica».
Il documentario è stato realizzato dalla Società di Produzione di Alba (CN) Obiettivo Cinema, con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte – Piemonte doc Film Fund e del Parco Nazionale della Val Grande.
«Per me il viaggio è a piedi. Meglio se in salita, in montagna, dove la fatica e il ritmo pacificano la mente», ha raccontato il dottor Franco Berrino, commentando così l’esperienza vissuta. E come ha aggiunto Giuseppe Cederna, «abbiamo camminato connettendoci con la natura e tra di noi lo abbiamo fatto con una grande umiltà, creando un vero laboratorio di apertura verso il mondo, dove ognuno si è raccontato e si è messo continuamente in gioco. Nel corso dei sette giorni della passeggiata abbiamo creato dei veri e propri ritratti umani, guardandoci dentro e imparando a convivere con persone sconosciute e diverse da noi».
SUPERARE I PROPRI LIMITI
«Questo film descrive proprio la fragilità di un mondo che credevamo forte, raccontando come questa società non sia in realtà preparata alle emergenze che ci troveremo ad affrontare» e oggi questa frase non può essere più attuale.
Per oltre un anno Emanuele Caruso, la troupe e gli attori protagonisti del film si sono preparati per affrontare quella che si è dimostrata essere una nuova esperienza produttiva altamente sperimentale: ci siamo allenati andando a correre e mettendoci a dieta. Io in particolare sono riuscito a perdere circa dodici chili: non avrei mai potuto affrontare questo tipo di viaggio prima. Girare questo progetto in Val Grande è stata l’esperienza più difficile e faticosa che io abbia mai vissuto, anche da un punto di vista fisico. Siamo partiti in otto da Alpe Lut, sopra il Comune di Premosello (VCO) e per alcuni tratti di cammino si sono unite a noi altre persone.
Abbiamo immaginato un futuro dove, alla fine, l’uomo non sia riuscito a salvare il proprio pianeta
Come aggiunge, girare un documentario, in appena sette giorni, portando sempre addosso uno zaino con dentro cibo, vestiti e attrezzatura non è semplice, soprattutto quando la troupe è formata da sole due persone. «Per ragioni di ospitalità, nei quattro rifugi nei quali abbiamo sostato il gruppo non poteva superare le otto persone. E per stare dietro a tutto, noi due della troupe dormivamo al massimo tre ore per notte. Inoltre per cinque giorni su sette il meteo non è stato favorevole e questo non ci ha certo aiutati nella logistica quotidiana».
A Riveder le Stelle uscirà il 3 marzo in diverse sale del Piemonte oltre che in altre città della Lombardia, del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, mentre per chi fosse interessato a vedere proiettato il film nella propria città può mettersi in contatto a questo link. Nella speranza che questo presente possa cambiare quel futuro lontano, ma sempre più vicino, vi invitiamo a scoprire la bellezza di contenuti e panorami che questo docufilm sa mostrare.
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