Seguici su:
Il 2021 è stato un anno importante per la lotta all’inquinamento atmosferico. Vi sono in particolare due fattori che potrebbero segnare una svolta da qui ai prossimi anni in termini di politiche di risanamento della qualità dell’aria. Il primo è la pubblicazione nel novembre 2021 delle nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che hanno rivisto – ribassandoli – i valori limite suggeriti delle concentrazioni dei principali inquinanti atmosferici responsabili dell’insorgenza di numerosi problemi sanitari.
Il secondo fattore è la sentenza di condanna nel novembre 2020 da parte della Corte europea di giustizia nei confronti dello Stato italiano (causa 644/18) per quanto riguarda la procedura di infrazione sulle polveri sottili (PM10) registrate in Italia dal 2008 al 2018. In questo scenario si inseriscono i dati raccolti dal rapporto Mal’Aria 2022, che prende in esame i dati delle nostre città.
IN ARRIVO ALCUNE NOVITÀ
Due notizie distanziate da circa dodici mesi e apparentemente indipendenti tra loro, ma che in realtà sono molto più connesse di quanto si possa immaginare. È in corso di revisione infatti la Direttiva sulla qualità dell’aria a livello europeo. Una revisione che punta, in linea con il “green deal”, il piano di azione “zero pollution” e il pacchetto “fit for 55”, alla riduzione dei limiti normativi sulla qualità dell’aria che nei prossimi anni andranno a convergere con quelli suggeriti dall’OMS.
Questo avrà come conseguenza il fatto che quelli che oggi sembrano limiti “troppo stringenti” e “impossibili” da raggiungere, a breve diventeranno i valori da raggiungere anche da un punto di vista normativo e – conseguentemente – anche legale e vincolante da parte degli Stati membri.
Il problema dell’inquinamento atmosferico non è un problema esclusivamente ambientale ma anche e soprattutto sanitario. La recente pandemia ci ha insegnato quanto importante sia la salute delle persone e quanto questa dipenda dall’ambiente che ci circonda. Ad esempio uno studio1 dell’Università degli studi dell’Insubria di Varese riporta come ci siano forti correlazioni tra l’esposizione cronica ad elevati livelli di inquinamento atmosferico – e conseguente fragilità delle popolazioni – e l’aumento della sintomatologia da Covid 19.
Per l’esposizione a 1µg/mc in più di PM2.5 (rispetto ai valori attualmente ritenuti cautelativi dal punto di vista della salute), si è notato un aumento del 5,1% in più del tasso di casi da Covid 19, pari a 294 casi aggiuntivi ogni 100mila persone/anno. Dove si trova oggi l’Italia rispetto a questo scenario? Nonostante negli ultimi dieci anni si sia registrato un netto miglioramento della qualità dell’aria in Europa, compresa l’Italia, nelle ultime valutazioni annuali effettuate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) è emerso come l’esposizione al particolato fine causi circa 400mila morti premature all’anno nei 41 Paesi europei, di cui circa 50mila solo in Italia.
A questo proposito, è importante sottolineare che non esiste una soglia minima per gli effetti negativi sulla salute dell’esposizione alle polveri sottili: diminuire le concentrazioni è un beneficio per la salute indipendentemente dai valori di concentrazioni da cui si parte. Non è un caso dunque che l’Italia abbia al momento attive ben tre procedure di infrazione per tre inquinanti come il PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2).
Gli agglomerati chiamati in causa sono diversi e sono maggiormente concentrati nel nord del Paese (ma non solo); si va dalla valle del Sacco al territorio ricadente tra Napoli e Caserta, dalla zona di Pianura ovest e Pianura Est in Emilia Romagna agli agglomerati di Milano, Bergamo, Brescia, Roma, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Torino, Palermo, dalle zone di Prato-Pistoia, Valdarno Pisano e Piana Lucchese, Conca Ternana, zona costiera collinare di Benevento all’area industriale della Puglia. Tutti territori dove la salute dei cittadini è stata messa sistematicamente a rischio per le elevate concentrazioni degli inquinanti atmosferici.
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO NELLE CITTÀ ITALIANE NEL 2021
Nel presente report di Legambiente sono stati analizzati e interpretati i dati del 2021 appena concluso di 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia. Le centraline in questione, definite di fondo o di traffico urbano, servono per rilevare le concentrazioni dei principali inquinanti monitorati dalle autorità competenti.
Tra i dati a disposizione, in attesa della validazione ufficiale da parte delle autorità competenti, si è scelto di utilizzare quelli relativi ai tre principali inquinanti delle aree urbane che sono le polveri sottili (PM10 e PM2.5) e gli ossidi di azoto – in particolar modo il biossido di azoto (NO2) – ritenuti dalla comunità scientifica internazionale come i marker principali che determinano la qualità dell’aria che respiriamo, ma soprattutto gli inquinanti che determinano prevalentemente l’insorgenza di effetti sanitari cronici sul sistema respiratorio e cardiovascolare e che determinano mediamente oltre 50mila morti premature all’anno solo in Italia.
Su 238 centraline, 230 hanno rilevato il PM10: di queste, ben 56 distribuite in 31 città (il 24%) hanno superato per più di 35 giorni la media giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo (µg/mc), cioè il limite previsto dalla normativa. Nessuna centralina ha superato il limite della media annuale (stabilito in 40 µg/mc) mentre solo 9 hanno rispettato il nuovo valore suggerito dall’OMS per questo parametro (15 µg/mc). Le centraline che hanno registrato la media annuale più elevata sono quelle di Milano (Senato) con 37 µg/mc, Torino (Grassi) 36, Alessandria (D’Annunzio) e Catania (Viale Vittorio Veneto) con 35.
