Lanificio Botto: l’azienda visionaria che fa moda rispettando ambiente e persone
Seguici su:
Biella - Ogni volta che ritorniamo in territorio biellese, in questa piccola provincia piemontese ai piedi delle Alpi, percepiamo il suo spirito a metà tra tradizione e innovazione ovunque intorno a noi: è nelle acque leggere dei torrenti che hanno accompagnato lo sviluppo dell’industria, è nelle pale dei mulini che hanno dato lavoro per oltre un secolo, è nella qualità dei tessuti che ne hanno fatto un distretto tessile d’eccellenza.
Il biellese è conosciuto in tutto il mondo come terra di lana. Per noi, che in questi anni abbiamo visitato e incontrato decine di aziende e imprenditori, anima del suo sviluppo tessile, è anche e soprattutto terra di resistenza. Sì, perché la sua tradizione antichissima ha saputo sopravvivere alla concorrenza globale grazie alla capacità di reinventarsi e puntare su un’altissima qualità dei tessuti, mantenendo integra l’intera filiera produttiva.
Le storie degli imprenditori biellesi e delle loro piccole, medie e grandi aziende si intrecciano nei secoli e anche oggi, nel loro essere visionarie, ci parlano di un settore che tra crisi e opportunità sta scommettendo sempre più sulla sostenibilità ambientale e sociale perché è proprio da queste che dobbiamo ripartire per ripensare il concetto di moda.
IL LANIFICIO BOTTO, TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
Tra gli imprenditori più visionari e innovativi c’è Ferdinando Botto Poala, direttore dell’omonimo Lanificio Botto che sorge in Valdilana. Quella della sua famiglia è una passione per il territorio trasmessa da generazione in generazione. Ci troviamo all’interno della sede storica dell’azienda, che sorge sul torrente Strona. Possiamo dire che il torrente sia stato sin dall’inizio parte integrante dello stabilimento: la purezza delle sue acque è stata ed è tuttora un elemento essenziale per garantire una finezza e una qualità dei tessuti che tutto il mondo invidia al biellese.
La manodopera ha una forte cultura territoriale perché nasce di padre in figlio, di madre in figlio.
Con un occhio alla qualità delle materie prime e con la ferma scelta di non delocalizzare, per il Lanificio Botto lo strettissimo rapporto con la sua terra d’origine ha contribuito a rendere Biella il “centro del mondo” nel campo della moda. Nella nostra visita al Lanificio, Ferdinando Botto ci accompagna all’interno dello stabilimento, mostrandoci tutte le fasi di lavorazione del tessuto. Ci colpisce notare come il lanificio rappresenti un raro e ultimo esempio di filiera verticalizzata dove tutte le operazioni di lavaggio, pettinatura, filatura, tintura, orditura, tessitura e finissaggio sono completamente svolte tra le mura dell’azienda.
Come vi illustriamo nel video, al suo interno le collezioni dei tessuti di matrice laniera, destinate all’abbigliamento per uomo e donna, si mescolano con altre fibre naturali come la seta (prodotta nello stabilimento Cascami e Tarcento, di proprietà della famiglia), a cui si aggiungono cotone, chashmere, lino e bambù. Il controllo della filiera passa dalla materia prima alle fasi di filatura e tessitura e in questo modo permette di mantenere una cura e un’attenzione unica nel suo genere.
E SE LA SOSTENIBILITA’ FOSSE IL NUOVO LUSSO? LA SFIDA DELL’AZIENDA
Possiamo dire che in questi anni l’azienda abbia concentrato tutte le sue attenzioni e i suoi sforzi verso la ricerca della sostenibilità. A testimonianza di ciò, nel 2020 ha presentato il suo Rapporto di Sostenibilità, un documento che attesta i valori etici e di trasparenza: dall’investimento di ingenti risorse in energie rinnovabili al miglioramento delle performance ambientali, dal risparmio energetico alla riduzione della CO2 prodotta e ancora, dalle politiche sociali alla tutela della salute.
