La storia di Stefania di La Braide: “Da Milano alla val Borbera per tornare alla terra”
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Alessandria - Dalla “città da bere” a una terra selvaggia e silenziosa come la Val Borbera. Quella che vi raccontiamo oggi è la storia di Stefania De Lorenzo che ha lasciato la città per seguire le orme dei suoi avi e fare la contadina e l’apicoltrice in un comune piemontese di poco più di 100 abitanti. Ora a gestire La Braide, la sua azienda agricola naturale, ci sono lei e suo marito Gabriele, anche lui milanese ma di origini valborberine, a partire dalla sua bisnonna, la “maestra vecchia” di Roccaforte Ligure, classe 1856.
La storia di Stefania e Gabriele inizia con il loro incontro: per anni sono stati colleghi al supermercato dove lavoravano entrambi, lei in salumeria, lui al reparto ortofrutta. Sino al trasferimento a Roccaforte Ligure hanno sempre vissuto a Milano, mentre oggi abitano in quella che è stata la casa estiva della famiglia di Gabriele, costruita nel 1932. Ed è così che due persone si sono ritrovate a intrecciare i propri alberi genealogici per trovare la felicità.
Stefania, come sei arrivata alla decisione di trasferirti in val Borbera?
Provo a raccontarmi e per farlo mi ritrovo a guardare indietro alle mie 5/6 vite precedenti alla ricerca del mio posto nel mondo. Forse, e dico forse, sono finalmente arrivata a destinazione. Ho incontrato la Val Borbera grazie a mio marito Gabriele: ci sono arrivata in punta di piedi, ho imparato a conoscerla e ad apprezzarla, ma mai avrei pensato di fare l’ennesimo cambiamento.
Invece cinque anni fa ho mollato tutto ciò che mi legava a Milano, dove sono nata e cresciuta, una città che non dorme mai, sempre in movimento, per venire qui. La nostra idea inizialmente era di trasferirci a Roccaforte per la pensione. Quando però ci siamo messi a fare due conti, abbiamo scoperto che saremmo dovuti restare in città per altri vent’anni e così ci siamo decisi!
Eravate stanchi della vita urbana?
Sì, ormai il lavoro era una parentesi sempre troppo lunga tra una vacanza e l’altra, così ho acquistato un ettaro di terra e tre famiglie di api. Devo dire che la genetica mi ha aiutato parecchio: la famiglia di mia madre, friulana doc, ormai novantenne, mi ha trasmesso lo spirito contadino oltre che l’amore per la terra e gli animali. Appeso alla porta di casa c’è il campanaccio dell’ultima mucca di mio nonno, che aveva anche un terreno con cui manteneva otto figli, quindi ogni pezzettino era occupato da qualche coltivazione a reddito… con tutte quelle bocche da sfamare! È stato in quel momento che ho deciso come chiamare la mia azienda agricola “La Braide”.
Cosa significa La Braide?
“Braide” in friulano significa “terreno condotto a orto familiare con alberi da frutto, orticole, vigne”. E questa è proprio la descrizione del mio campo: ho impiantato 70 alberi, 15 barbatelle di uva da tavola e diversi ortaggi di stagione.
Com’è la tua nuova quotidianità?
Vivo qui da cinque anni e penso di essermi adattata alla vita rurale. Ho riprogrammato le giornate e il lavoro in base alle stagionalità e alle ore di luce, senza cartellini da timbrare o divise da indossare. Ci sono comunque delle difficoltà, certo, ma vivo questa fase della mia vita con serenità. I problemi più che altro sono dovuti alle condizioni meteo che certe volte non ci aiutano.
La Braide è un’azienda agricola naturale, che non fa uso di chimica e segue metodi biologici. Raccontaci del tuo modo di coltivare e fare apicoltura.
Sono dell’idea che il detto “sei quello che mangi” sia assolutamente vero ed è quello che mi ha motivato a portare avanti coltivazioni naturali senza uso di concimi chimici. Tutto lo sfalcio e i residui di lavorazione di ceci, pomodori e fagioli a fine stagione li lascio in campo, così da restituire alla terra il nutrimento che mi ha prestato per avere delle verdure con un sapore vero.
Anche con le api faccio dei trattamenti – obbligatori per legge – seguendo il metodo biologico, senza uso di additivi chimici. Seguo gli insegnamenti dei vecchi contadini con qualche aggiustamento, risultato di un po’ di esperienza sul e in campo. E poi “le stagioni non sono più quelle di una volta”, quindi dobbiamo adattarci. Il risultato? Miele e ortaggi sani e buoni. Ai mercati o tramite le vendite di verdure e insalate a domicilio, provo un gran piacere a far consumare agli altri qualcosa di salutare, ma gustoso. Sono felice di questa condivisione di alimenti che nutrono e fanno bene.
Quali reti hai messo in piedi da quando hai aperto La Braide?
Oltre a lavorare con altri contadini e aziende agricole locali, sto collaborando con una gelateria artigianale del territorio, Giò Bar di Cantalupo: ho portato ai titolari la ricetta del gelato al miele. Lo preparano con il mio miele di castagno, che faccio nel bosco dei narcisi a Roccaforte. Adesso ce l’hanno sul bancone e va che è una bellezza.
Cosa bolle in pentola e quali sono i tuoi prossimi progetti?
Per il futuro sto puntando in alto: le famiglie di api da tre sono diventate sessanta e il lavoro adesso è veramente tanto, anche con i terreni che da un ettaro sono arrivati a essere dodici, tra seminativi e bosco. Ci serviranno per impiantare grano, erbe per gli oli essenziali e per la coltivazione di piante e fiori per le api. E con la legna dei boschi ci scalderemo d’inverno.
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