21 Feb 2022

Un antico mulino ad acqua torna a macinare grano grazie ai ragazzi della valle

Scritto da: Valentina D'Amora

Un antico mulino abbandonato e tre ragazzi mossi dalla voglia di farlo tornare a nuova vita. Inizia così la storia della rinascita del mulino di Magioncalda, in val Borbera, che ora macina grano e mais per le famiglie del territorio. Un intervento che è riuscito a promuovere e a valorizzare in modo consapevole un'area tra le più remote e lontane della vallata.

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Alessandria - Siamo nel parco naturale dell’Alta val Borbera, a Magioncalda. In questa piccola frazione di Carrega Ligure, Comune tra i meno densamente popolati d’Italia e lembo di terra dove si incrociano Liguria, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, l’intraprendenza di un gruppo di giovani valborberini ha dato vita a qualcosa di straordinario.

Nell’ottocento un mulino ad acqua macinava grano e castagne. Poi, con lo spopolamento dei paesi, venne abbandonato. In disuso da decenni, nel 2016 un gruppo di ragazzi che coltivano cereali nella frazione e membri del Consorzio Montano di Magioncalda si è messo in testa di riattivarlo per restituirgli nuova vita. Ci sono riusciti. La storica mola in pietra infatti è stata recuperata e da due anni è ritornata a macinare.

LA STORIA

«Un pomeriggio d’agosto del 2016 – racconta Luca Silvestri – io, mio fratello e un amico decidiamo di andare a vedere il vecchio mulino del paese, il cui tetto era crollato». Una volta lì, la stessa folgorazione sfiora le menti dei tre ragazzi. «Abbiamo iniziato a liberare l’area dalle macerie e subito abbiamo trovato le macine. A nostre spese poi abbiamo ristrutturato il tetto».

Nel frattempo – grazie al sindaco dell’epoca, Marco Guerrini – il gruppo riesce ad accedere a dei fondi europei e completare i lavori: grazie a un bando del Gal Giarolo dedicato al recupero e alla valorizzazione di beni e manufatti è stata ripristinata la ruota, realizzata in metallo anziché in legno, proprio per resistere e per lavorare per tanti decenni. «Abbiamo anche riqualificato la zona circostante al mulino che oggi macina il nostro grano ed è a disposizione di chiunque altro voglia farlo».

mulino magioncalda
Il mulino. Foto di Massimo Sorlino

Quello che colpisce è la semplicità con cui Luca mi racconta come lui e gli altri hanno sistemato gli ingranaggi e sperimentato le diverse macinature. «Non avevamo mai fatto nulla del genere prima, abbiamo imparato provando». Il trentaduenne Luca Silvestri, oltre a essere tra gli ideatori di questo progetto di rigenerazione, è anche l’attuale sindaco di Carrega e nel tempo libero coltiva farro, orzo, grano e segale. «Quest’anno abbiamo ridotto un po’ la quantità – spiega – perché lo scorso anno i cinghiali hanno “ripulito” quasi tutto il raccolto, ma dal prossimo anno saremo più organizzati con recinzioni adeguate».

Non avevamo mai fatto nulla del genere prima, abbiamo imparato provando.

Luca sottolinea che lui e il fratello tagliano a mano il grano, con trebbiatrici manuali recuperate dal vecchio museo contadino del paese: «Abbiamo fasce strette e in pendenza; anche se è impossibile far passare mezzi meccanici, nonostante la fatica, è una bella soddisfazione quando mangi qualcosa di buono che ti sei coltivato con le tue mani».

La molla per intraprendere quest’avventura è stata l’intenzione di utilizzare il mulino per il loro raccolto: «Avevamo mulini elettrici di piccoli dimensioni, decisamente non adeguati. In un certo senso abbiamo deciso di risistemare il mulino storico proprio per usarlo noi». E per metterlo a disposizione della comunità.

I PROGETTI FUTURI

Oggi il mulino è visitabile ed è un punto di attrazione di una tappa del Cammino dei Ribelli. Sono in tanti ad allungare il tragitto per immergersi nell’atmosfera senza tempo di Magioncalda e farsi raccontare la storia di questo strumento secolare. «L’unica cosa che ci manca è la ricostruzione del canale dell’acqua, il cui iter è lungo, occorrono diversi permessi e autorizzazioni. Ma ci piacerebbe soprattutto rendere il mulino attivo anche a livello commerciale, per entrare in futuro nel circuito virtuoso della panificazione naturale, sempre più apprezzata dal territorio».

Ora infatti il frutto della macinatura, che avviene durante tre o quattro giornate all’anno, è limitato a quantità ridotte e per un uso familiare. Per entrare nella filiera di produzione bisognerebbe realizzare una stanza apposita dedicata allo stoccaggio, dei servizi igienici e una piastrellatura di tutto l’interno, che per ora rispecchia il progetto in pietra originale dell’ottocento.

Non appena la situazione pandemica sarà rientrata, il sindaco intende proporre alle scuole del territorio delle visite didattiche al mulino per mostrare ai bambini e ai ragazzi le varie fasi della macinatura e raccontare gli antichi mestieri della valle. «Avendo scelto di lasciare le pietre a vista, anziché “chiudere” le macine all’interno di strutture in legno, la macinatura resta in chiaro e anche i più piccoli possono rendersi conto del funzionamento del mulino». Per far scoprire alle nuove generazioni i mestieri rurali di uno dei luoghi più remoti della val Borbera.

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