2 Feb 2022

Giorgia Monte: “La disabilità non è una condanna”

Scritto da: Valentina D'Amora

La disabilità è un tabù? Secondo Giorgia Monte, ventisettenne di Genova, negli anni la società ha costruito una serie di tabù fisici e mentali intorno a questa condizione. La sua è una storia intrisa di sconforto e rabbia, ma anche voglia di rivincita.

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Genova - Giorgia Monte è una ragazza genovese di 27 anni. Oltre ad aver sofferto gli effetti della pandemia, del lockdown e di tutte le molteplici difficoltà legate all’emergenza sanitaria, Giorgia ha anche dovuto affrontare la diagnosi di un grave linfoma e di un intervento che le ha cambiato la vita.

Una manovra errata durante la fase preliminare dell’operazione e il suo corpo è letteralmente andato in shock. Lei stessa racconta: «I miei organi interni sono collassati e solo grazie alla capacità di un grande medico sono uscita viva dalla sala operatoria». Giorgia si è svegliata, ma ha perso la gamba destra.

giorgia monte copertina
Giorgia Monte

Da lì è iniziato un periodo tormentato nel tentativo di recuperare le funzionalità della gamba, grazie anche a una protesi per cui ha recentemente lanciato un crowdfunding. Oggi vi vogliamo rendervi testimoni della sua voglia di vivere, della sua determinazione e del suo volerci essere, nonostante tutto.

Giorgia, leggendo la tua storia non ci si può non immedesimare senza provare rabbia, paura, sconforto. Tu però sei riuscita a reagire e stai imparando a convivere nella tua nuova normalità. Dove hai trovato la forza e la grinta per ripartire?

Sono io la prima a provare paura per il futuro, rabbia e sconforto per aver perso parte della mia indipendenza, ma questo genere di sentimenti non mi erano nuovi. Ho affrontato una situazione simile quando mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla nel 2015 e anche in quel caso ho imparato a convivere con un qualcosa che mi porterò dietro per il resto della mia vita.

Essere disabili non ci definisce, è solo una caratteristica in più della nostra persona

Sono sempre stata una persona determinata, con un carattere forte, e negli anni ho imparato a “piegarmi, ma non spezzarmi”. La forza di ricominciare l’ho trovata in tante piccole cose: l’amore dei miei cari, un percorso con una psicologa, la mia testardaggine, la voglia di lasciare il letto in cui sono stata costretta per mesi.

Quanto pensi sia importante seguire un iter psicologico per riappropriarsi di una nuova quotidianità?

Viviamo tutti con lo stereotipo che la disabilità sia una condanna e che possa segnare la “fine di una vita normale”, ma si tratta di un pensiero superato. Essere disabili non ci definisce, è solo una caratteristica in più della nostra persona. In ogni caso, subire un forte trauma e un cambiamento così radicale è stressante e un percorso psicologico può essere d’aiuto per capire come gestire il tutto: io, che mi considero una persona determinata, ne ho avuto la necessità per esprimere i miei sentimenti, anche e soprattutto quelli più negativi, così da non sentirmi intrappolata da essi.

Sulla tua pagina si legge “Guardare in faccia il dolore, la paura e l’ansia accumulate nel corso dello scorso anno mettendo tutto per iscritto è il mio personalissimo modo per andare avanti e lottare per un futuro migliore”. Ti piacerebbe che la tua storia passasse da un piano personale a uno collettivo, facendoti portatrice di fiducia e coraggio nei confronti di persone che si trovano ad affrontare momenti di difficoltà?

Non penso di poter essere un “modello da seguire”, ho solo ripreso in mano la mia vita dopo un grande trauma e con non poche difficoltà. Se però a qualcuno il mio percorso può essere d’aiuto ne sono contenta: la vita riserva sempre qualche difficoltà e anche se esse sembrano ingestibili, abbiamo tutti le risorse necessarie per andare avanti. Ognuno con i propri tempi e mezzi.

Cosa diresti a chi si trova in una situazione analoga e può sentirsi senza via d’uscita?

L’unica cosa che mi sento di consigliare è di non arrendersi perché abbiamo veramente risorse illimitate. E, se ne sentiamo il bisogno, chiediamo aiuto senza provare vergogna.

Pubblicheresti un libro per raccontare la tua storia?

Non ci ho mai pensato onestamente, ma non escludo questa possibilità. D’altronde ho scoperto che la vita è imprevedibile e riserva sempre qualche sorpresa. Più che la mia storia, mi piacerebbe raccontare della disabilità e dei tabù fisici e mentali che la società ha creato negli anni, costruendo poi un modello per un determinato tipo di persona.

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