22 Feb 2022

Dall’anoressia alla normalità: Cristina e la ricchezza di una vita banale

Scritto da: Brunella Bonetti

Una nuova storia di moderne Persefone ci insegna ad apprezzare i valori della semplicità e della normalità. Ci mostra che ogni vita può essere preziosa partendo da ciò che si ha: si può essere degli eroi anche essendo normali. Soprattutto se questa normalità è giunta attraverso un percorso di vita difficile e ricco di ardue prove.

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Roma, Lazio - Una nuova storia di moderne Persefone ci insegna ad apprezzare i valori della semplicità e della normalità. Ci mostra che ogni vita può essere preziosa partendo da ciò che si ha: si può essere degli eroi anche essendo normali.

Da dietro un desk di una palestra a nord di Roma una ragazza mora, dagli occhi di cerbiatta, lavora al pc, risponde al telefono e accoglie nuovi clienti o semplici curiosi nel locale. È Cristina, una trentenne romana semplicemente normale e normalmente sorprendente: «Semplicemente fortunata, così mi sono sempre sentita. Ero la cicciottella della famiglia e, da bambina, ciò non mi dava ancora fastidio».

Semplicità è la parola che la rappresenta meglio: una vita semplice, una famiglia semplice, una routine semplice. «Sono cresciuta in una famiglia normale, una di quelle famiglie che oggi è raro trovare. La perfezione certo non esiste, ma esiste la voglia di puntare a un ideale di felicità fondato sulla semplicità. Sono stata coccolata dai miei genitori e dai miei fratelli più grandi, non mi è mai mancato nulla e ho sempre vissuto in un ambiente pieno di amore».

Cristina cresce in modo semplice, trova lavoro in una palestra – ambiente che ama molto – e oggi trascorre molte ore della sua giornata dietro a un desk, scenario principale di una vita intorno al quale ruota la sua vita apparentemente banale. Ma di cosa è fatta una vita normale?

«È fatta del calore e dell’amore di una famiglia, di qualunque tipo essa sia. È condurre una vita senza troppe aspettative accontentandosi di ciò che si ha. È bello trovare soddisfazione nei frutti del proprio lavoro senza dover per forza puntare sempre più in alto».

Forse, in fondo, a guardar bene la normalità non esiste: è la società che ci impone certe regole ed è il super-io che ci obbliga a comportarci in certi modi. La nostra chiacchierata è interrotta continuamente da telefonate, nuovi arrivati e richieste di assistenza in sala. Cristina si alza, ogni volta, con tranquilla pazienza e, sfoggiato un caloroso sorriso, soddisfa ogni esigenza con calma accogliente.

 «Anche se ho uno stipendio non molto alto che non mi permette di essere autonoma, mi piace lavorare qui: mi sento in famiglia, sono fiera di soddisfare le richieste dei nuovi arrivati e ho il tempo per dedicarmi anche alla mia passione, che è l’allenamento. Non ho aspettative irraggiungibili e, accontentandomi di ciò che ho, mi sento felice».

Cristina, come molti oggi, non si sente realizzata e la pandemia di certo non aiuta. Però lei non molla e si sforza di trovare nella solita routine delle giornate, quel qualcosa di eccezionale: «A trent’anni non posso dire di aver raggiunto traguardi eccezionali, passo da un lavoro all’altro, vivo ancora con i miei genitori e sono single. Eppure non riesco a non essere felice. Cerco di trovare il bello in tutto ciò che faccio, coltivo relazioni preziose, metto il massimo impegno nel lavoro e mi godo la mia famiglia. Non chiedo di più».

Eccola qui, la ricchezza della quotidianità fatta di gesti semplici, di azioni routinarie, di sorrisi a volti prima sconosciuti e poi diventati amici. Un’altra interruzione ci ferma. Accade proprio come nella vita: il fluire delle giornate, delle stagioni e degli anni è costellato da continui eventi che – casuali o meno, previsti o improvvisi – ci inducono a cambiare direzione, a imboccare nuove strade che non sempre si sa dove portino. E a volte conducono in un vicolo cieco.

