S.O.S. Sanità Pubblica Liguria: denunce e proposte per salvare la nostra sanità
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Imperia - La sanità italiana è in crisi: negli ultimi 10 anni sono stati chiusi 173 ospedali1 e il personale ridotto di 46 mila unità, chiuse quasi 1.000 strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale e 2.000 strutture per l’assistenza Territoriale Residenziale. “Meno ospedali significa avere meno posti letto”, ci dice un portavoce del comitato di cui vi parleremo fra qualche riga che si occupa della sanità in Liguria.
“Tra il 2010 e il 2019, tra pubblico e privato, sono stati tagliati 43.471 posti letto tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. I Consultori sono stati passati da 2.550 del 2010 a 2.277 del 2019. Dato preoccupante, in controtendenza, è la crescita dei Centri di Salute Mentale: 1.464 nel 2010; 1.671 nel 20192”.
C’è chi a questo declino, che sembra essere inarrestabile, non si rassegna: in questi anni infatti sono tanti i comitati, le associazioni, i gruppi di cittadini nati per denunciare quanto sta avvenendo. Ma è importante concentrare le energie di tutte le persone che stanno lavorando da anni in questa direzione per riuscire a far ascoltare la propria voce ed è proprio con questo obiettivo che è nata da poco S.O.S. Sanità Pubblica Liguria, una rete informale di oltre 30 associazioni e comitati locali e varie realtà territoriali che da anni presidiano le criticità relative a specifici ospedali o servizi territoriali.
OSPEDALI E SERVIZI AL COLLASSO
Nel comunicato stampa appena diffuso dalla rete le urla di denuncia si fanno sentire: “Ospedali e servizi al collasso con personale costretto a coprire le carenze di organico, reparti di pronto soccorso chiusi o a rischio chiusura, punti nascite chiusi da anni, servizi territoriali assenti o in forte difficoltà, esami e prevenzione in ritardo, liste di attese infinite con conseguente utilizzo per i cittadini di servizi privati o di servizi di altre regioni. Problemi che derivano da più livelli. A livello nazionale la spesa per la sanità pubblica è solo del 7% rapportato al reddito lordo nazionale, in Gran Bretagna è del 8%, in Francia del 9% e in Germania del 10%”.
“A livello regionale l’amministrazione Toti ha pubblicamente dichiarato di voler privatizzare il 15% degli ospedali liguri. Tutte le ASL locali, oltre a problemi specifici, hanno problemi comuni: mancanza di strutture, malfunzionamento della burocrazia, carenza posti letto, tempi di attesa lunghi per prestazioni specialistiche, chiusura di strutture periferiche, a cui si va ad aggiungere carenza di personale in tutti i settori. Ai problemi elencati si somma una carenza comunicativa e organizzativa nella gestione della pandemia che vede una moltitudine di cittadini smarriti cercare tra mille difficoltà risposte e soluzioni alle proprie necessità sanitarie, burocratiche e lavorative“.
LE URLA NON ASCOLTATE
In questi anni sono tante le manifestazioni locali organizzate per denunciare la situazione sempre più evidente, tra cui raccolte firme, cortei, incontri. Ma, come spesso accade, alle richieste di essere ascoltati non è seguita nessuna reazione da parte delle amministrazioni regionali. Tra queste una manifestazione ad Albenga (SV), che ha contato circa 12mila persone che hanno camminato dal centro della città fino all’ospedale per contestarne il passaggio da struttura pubblica a privata.
Quaranta sindaci in veste ufficiale si sono trovati a Pietra Ligure per chiedere che venisse riaperto il punto nascita. E così sono tanti gli esempi di richieste, manifestazioni organizzate, a cui non è seguita una risposta, o ancor peggio forse, a cui non è seguito il verificarsi delle promesse fatte.
ANDARE OLTRE LA DENUNCIA
«Non ci possiamo rassegnare – dichiara il comitato S.O.S. Salute –, non ci vogliamo rassegnare. Ma la sola denuncia non serve. Dobbiamo spingerci oltre e coinvolgere i cittadini, perché non sono solo gli utenti a cui viene sottratto un servizio indispensabile. Hanno il diritto di poter conoscere la realtà dei fatti – economici, politici, sociali – che avvengono nei loro territori, e possono partecipare attivamente confrontandosi su possibili soluzioni».
Attraverso confronti online e offline, oltre a fare il punto della situazione ligure facendo emergere i problemi della sanità, la rete vuole infatti essere anche un luogo di riflessione collettivo per individuare un nuovo modello di salute e sanità. Nell’incontro avvenuto la scorsa settimana, ad esempio, ha presentato alcune buone pratiche di medicina territoriale già in atto in Italia e in altri paesi europei.
LE PROPOSTE DEI CITTADINI
Uno degli esempi condivisi all’interno della rete è il modello molto diffuso in Inghilterra e già presente anche in Italia che, per ovviare la chiusura dei centri nascita all’interno degli ospedali liguri, prevede l’apertura di punti nascita gestiti solo da ostetriche, con a fianco un piccolo centro per le emergenze. Questo modello avrebbe il vantaggio di un’ampia disponibilità del personale specializzato in ostetricia, già formato, e di un numero di personale medico (medici e infermieri) molto ridotto.
In val Bormida invece – che copre un’area territoriale molto ampia e difficile in alcuni casi da raggiungere – si è da tempo avviata una discussione tra i cittadini per valutare la possibile apertura di un ospedale di area disagiata (prevista dal Dm 70/2015 ex-decreto Balduzzi).
Non resta che entrare a far parte della rete regionale ligure e contribuire alle iniziative proposte: più cittadini partecipano attivamente, maggiormente sarà favorita la discussione e la condivisione delle problematiche locali. «Insieme possiamo promuovere elaborazioni ed azioni propositive verso un modello condiviso di salute pubblica».
1 – http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato573452.pdf
2 – https://www.lindipendente.online/2021/06/17/in-10-anni-chiusi-173-ospedali-e-personale-ridotto-di-46-mila-unita/
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