Per il PM2.5 sono 139 le centraline tra quelle utilizzate che hanno monitorato questo inquinante: in un caso una centralina ha superato il limite normativo previsto (25 µg/mc) registrando una media annua di 28 µg/mc (Napoli – Ospedale Santobono2); sfiora il limite normativo la centralina di Cremona (via Fatebenefratelli) che si è fermata a 25 µg/mc, mentre nessuna è riuscita a rispettare il nuovo valore OMS fissato in 5 µg/mc.
Per il biossido di azoto (NO2) sono stati rilevati i dati in 205 centraline di monitoraggio sulle 238 considerate. In 13 di queste non è neanche stato rispettato il limite previsto da normativa (40 µg/mc) mentre solamente 14 centraline hanno registrato valori che soddisfano le raccomandazioni dell’OMS (media annuale inferiore a10 µg/mc). Le situazioni più critiche si sono registrate a Napoli (centralina Ferrovia 48 µg/mc, Museo Nazionale 42 µg/mc), Torino (Rebaudengo 48 µg/mc e Consolata 43 µg/mc), Firenze (Gramsci 45 µg/mc), Milano (Marche 44 µg/mc e Senato 41 µg/mc), Palermo (Di Blasi 52 µg/mc e Castelnuovo 41 µg/mc), Catania (Viale Vittorio Veneto 44 µg/mc), Roma (Fermi 47 µg/mc e Francia 43 µg/mc), Genova (Corso Europa 51 µg/mc).
QUANTO MANCA ANCORA PER POTER TORNARE A RESPIRARE ARIA PULITA?
Al di là della singola stazione di monitoraggio, sono stati comparati e valutati, per ogni città di cui si avevano a disposizione i valori, i dati di concentrazione media annuale di tutti e tre gli inquinanti considerati. Da questa analisi è stato possibile verificare la “distanza” a cui si trovano al momento le nostre città rispetto ai valori suggeriti dall’OMS.
Come detto in precedenza, la nuova revisione della direttiva sulla qualità dell’aria che si appresta a essere attuata nei prossimi mesi, rivedrà al ribasso i limiti normativi in funzione dei nuovi limiti OMS. Nel giro di pochi anni questi valori diventeranno vincolanti anche dal punto di vista legale e porterà all’avvio di ulteriori procedure di infrazione per gli Stati membri inadempienti.
Il problema dell’inquinamento atmosferico non è un problema esclusivamente ambientale ma anche e soprattutto sanitario
Per il PM10 le città dovranno ridurre le concentrazioni mediamente del 33% per poter rientrare nei prossimi anni nei limiti più stringenti dell’OMS. Le città più distanti dall’obiettivo sono Alessandria (media annuale 33 µg/mc rispetto al limite OMS di 15 µg/mc); Milano (32 µg/mc), Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino (31 µg/mc), che dovranno ridurre le concentrazioni di oltre il 50%. Situazioni difficili e obiettivo lontano anche per Asti, Avellino, Cremona, Padova, Piacenza, Reggio Emilia, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza (30 µg/mc). Delle 102 città analizzate per le quali è disponibile il dato, solo 5 al momento rientrano nei parametri fissati dall’OMS.
Per il PM2.5, la parte più fina delle polveri sottili e quella che desta maggiori preoccupazioni dal punto di vista della salute, l’obiettivo di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è addirittura del 61%. Le criticità maggiori si presentano a Cremona e Venezia (media annuale 24 µg/mc quasi 5 volte il limite OMS di 5 µg/mc) che dovranno ridurre le concentrazioni del 79%, seguite da Vicenza (22 µg/mc), Piacenza, Padova, Milano (21 µg/ mc), Asti, Alessandria, Verona, Torino e Treviso (20 µg/mc) che dovranno ridurre le loro concentrazioni per più del 75%. Delle 102 città analizzate per le quali è disponibile il dato, nessuna al momento rientra nei parametri fissati dall’OMS.
Per l’NO2 l’obiettivo deve essere del 52%, con le criticità maggiori registrate a Milano (media annuale 39 µg/mc contro un valore OMS di 10 µg/mc) e Torino (37 µg/mc) che dovranno ridurre le concentrazioni rispettivamente del 74% e 73%; seguite da Palermo e Como (36 µg/ mc), Bergamo (35 µg/mc), Trento e Teramo (34 µg/mc), Monza e Roma (33 µg/mc), Napoli e Bolzano (32 µg/mc), Firenze e Pavia (31 µg/mc) che dovranno ridurre le concentrazioni di oltre il 68%. Delle 102 città analizzate per le quali è disponibile il dato, solo 5 al momento rientrano nei parametri fissati dall’OMS.
1 – Long-term exposure to air pollution and COVID-19 incidence: a prospective study of residents in the city of Varese, Northern Italy. Giovanni Veronesi, Sara De Matteis, Giuseppe Calori, Nicola Pepe, Marco M Ferrario (Occupational and Environmental Medicine, 2022)
2 – La centralina Napoli Santobono ha registrato nel 2021, per il PM2.5, solo 198 giorni su 365 (54% dei giorni); ai fini della validazione ufficiale del dato potrebbe non rientrare nei parametri previsti dalla normativa vigente. Segnaliamo comunque l’elevato valore di PM2.5 registrato nei giorni di funzionamento del 2021 per far attenzionare meglio l’area dove la centralina è posta dalle autorità competenti
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento