Continua lo sciopero della fame di Extinction Rebellion: la nostra cronaca di quello che è successo ieri
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Roma, Lazio - Dal 1 febbraio è ripresa la campagna di Extinction Rebellion “Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA!”; non più blocchi stradali come a dicembre, le azioni degli attivisti e attiviste si sono spostate verso un nuovo obiettivo: il Ministero della Transizione Ecologica.
L’istanza che i sostenitori della campagna vogliono far arrivare al Presidente del Consiglio e ai Ministri Carfagna, Patuanelli, Cingolani, Giorgetti e Orlando è infatti quella di calendarizzare un incontro pubblico in cui si dibatta della situazione eco-climatica e degli impatti sulla popolazione italiana e che entro il 2022 il Governo italiano istituisca e sia guidato dalle decisioni di un’Assemblea di Cittadini/e nazionale deliberativa sulla giustizia climatica ed ecologica.
L’assolata giornata romana di ieri sembra la cornice perfetta della catastrofe climatica ed ecologica che annunciano gli attivisti, giovani arrivati da varie parti d’Italia scegliendo di mettere il proprio corpo e le proprie priorità di vita al servizio del raggiungimento di questo obiettivo.
Mentre cammino verso il loro punto di ritrovo incrocio alcuni di loro; li ho già incontrati a dicembre per conoscere le motivazioni della loro scelta. Hanno le giacche punteggiate di schizzi di vernice, tracce delle azioni dei primi giorni di febbraio in cui hanno imbrattato la facciata e gli interni del MITE. Azioni forti che hanno scatenato numerose polemiche e la condanna del Ministro Cingolani, che ai microfoni di adnkronos li ha definiti atteggiamenti violenti che non hanno giustificazione, invitando tutti a prendere le distanze da questi eventi “perché non hanno nulla a che fare con l’ambientalismo”.
Nei giorni scorsi Extinction Rebellion ha smentito che ci siano state violenze all’interno del Ministero, sottolineando di aver agito nel rispetto delle persone e senza opporre alcuna resistenza, senza alcun comportamento intimidatorio, né alcuna spinta a nessuna persona, avallando le loro affermazioni rendendo pubblici i video e le foto delle loro azioni all’interno del MITE.
Quello che mi colpisce non appena raggiungiamo gli altri è la loro apertura al dibattito, interno e non solo: si interrogano sul confine della nonviolenza, che è alla base delle azioni e della comunicazione di Extinction Rebellion, e sono curiosi di conoscere la mia prospettiva e di sapere come ho percepito le loro azioni. Ci sono un livello di consapevolezza importante e una sana accoglienza del dubbio e della domanda.
E c’è anche un po’ di stupore: da martedì alcuni degli attivisti hanno iniziato uno sciopero della fame al fine di ottenere un incontro pubblico con il Ministro Cingolani in cui si discuta come affrontare lo stato di emergenza climatica ed ecologica in atto.
L’azione non ha tardato a produrre effetti: il vice Capo di Gabinetto, il dottor De Salvo, ha accolto lunedì una piccola delegazione. Giacomo e Niccolò mi raccontano di essere rimasti spiazzati di fronte alle argomentazioni del vice Capo di Gabinetto: mentre loro portavano dati, ricerche, studi – dicono – le risposte erano generiche e poco circostanziate. Nell’incontro è stata dettata anche la condizione affinché la richiesta di incontro pubblico venisse accolta: chiedere scusa per i fatti dello scorso 2 febbraio.
Ultima Generazione ha precisato in un comunicato stampa di essersi da subito assunta la responsabilità dell’azione compiuta. Nell’immediato su un piano legale, rimanendo lì, accogliendo le imputazioni susseguite e intendendo assumerla anche su un piano civile, chiedendo scusa alla collettività per i danni arrecati che saranno risanati con soldi pubblici.
Ultima Generazione reputa però inaccettabile la risposta come formulata da parte di un Ministero con il preciso mandato della Transizione ecologica in un quadro catastrofico. La definiscono una risposta paternalistica e hanno rifiutano di chiedere scusa per aver usato palloncini di vernice per attirare l’attenzione sul fenomeno più catastrofico che l’umanità vedrà mai: la ribellione della madre Terra al sopruso dell’uomo.
Mentre percorriamo il tragitto verso il MITE ci affianca una macchina e veniamo fermati da agenti in borghese, che ci chiedono i documenti. Accanto a me Beatrice esclama: «Ci stavano già seguendo». Non è stupita: dopo essere state rilasciate in seguito al fermo per le azioni del 2 febbraio – raccontano da Extinction Rebellion – le persone aderenti alla campagna Ultima Generazione sono state pedinate.
Già nel pomeriggio del 2 febbraio una persona era stata fermata per un fermo identificativo mentre passeggiava e portata in questura. Stessa cosa accaduta il giorno successivo a un’altra mentre faceva la spesa. L’addetta stampa della campagna che si trovava sul posto, pur non avendo partecipato ad alcuna azione, era stata fermata per 12 ore e le era stato requisito il cellulare.
Anche il 4 febbraio gli attivisti erano stati fermati prima di raggiungere il Ministero del Lavoro verso il quale si stavano dirigendo e alle 12 le forze dell’ordine erano entrate nell’Airbnb che ospitava alcune persone che nei giorni scorsi avevano preso parte alla campagna. Ai giornalisti presenti al piano di sotto fin da pochi minuti dopo l’inizio dell’operazione, era stato detto che era in corso una operazione legata alle norme Covid dell’Airbnb. I ragazzi erano stati successivamente portati fuori dall’appartamento per essere condotti con la volante in questura.
