Il cinema indipendente racconta il bosco: il fotografo Paolo Rossi presenta il nuovo film
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Genova - Pensiero selvatico e indipendenza artistica sono le cifre distintive del lavoro di Paolo Rossi, il “fotografo dei lupi”. Dopo aver scelto animali selvatici o inselvatichiti come protagonisti indiscussi delle sue precedenti produzioni – da “Felis” – Gatto sarvægo“, a “Vacche ribelli“, passando per “La vendetta del lupo monco” – questa volta il “primo attore” del nuovo cortometraggio di Paolo Rossi è sua maestà il bosco.
“DOVE L’UOMO NON È PIÙ SOVRANO”
Come già chiarisce il titolo del film, Paolo Rossi e Nicola Rebora in questo nuovo lavoro hanno deciso di entrare nel vivo di come il bosco si sia riconquistato lo spazio che l’essere umano, negli anni, gli ha sottratto.
“Sembra che il bosco sia preda del caos e dell’abbandono”, annuncia la voce fuori campo nel trailer: quanti pensano che il bosco sia “sporco” se le persone non se ne prendono cura? «Io e Nicola Rebora vogliamo dimostrare che questo bosco apparentemente abbandonato, in realtà, brulica di vita».
E anche qui torna a gamba tesa il filo rosso di ogni progetto del fotografo genovese, il selvatico: «Dentro i vecchi castagni, ormai rinselvatichiti, vivono una serie straordinaria di animali». E resto incantata quando Paolo paragona ognuno di questi alberi a tanti “condomini naturali”: «Soprattutto se molto anziani, dalla radice sino alla chioma questi alberi portano avanti il cuore della catena alimentare».
La spalla di Paolo Rossi è il fotografo Nicola Rebora che lo supporta nella realizzazione delle riprese, per esempio del gatto selvatico e della martora, animali molto legati al bosco selvaggio.
LA LOCATION E GLI “ATTORI”
“Dove l’uomo non è più sovrano” è ambientato nei boschi dell’Appennino delle “quattro province”, Genova, Alessandria, Piacenza e Pavia. Le riprese fanno parlare i faggi che si sono riconquistati i pascoli, i carpini e le querce che ormai rivestono le aree più impervie, ma anche le martore e i gatti selvatici che abitano nei castagneti.
Tutti questi luoghi, che lo sguardo urbano dell’uomo può giudicare “disordinati”, custodiscono una realtà parallela dove si vivono vite brevi ma intensissime: all’ombra dei grandi alberi, proprio in questo istante, una nuova generazione di tassi, volpi e lupi sta imparando dai propri genitori come sopravvivere il più a lungo possibile in natura.
L’APPROCCIO
«I nostri film – spiegano i due registi – sono documentari brevi e senza morale. L’intento è semplicemente parlare a chi guarda attraverso immagini di animali e alberi, per riuscire a trasmettere almeno un po’ della nostra curiosità a chi non si ritiene generalmente interessato al tema ambientale».
Il desiderio più grande di Paolo Rossi e il sottofondo di tutto il suo lavoro è far sì che la natura abbia sempre nuovi amanti. E per farlo ci mette anche etica, oltre che cuore: «Ci piace moltissimo riuscire a raccogliere immagini “giuste” e corrette», spiega. Purtroppo, infatti, molti fotografi e videomaker, per poter catturare scatti e riprese accattivanti, di animali immortalati da vicino, ricorrono a scorciatoie che creano disturbo alla fauna selvatica.
«Dare attrattivi ai selvatici è proprio illegale, eppure tanti vanno nel bosco senza aver prima studiato l’etologia degli animali che si vogliono fotografare, solo per registrare video e portare a casa immagini in breve tempo. Ci sono anche documentari che ritraggono animali selvatici che si trovano in realtà all’interno di recinti oppure animali di falconieri chiusi in gabbia e questo, il più delle volte, non viene nemmeno specificato nei titoli di coda».
“Pochi ma buoni” è, quindi, il marchio di fabbrica di Rossi, che preferisce lavorare su pochi video ma raccolti sul campo e nella maniera più etica possibile. D’altronde, moltissimi sostenitori dei suoi progetti, che nel tempo sono diventati amici, si sono affezionati al suo lavoro anche per questo.
E conclude: «Questo è il terzo film in oltre due anni di emergenza sanitaria: non ci fermeremo perché vogliamo continuare a tenere alta la bandiera della cultura selvatica». Si può sostenere la lavorazione di questo cortometraggio indipendente, qui.
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