La perfezione certo non esiste, ma esiste la voglia di puntare a un ideale di felicità fondato sulla semplicità

Anche Cristina ha avuto il suo momento nero: per due anni ha sofferto di anoressia: «Qualche anno fa sono stata molto male. Venivo da un periodo positivo, mi allenavo ogni giorno, lavoravo già in palestra, ma poi sono caduta in un baratro e gli eventi negativi mi hanno sopraffatta. Il marito di mia sorella è rimasto vittima di un incidente quasi mortale, mi sono lasciata con il mio ragazzo e l’unica persona che mi era vicino in quel momento mi ha fatto stare male, proprio nel momento di maggior bisogno. In preda al panico e al dolore, la sofferenza ha preso il sopravvento e sono caduta nella trappola dell’anoressia nervosa».

Oggi, però, Cristina è uscita dal tunnel e ne parla apertamente descrivendo “normale” il suo rapporto con il cibo. Allora, anche di fronte ai vicoli ciechi, c’è sempre una via d’uscita: «La soddisfazione di uscire da quel tunnel con le mie forze è stata la più grande della mia vita. Oggi mi sento realizzata e, proprio dalla malattia, ho imparato tanto. Non do più possibilità a nessuno, nemmeno a me stessa, di farmi del male. Ho imparato ad amarmi e, così facendo, riesco a dare anche più amore agli altri. Soprattutto, ho imparato ad apprezzare la bellezza di una vita normale».

Ecco, allora, che il termine “normale” si trasforma in un traguardo eccezionale da cui ripartire per ritrovare sé stesse: «Ho preso coraggio da me stessa, ho imparato a credere nelle mie capacità e mi sono messa in gioco senza voler per forza strafare, ma accontentandomi di una vita semplice che, proprio per la sua semplicità, si rivela oggi davvero piacevole. Non mi trovo più costretta a fare prove di forza con me stessa, ma al contrario godendo della bellezza di ogni giornata».

In sottofondo, la musica di una radio-tv e i lamenti dovuti agli sforzi degli atleti accompagnano le nostre chiacchiere al desk: «Oggi la mia prospettiva sulla vita è cambiata, ho trovato la mia posizione nel mondo e ho imparato, dopo tanta sofferenza, ad affezionarmi a ogni persona. Ho cambiato anche il modo di prendermi cura di me: mi proteggo, mi coccolo e sorrido allo specchio, quando mi guardo con gli occhi nuovi della serenità».

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È bello intervistare Cristina immersa nel suo mondo: fa apparire sorprendente la vita quotidiana, con le sue noie e le sue piccole soddisfazioni; con le interruzioni e le sorprese impreviste. In fondo, non è poi così male essere normale e non è affatto scontato oggi essere così e apprezzare le sfaccettature colorate della semplicità:

«Mi ritengo soddisfatta in primo luogo di me stessa, proprio perché sono una persona buona e gentile con tutti. La bontà e la gentilezza sono valori preziosi, anche se un po’ troppo sottovalutati. Al contrario, sono doti che andrebbero coltivate per rendere la propria vita e quella di chi ci circonda, un’esistenza semplice e soddisfacente».

Nient’affatto banale è essere normale. Mi ispira questo da scrivere la storia di Cristina che, con la sua semplice presenza, testimonia l’unicità di ogni singola esistenza: «Non c’è bisogno di fare cose eccezionali per essere soddisfatti di sé e per rendere felici gli altri. Bisogna partire da ciò che si ha e dall’affetto dei propri cari: non c’è nulla di sbagliato nel vivere in modo semplice, anzi a ben guardare si può essere ricchi proprio di questa semplicità».

Meno stress e più farfalle, si diceva: si può essere degli eroi anche essendo normali.

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