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Imperia - Il festival di Sanremo è terminato da una decina di giorni, ma il suo eco ancora si fa sentire. Purtroppo non è solo un’eco di melodie e canzoni, ma anche di tutto ciò che viene costruito intorno al festival in nome del “fare spettacolo”. In questi decenni lo show delle serate sanremesi si sono infatti trasformate da sole ore dedicate alla musica, ad una ricerca di spettacolo che rappresenti la società attuale, inserendo negli intervalli musicali anche contenuti “culturali”. O almeno così hanno tentato di fare. Il risultato? Un insieme di stimoli e contenuti che potrebbero sensibilizzare e fare informazione, ma che rimangono talmente in superficie e utilizzano modalità e finalità comunicative passate, da confondere ancor di più le idee (ne è un esempio il modo in cui è stato gestito il tema delle disabilità).
E questo non solo vale per ciò che viene esplicitato attraverso le parole e gli invitati, ma anche per quanto concerne le immagini e le pubblicità. Mi riferisco in particolar modo alle campagne pubblicitarie che nei giorni di diretta del festival hanno continuato a coprire ad intervalli regolari le pause delle canzoni. Gli attivisti e le attiviste di Greenpeace hanno presenziato fuori dal red carpet per denunciare le aziende promosse durante il festival e l’organizzazione stessa, che aveva accettato di essere finanziata da esse.
«Le nostre attiviste e i nostri attivisti – ha dichiarato Greenpeace – sono entrati in azione proprio poco prima dell’inizio della terza serata del Festival di Sanremo, di fronte all’ingresso del Teatro Ariston, per denunciare l’operazione di greenwashing di ENI, tra i principali sponsor della kermesse. Il colosso del gas e del petrolio sta sfruttando infatti proprio la vetrina di Sanremo per rifarsi un’immagine di azienda attenta all’ambiente che non corrisponde affatto alla realtà! Abbiamo deciso di entrare pacificamente sul “green carpet” voluto da ENI per promuovere il lancio di Plenitude, la nuova realtà aziendale presentata come la svolta sostenibile della compagnia energetica. In realtà, nei prossimi anni ENI continuerà a puntare principalmente su gas e petrolio, combustibili fossili che alimentano il riscaldamento globale.
Attiviste e attivisti hanno scavalcato le transenne del “green carpet” e prima di essere fermati dalla sicurezza sono riusciti a mostrare uno striscione con la scritta “ENI green? Se la suona e se la canta!”. Nel frattempo, da un balcone che sovrasta l’ingresso del teatro Ariston sono stati esposti altri due striscioni con le scritte: «Basta pubblicità di aziende inquinanti» e “ENI inquina anche la musica!”. «Nessuno si sognerebbe – continua la dichiarazione – di far sponsorizzare il Festival da una marca di sigarette, perché dunque dovremmo accettare la sponsorship dell’industria dei combustibili fossili, che danneggiano la salute del pianeta e delle persone? Il mondo della musica, della cultura, dello sport, dell’informazione e dell’istruzione dovrebbero essere liberi dalla propaganda di chi aggrava la crisi climatica!
ENI continua a investire sui combustibili fossili, è il principale emettitore italiano di gas serra e una delle aziende più inquinanti del pianeta. Ma grazie ai profitti del gas e del petrolio può sponsorizzare eventi come il Festival di Sanremo che servono solo a ripulirsi l’immagine e a sviare l’attenzione pubblica dalle gravi responsabilità dell’azienda nella crisi climatica. Tra gli sponsor del Festival di Sanremo 2022 ricordiamo che ci sono anche Suzuki e Costa Crociere, appartenenti a due settori, quello dell’automotive e del trasporto marittimo, che a loro volta contribuiscono fortemente alla crisi climatica.»
Per fermare il greenwashing pubblicitario, Greenpeace sta promuovendo proprio in queste settimane un’iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) che propone di vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende dei combustibili fossili. Se la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti”, sostenuta da più di trenta organizzazioni, raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine a queste ingannevoli operazioni di greenwashing.
All’interno dell’annuncio per la raccolta firme Greenpeace riporta l’esempio del 2003 quando l’Unione Europea, riconoscendo il rischio per la salute, vietò alle aziende del tabacco di farsi pubblicità. E aggiunge «Le multinazionali più inquinanti al mondo sono tutte attive nel mercato dei combustibili fossili e continuano a inquinare con il loro business fatto di gas, petrolio e carbone, ignorando gli allarmi della scienza sui cambiamenti climatici e sui rischi per la salute.
Sono indifferenti di fronte alle vittime dello smog, delle frane e delle alluvioni, o agli incendi che devastano intere foreste. Ma sono sensibili alle loro perdite finanziarie. Per questo dobbiamo agire sulle loro campagne pubblicitarie: se non potranno più pubblicizzare i loro prodotti, ridurremo il loro potere di influenzare il mercato. Aiutaci a metterle con le spalle al muro. Firmando questa Petizione Europea, possiamo ottenere lo stesso risultato contro le multinazionali più inquinanti del mondo.»
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