18 Gen 2022

Sheila Melosu, la giovane siciliana a capo della decima missione di Mediterranea

Scritto da: Alessia Rotolo

Il 15 gennaio è partita da Trapani la decima missione di Mediterranea Saving Humans. A bordo dell'unica nave battente bandiera italiana che fa monitoraggio e rescue nel Mar Mediterraneo c’è una nuova capomissione: Sheila Melosu, 35 anni di Palermo. L'abbiamo intervistata per farci raccontare il suo percorso e il suo stato d'animo.

Salva nei preferiti

Palermo - Ha lo sguardo fiero e consapevole di chi sa che le è stato assegnato un ruolo importante: dirigere le operazioni a bordo della Mare Jonio, l’unica nave battente bandiera italiana che fa monitoraggio e rescue nel Mar Mediterraneo, salvando vite umane di fronte alle coste libiche.

È partita da Trapani sabato scorso, 15 gennaio, la decima missione di Mediterranea Saving Humans e c’è una nuova capomissione a bordo, Sheila Melosu, 35 anni di Palermo. È la nuova capomissione, ma di certo non è alle prime armi come attivista di Mediterranea: «Quando nel 2019, al ritorno dalla terza missione, la Mare Jonio è arrivata a Palermo, ho cominciato a occuparmi della logistica e dello shipping management della nave. Sono diventata anche parte integrante della vita associativa a livello locale e nazionale di Mediterranea. Sono “salita a bordo” allora e adesso eccomi qui».

Dopo due giorni di navigazione la raggiungiamo al telefono per un’intervista, mentre la Mare Jonio è vicina a Lampedusa. «Stiamo aspettando che si metta meglio il tempo – racconta Sheila – per poi fare rapidamente rotta verso Sud, dove si trova la nostra zona operativa, a circa trenta miglia dalla costa libica». La voce è concentrata e squillante, trapela un po’ di preoccupazione, ma non c’è troppo spazio per le elucubrazioni emotive: siamo nella fase operativa, da adesso in poi si salvano vite in mare e non c’è tempo per lasciarsi sopraffare.

«Sono tranquilla – continua –, sono attorniata da gente in gamba, sia i marittimi che gli attivisti. Sono molto emozionata perché è la mia prima volta da capomissione. Quando me lo hanno proposto mi è mancato il fiato per qualche secondo e poi mi sono lanciata in questa avventura, mi sono preparata nel migliore modo possibile, abbiamo passato tanto tempo insieme con l’equipaggio, fatto tante prove e test. Non vedo l’ora di poter andare verso Sud e spero di portare a casa un buon risultato».

Mediterranea Saving Humans
Sheila Melosu, capomissione Mediterranea Saving Humans

«Quando gliel’ho detto gli occhi di mia madre si sono riempiti di preoccupazione, che però nel giro di pochissimo ha lasciato il posto all’orgoglio, perché lei sposa in tutto e per tutto quello che facciamo con Mediterranea Saving Humans. Mio fratello ha reagito peggio – racconta sorridendo Sheila Melosu –, mi ha urlato “tu non vai da nessuna parte!”, ma dopo poco ha capito anche lui l’importanza di quello che sto andando a fare».

Dalla terza missione della Mare Jonio, l’equipaggio non è mai tornato sulle coste italiane senza avere effettuato un salvataggio in mare aperto. «Il mio augurio per questa missione è al contempo la mia più grande preoccupazione e cioè quella di riuscire ad aiutare chi è in difficoltà, che le operazioni vadano al meglio senza problemi e soprattutto di arrivare in tempo».

«Temo i respingimenti verso la Libia da parte di quella che dovrebbe essere la Guardia Costiera libica», Sheila Melosu. «In realtà deportano le persone nei campi di concentramento e questo provoca grande senso di frustrazione. Spero di arrivare in tempo, che non ci siano tragedie e che si riesca a fare i trasbordi in una situazione di sicurezza; purtroppo operando in mare dobbiamo mettere in conto tante variabili che non sempre si possono prevedere».

Quando le chiediamo in cosa cambia la sua missione rispetto alle altre risponde: «Ci sono delle modalità operative protocollate che funzionano e quelle si ripetono sempre, la cosa che cambia è l’aspetto relazionale con l’equipaggio: io mi affido tanto alla loro esperienza».

C’è una forte continuità con le scorse missioni grazie anche alla presenza del primo ufficiale Davide Dinicola, 33 anni, di Ragusa. In un suo post scrive: “Sono salpato per la prima volta all’età di 23 anni dopo aver conseguito il diploma nautico. Fin da subito ho lavorato come marinaio sulle navi mercantili e poi come primo ufficiale sugli yacht di lusso. Una carriera che mi ha portato a godere di un lavoro redditizio e di una bella vita, ma che mi lasciava un vuoto dentro“.

La svolta avviene durante un viaggio nel Mar Egeo: “Diretto ad Atene, ho avvistato un corpo galleggiante in mezzo al mare. Era un uomo caduto da una barca a vela molte ore prima e in stato di incoscienza. Nonostante la reticenza di alcuni miei colleghi e del mio superiore, ho insistito affinché si intervenisse. Una volta tirato fuori dall’acqua, l’equipaggio è riuscito a rianimarlo”.

Sheila Melosu mediterranea

“Questa esperienza mi ha segnato: ho preso la decisione di abbandonare il mondo delle imbarcazioni di lusso per entrare in quello delle navi di soccorso, che per me è un obbligo morale prima che una legge da rispettare. Mi sono avvicinato a Mediterranea e al soccorso civile in mare mentre, nell’aprile 2019, avevo già in mano un contratto per lavorare per tutta la stagione su un altro yacht a Montecarlo. Ho scelto di essere primo ufficiale della missione numero 5 della Mare Jonio. E da lì è cominciato il mio viaggio in un mare diverso, dove riesco a mettere insieme il mio lavoro e la mia voglia di contribuire a che nasca un mondo più giusto”.

Luca Casarini, ex capomissione di Mediterranea ha avuto molti scambi con Sheila: «Abbiamo fatto numerose sessioni di formazione – racconta lei –, mi ha tramandato un sacco di informazioni e di saperi e non ha fatto altro che ripetermi che sono la persona giusta per ricoprire questo ruolo. Lui è sicuro e orgoglioso di me, ha visto e partecipato a tutta la mia crescita professionale e personale in questi anni».

E, come scrive Luca Casarini in un suo post, “in un mare che avete trasformato in cimitero senza lapidi, dove decretate la morte di innocenti, naviga la speranza di un mondo migliore“.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
L’equipaggio terrestre di ResQ in Calabria, per salvare vite in mare e in terra
L’equipaggio terrestre di ResQ in Calabria, per salvare vite in mare e in terra

Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti
Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti

Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment
Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Il boom dei fast food e la fine dell’identità – INMR Sardegna #58

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

|

Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?

|

Il futuro del vino tra crisi climatica e innovazione

|

Dalla crisi ecologica alla disumanizzazione delle guerre, l’amore è la risposta

|

Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

|

Tyrrhenian Link: “La nostra lotta continua oltre lo sgombero del presidio degli ulivi”

|

Luana Cotena e il suo concetto rivoluzionario di capo d’abbigliamento

string(7) "sicilia"