Un atteggiamento, quello delle Forze dell’Ordine, che secondo Extinction Rebellion è probabilmente legato alla narrazione distorta perpetrata da parte delle istituzioni che ha oscurato le motivazioni delle loro azioni e che ha portato gli attivisti a sentire ancora più necessario un confronto pubblico sul collasso climatico ed ecologico su cui vogliono porre luce.
Arrivo di fronte al Ministero attardata dopo il fermo: alcuni degli attivisti e delle attiviste hanno già sistemato il loro striscione a terra e sono sedute dietro di esso. Sulla facciata dell’edificio un grande display su cui scorrono frasi che sembrano un supporto alla loro azione: “L’immutabilità è il mutare della natura” (E. Dickinson), “Il futuro ci giudicherà soprattutto per quello che potevamo fare e non abbiamo fatto” (E. Olmi).
C’è anche un contatore su cui scorre il countdown del “climate clock” che segna il tempo utile che, secondo gli scienziati del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change, ci rimane per invertire la rotta climatica e contenere entro il grado e mezzo l’aumento della temperatura media del pianeta.
La situazione in Italia è di estremo pericolo, si va verso una situazione di desertificazione, di mancanza di cibo
Le forze dell’ordine sono già schierate, li aspettavano. Scorrono le ore in attesa che, dopo l’identificazione dei partecipanti, venga messa in atto la normale procedura che prevede l’invito a cessare il sit-in e, in caso di resistenza passiva, il loro trasporto di peso in volante per essere condotti in caserma.
Tra gli attivisti c’è chi chiude gli occhi e medita, anche per sostenere il secondo giorno di sciopero della fame; si tirano fuori thermos per una tisana. Mi siedo vicino a loro. Laura, che partecipa alle azioni di Ultima Generazione da dicembre, racconta che le presentazioni online e dal vivo che hanno fatto in questi mesi hanno portato molte nuove persone ad avvicinarsi al movimento e lancia un appello ad altre a unirsi: «Per aprile vorremmo arrivare a cinquanta», dice.
Tra le persone che hanno scelto di partecipare da febbraio c’è Marianna. Ha già partecipato ad altri movimenti e azioni di attivismo ambientale. Ha visto quello che stava facendo Extinction Rebellion con i blocchi stradali e ha sentito che le azioni a oltranza come quella di Ultima Generazione, che vogliono ottenere un obiettivo concreto, rendono più probabile raggiungerlo e che è «un’azione molto più proporzionata al danno e al pericolo che stiamo vivendo». Ascoltandola osservo la facciata del MITE, costellata dalle macchie rosse lasciate dal lancio dei palloncini di vernice che incorniciano anche il climate clock e mi sembra più in sintonia così con ciò a cui stiamo andando incontro.
Giacomo è da due anni e mezzo che segue Extinction Rebellion: aveva già deciso di partecipare da marzo alle azioni di Ultima Generazione, ma il senso di impotenza nel vedere che le cose non stanno cambiando lo ha spinto a unirsi adesso. Arriva dal Lago di Como, dove «interi paesi sono stati parzialmente devastati da eventi estremi, piogge intense che hanno portato a frane». Questa visione ha dato un input maggiore al suo attivismo, è stato un punto di sofferenza, racconta, partecipare a queste azioni è un modo per lui anche di trasformare la rabbia, di agirla in maniera non violenta.
Dalle loro parole, a cui si affiancano quelle di Jacopo, emerge anche un altro aspetto che li ha portati ad aderire a Extinction Rebellion: il come agisce, l’attenzione al gruppo e alla persona e la sua organizzazione interna. Jacopo mi racconta di aver partecipato a una presentazione del movimento a Torino: «Dopo l’incontro c’è stato un momento in cui ci hanno chiesto come ci sentivamo. Mi ha molto colpito, è qualcosa che nell’attivismo non avevo mai sperimentato».
Un’attenzione all’impatto emotivo che ha suscitato ulteriormente la sua curiosità: «Per me è importante, oltre all’obiettivo, come ti poni verso di esso, come ti poni come gruppo con le persone, il modo in cui viene gestito il processo decisionale e le sue dinamiche. In altre esperienze ho trovato che veniva riproposto il solito modello, allora che senso ha, che cambiamento siamo?».
Intanto Giacomo si siede a terra vicino alle forze dell’ordine che lo separano dall’ingresso del Ministero, inizia a leggere ad alta voce Il tempo della decrescita di Serge Latouche. Sono le 12:50 arrivano altre volanti dei carabinieri, le attiviste e gli attivisti si sdraiano a terra e si lasciano trasportare sulle volanti. Mentre viene sollevata Laura dichiara: «Il mio sciopero della fame continuerà ad oltranza, a prescindere dalla sede in cui mi state portando. Continuerò a non mangiare fino a che non otterremo un incontro pubblico con il Ministro».
Prima di essere portato via, Peter dichiara: «Il mio intento nel fare lo sciopero della fame è di chiedere al Governo un incontro pubblico. Lo faccio perché in questo momento mi sento impossibilitato nel manifestare in modo differente. La situazione in Italia è di estremo pericolo, si va verso una situazione di desertificazione, di mancanza di cibo. Sono terrorizzato, sento l’esigenza di essere ascoltato e di ottenere un incontro pubblico e la discussione della necessità di indire una Assemblea di Cittadini e Cittadine nazionale deliberativa e vincolante».
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