Pensiamo a un’azienda dove, negli anni ’20, la produzione si basava sull’utilizzo di vecchi telai a mano che scandivano il lavoro operaio nella fabbrica. Oggi il Lanificio Botto, pur mantenendo lo spirito di un tempo, è diventato un esempio concreto di innovazione grazie a un ingente transizione verso soluzioni rispettose per l’ambiente. Ne è esempio l’efficientamento energetico, risultato di un lavoro consistente che permette oggi all’azienda di utilizzare energia elettrica verso una percentuale del 100% fornita da fonti rinnovabili e di cogenerazione. Un altro aspetto su cui ha voluto scommettere è il contenimento dell’inquinamento prodotto dal proprio stabilimento attraverso la depurazione costante delle acque reflue. La responsabilità sociale è poi uno dei grandi temi che pone al centro l’impatto ambientale: per questo l’azienda fa uso di certificazioni che garantiscono la trasparenza e la tracciabilità dalla provenienza, alle lavorazioni alle colorazioni.
LE FATTORIE E IL BENESSERE DEGLI ANIMALI
Per creare prodotti d’eccellenza, l’azienda collabora con diverse fattorie tra Asia e Oceania, le quali condividono la stessa visione della sostenibilità a partire dal benessere degli animali, del territorio e delle persone che vi lavorano. In Australia ne sono esempio la Fattoria di Congi, dove la famiglia Feld da quattro generazioni alleva pecore merino utilizzando metodi di trattamento delle greggi sostenibili e certificati; oppure Woodside, dove la famiglia Crawford, giunta alla terza generazione, fa parte di una regione agricola specializzata nella produzione di lana negli ultimi 150 anni; o ancora la fattoria Cocoa che si trova nella regione dell’Alashan in Inner Mongolia, dove si produce il cashmere più fine al mondo.
Un aspetto interessante è che l’azienda si impegna ad acquistare dalle fattorie solo lane che non attuano la pratica chirurgica cosiddetta “mulesing”, che ha un impatto negativo sul benessere degli animali. Poi ci sono la tracciabilità, la trasparenza e l’etica: come ci racconta Fernando Botto, «la gestione del territorio con l’alternanza dei pascoli per gli ovini e il bestiame è una pratica che permette la conservazione del suolo e la crescita di nuovi raccolti , evitando l’eccessivo sfruttamento del terreno che porta alla desertificazione. È una pratica di lavoro che mette l’attenzione sul benessere in generale: dal terreno all’animale e viceversa in un processo olistico dove tutti possono trarre il meglio».
Oltre a lana, cashmere e cotone la ricerca dell’azienda si è concentrata anche sulla lavorazione della seta in un’ottica sostenibile. La seta è la fibra che i “bachi da seta” producono: in condizioni “normali”, per ottenere i bozzoli interi, migliaia di bachi vengono uccisi ogni volta per ottenere meno della metà di un chilo di seta. Così il Lanificio Botto ha basato il suo lavoro su una filosofia “cruelty free”: per raccogliere ciò che rimane dei bozzoli attende che i bachi abbiano completato la loro metamorfosi e siano volati.
CONTRASTARE L’IMPATTO DELLA MODA
Quello del Lanificio Botto è un esempio virtuoso che ci mette davanti a nuove e promettenti prospettive in uno degli ambiti più impattanti al mondo: quello della moda. Ciò che ci ha colpito maggiormente del nostro incontro con Ferdinando Botto è la capacità visionaria di un imprenditore che in tempi meno sospetti (ovvero quando il tema della sostenibilità non era ancora uno dei principali temi dibattuti) ha saputo guardare lontano e rinnovarsi per trovare soluzioni alternative al capitalismo e all’impatto ambientale e sociale. «Restituiamo al territorio ciò che da sempre ci ha donato» ci racconta.
Così per l’azienda Botto la vera sfida è coniugare crescita economica, sviluppo sociale e protezione dell’ambiente perché l’ottimizzazione di anche soltanto uno di questi aspetti è capace di avere delle ricadute su tutti gli altri. A beneficiarne è innanzitutto il territorio, al quale le risorse principali vengono restituite come crescita locale e sostentamento alla comunità.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento