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Savona - 41 chilometri, venti zampe e due piedi. Inizia così la storia di Malvina Abbatista, una ragazza che il 13 gennaio decide di uscire dalla sua casa a Castelbianco, in val Pennavaire, e di raggiungere il centro di Albenga seguita dai suoi tre pony e due cani.
Il suo obiettivo? Accendere la miccia di una rivoluzione umana, non solo nel savonese, ma su tutto il territorio italiano: Malvina vuole sensibilizzare più persone possibili sull’importanza della pet-therapy in corsia. Proprio per questo, non potendo entrare dentro gli ospedali, ha deciso di raggiungere le strutture sanitarie dall’esterno e ha incontrato i dirigenti dell’Istituto Trincheri di Albenga, una residenza per anziani.
«Quel giorno è successo qualcosa di magico, da film: mi si sono avvicinate persone che hanno parcheggiato la macchina e ci hanno accompagnato a piedi per pochi metri, desiderosi di poter dire di esserci stati. Anche persone che non sapevano nulla della mia iniziativa e ci hanno incontrato per caso ci hanno portato carote e acqua». E alla “trekkinata” si sono uniti anche alcuni assessori e il sindaco.
L’entusiasmo che ha scatenato la giornata è sintomo che il progetto di Malvina occupa un preciso posto nel mondo, a partire dalla provincia di Savona. La sera stessa infatti diverse strutture l’hanno contattata. In questo mese molte cose sono cambiate: adesso Malvina dedica il mercoledì, il suo giorno libero, in attività di ippoterapia a domicilio. «Ora porto i miei tre cavalli all’interno delle strutture del territorio. Ho deciso di condividere questa mia pillola di felicità con tutte le persone che hanno bisogno».
Ma vuole fare di più. Come presidente dell’associazione Equus Lab di Castelbianco, Malvina è determinata e ha un obiettivo chiaro in testa: entrare all’interno delle strutture sanitarie con i suoi animali, proprio come accade in Francia, quotidianamente.
Raccontaci Malvina, quando e com’è nata la tua passione verso gli animali?
La passione per gli animali è attitudine, sacrificio, dedizione. Ed è nel DNA. Si può indicare la giusta via, ma non si insegna. A me è stata tramandata da mio nonno, uomo profondamente legato alla campagna che ha sempre stretto amicizia con animali liberi, selvatici, come i passerotti. La sua inclinazione adesso è dentro di me. Ricordo come fosse ieri il mio quinto compleanno: come regalo chiesi di “andare in cavallo”. Così entrai in contatto per la prima volta con questo animale maestoso, sensibile, protettivo. Quasi un super eroe.
E lì è scoccata la scintilla?
Sì, anche se in realtà credo sia qualcosa che è nato con me. Ho avuto poi la fortuna di essere stata portata in un maneggio gestito da Italo, che è stato come un padre per me. Un insegnante di vita più che un istruttore di equitazione. È sempre andato oltre: oltre alle paure e oltre a tutti gli schemi che l’equitazione moderna imposta. Lui è stato pioniere dentro di me, ha seminato con cura nella mia terra fertile.
E poi?
Negli anni ho capito che andare a cavallo era diventata una spesa inaffrontabile. Per varie vicissitudini e cambi caratteriali a 13 anni ho deciso che cinque anni dopo mi sarei arruolata nell’esercito, nel reggimento di cavalleria di Roma. Eravamo lo squadrone di alta rappresentanza dell’Italia a cavallo. Dopo otto anni poi sono stata trasferita e ho capito che il sistema dell’esercito non era così perfetto come me lo immaginavo.
Non vivo per lavorare, né lavoro per vivere. Semplicemente vivo per quello che ho capito che mi renderà felice
A quel punto mi sono congedata, sono rientrata a casa e ho deciso di comprare un piccolo pony, anche per donare un compagno di vita ad Agata, l’asinella che mi avevano regalato i miei quando ero bambina. Da lì sono arrivati Cenere e Mirtilla, le caprette, ho portato avanti il progetto di vita dei miei genitori. In quattro anni sono arrivata ad avere ventiquattro animali: tre cavalli, un asino, nove caprette, sette conigli e due cani.
Dopo l’esercito hai cambiato vita: ora cosa fai?
Oggi lavoro in una gelateria ad Albenga, i miei giorni liberi li “devolvo” agli altri: faccio ippoterapia a domicilio, oltre ai laboratori e ai trekking con le famiglie. Metto a disposizione il mio spazio e i miei silenzi per chi ha voglia di leggere, pensare, piangere, parlare al telefono con chi magari abita lontano. Non è stato un vero e proprio cambio di vita, in realtà, ma ha il profumo della realizzazione dei miei sogni, sa di sole, di luce, di foglie verdi. Sono una persona molto concreta, avere sempre davanti agli occhi nuovi obiettivi mi serve come stimolo. Sento di aver iniziato a camminare su un sentiero giusto, quello che porta alla mia felicità.
Voglio scrollarmi di dosso tutti quei pesi che ci inducono a farci carico di cose inutili, infatti sono concreta: non vivo per lavorare, né lavoro per vivere. Semplicemente vivo per quello che ho capito che mi renderà felice. Credo sia solo questa la strada giusta.
Perché in Italia ancora non è possibile portare gli animali nelle corsie degli ospedali?
Bella domanda. Entrare in ospedale con i miei pony non è ancora possibile in Italia, mentre a 90 chilometri da me, in Francia, il doctor Peyo, un signor cavallo di cinque quintali, porta sollievo e conforto ai pazienti terminali. Credo che ogni sistema politico abbia una percentuale “buona”, identificabile come un adolescente capriccioso, con un piede ancora nell’infantilità e uno nella maturità. E sbatte i piedi, non ha voglia di diventare grande, di rinnovarsi e avere qualche responsabilità in più.
Dare parola ai sentimenti, trovare vocaboli audaci e abbastanza sensibili per descrivere quello che accade con gli animali: bisogna crederci e, soprattutto, provarlo. Io ci credo tantissimo. Sono convinta che ci siano tre categorie di persone al mondo: le più fragili in assoluto, quelle che negano a loro stessi le proprie radici, il proprio attaccamento alla natura; poi la mia categoria, di tutti coloro che non negano il fatto che stare in natura sia così piacevole.
E poi ci sono gli scettici, quelli che vorrebbero ma non lo fanno e che hanno bisogno di essere presi per mano. Allora cedono e ti ringraziano. Io credo che l’Italia faccia parte di quest’ultima categoria: per il mio progetto continuo ad andare avanti, anche se ricevo tanti no, ma anche molti forse. Io, nel frattempo, continuo a camminare e a portare per mano tutti quelli che sono un po’ scettici, ma che in realtà hanno solo bisogno essere accompagnati.
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