Salviamo il paesaggio: ecco cosa possiamo fare per fermare il consumo di suolo
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La proposta di legge del Forum Salviamo il paesaggio dal titolo “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati“ è ormai “congelata” da mesi in Commissione Ambiente/Agricoltura al Senato e neppure il nuovo Rapporto sul consumo di suolo redatto dall’ISPRA pare indurre a risolvere un’emergenza eppure così evidente.
Un’emergenza ecosistemica su cui tutta la comunità scientifica si è già espressa con estrema chiarezza e che si ripercuote anche sotto il profilo economico/finanziario ricordandoci che prima viene la tutela dell’ambiente e della salute e poi lo sviluppo economico. Quanto costa rinunciare a un ettaro o a un metro quadrato di suolo libero, impermeabilizzandolo?
Istruzioni per l’uso
Questa proposta di azione concreta per mettere in luce la necessità di fermare il consumo di suolo è diretta a tutti i pubblici amministratori, affinché abbiano chiaro quanto fondamentale sia il loro ruolo per la salute e sopravvivenza di tutti noi e a quanto ammonti il valore – ecosistemico e finanziario – derivante dalla perdita della primaria risorsa rappresentata dal suolo libero.
Sono passati oltre dieci anni da quando si svolse – era il 29 ottobre 2011 a Cassinetta di Lugagnano – la prima assemblea pubblica del Forum Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori, nato con l’obiettivo di giungere a una norma di legge nazionale per contrastare il consumo di suolo e, contemporaneamente, sensibilizzare gli amministratori pubblici e i cittadini sull’importanza della tutela del suolo libero per salvaguardare la nostra stessa esistenza.
Da allora il Forum ha avviato campagne non soltanto di denuncia e informazione presso la collettività e le amministrazioni, ma anche di raccolta dati reali, presso gli oltre 8000 Comuni italiani, relativamente alla quantità di suolo libero ancora disponibile, del numero di alloggi, capannoni e altri fabbricati inutilizzati, dell’andamento demografico e tanto altro.
Tutto nell’ottica di dimostrare inconfutabilmente come fosse venuto il momento di azzerare il consumo di suolo (non di “rallentarlo”, obiettivo di periodiche nuove proposte legislative, statali e locali, dettate soprattutto da necessità propagandistiche elettorali…), nell’ottica di non costruire più nulla, se non sull’esistente, quindi non consumare più alcun terreno libero e utilizzare soltanto quelli già impermeabilizzati, parallelamente al recupero e riuso dell’esistente.
Il censimento del cemento
La campagna “Censimento del Cemento” ha evidenziato la scarsa conoscenza, da parte di molti nostri amministratori, riguardo al già avvenuto “sfruttamento” del proprio territorio e alle previsioni edificatorie rese possibili da piani regolatori obsoleti poiché fondati su dati demografici e conseguenti previsioni di necessità insediative ormai completamente mutate negli anni, fortemente bisognosi di approfondita rivisitazione.
La situazione attuale è ben descritta dall’ultimo Rapporto sul consumo di suolo dell’ISPRA, di cui citiamo testualmente alcune righe: “La copertura artificiale del suolo è ormai arrivata a estendersi per oltre 21 000 chilometri quadrati, pari al 7,11% del territorio nazionale (era il 7,02% nel 2015, il 6,76% nel 2006), rispetto alla media UE del 4,2%. Le conseguenze sono anche economiche e i costi nascosti, dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici che il suolo non è più in grado di fornire a causa della crescente impermeabilizzazione e artificializzazione degli ultimi otto anni, sono stimati in oltre tre miliardi di euro l’anno (che vanno ad aggiungersi ai costi fissi accumulati negli anni precedenti, ndr)”.
“Valori che sono attesi in aumento nell’immediato futuro e che potrebbero erodere in maniera significativa, per esempio, le risorse disponibili grazie al programma Next Generation EU. Si può stimare infatti che, se fosse confermato il trend attuale e quindi la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi, il costo cumulato complessivo, tra il 2012 e il 2030, arriverebbe quasi ai 100 miliardi di euro, praticamente la metà dell’intero PNRR”.
Negli ultimi tempi, la necessità della “ripartenza post-pandemica” sta moltiplicando freneticamente i casi di “nuovi progetti” – ovviamente “indispensabili” e “irrinunciabili” per molti amministratori pubblici –, sull’onda di un’allarmante deregulation, carica di “recovery fund”!
Rendiamo pubblici i costi derivanti dal consumo di suolo, perché tutelandolo saremo più ricchi, consumandolo saremo più poveri.
Progetti di nuovi insediamenti produttivi/logistici/commerciali, con creazione di nuovi posti di lavoro – non importa quanti, basta che siano almeno una manciata, e non serve fare alcuna analisi per vedere se e quanti nuovi disoccupati il progetto potrà causare – e tanto, tanto consumo di suolo, naturalmente libero, perché costa meno costruire su quel tipo di suolo. Inutile dire che in regimi di “emergenza”, procedure arcaiche certamente arzigogolate ma spesso salvifiche come le Valutazioni di Impatto Ambientale, sono bandite da qualsiasi lista prescrittiva!
E senza dimenticare il potenziale incremento di consumo di suolo annuo derivante dall’applicazione del Pnrr-Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima), che potrebbe mettere “a terra” in meno di sei anni circa 15 GigaWatt (12 dal Piano con l’opzione “Power-up” e tre con misure ad hoc). Per questi soli 15 GigaWatt di solare potrebbero essere necessari tra i 10 e i 18mila ettari di suolo (agricolo) e complessivamente è stimabile un aumento del 50% del consumo di suolo annuale.
E allora, dato che chi ci amministra pare voler sentire solo da questo orecchio “economico”, raccontiamogli in poche righe, con pochissimi numeri ricavati dalle indicazioni dell’ISPRA e del professor Paolo Pileri – uno dei massimi esperti italiani in materia di “consumo di suolo”, docente di urbanistica presso il Politecnico di Milano e, tra l’altro, membro del Comitato Scientifico del Rapporto sul consumo di suolo della stessa ISPRA –, quanto costa rinunciare a un ettaro di suolo libero, impermeabilizzandolo.
Le cifre
ISPRA stima un costo annuale medio per la perdita dei servizi ecosistemici compreso tra 66.000 e 81.000 € a ettaro per il flusso di servizio che il suolo non sarà più in grado di assicurare e tra 23.000 e 28.000 € a ettaro per lo stock di risorsa perduta. Complessivamente quindi, si ottiene un costo che oscilla tra 89.000 e 109.000 € l’anno per ciascun ettaro di terreno libero che viene impermeabilizzato.
Facciamo allora presentare al nostro Comune una mozione volta a deliberare l’arresto totale e immediato del consumo di suolo libero in quel Comune, inserendo in bilancio il costo finanziario causato dal consumo di suolo: 100.000 € per ciascun ettaro di suolo impermeabilizzato, ovvero una media di 10 € per ogni metro quadrato, da inserire come costo fisso annuale nei bilanci/bilanci sociali/bilanci di sostenibilità/bilanci ambientali comunali, a partire dall’annualità in cui il nuovo consumo di suolo sia stato accertato.
Ricordiamo che i principali servizi ecosistemici che il suolo naturale garantisce riguardano: stoccaggio e sequestro di carbonio, qualità degli habitat, produzione agricola, produzione di legname, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, disponibilità di acqua, purificazione dell’acqua.
Per concretezza, ecco in particolare tre validi motivi scientifici per giustificare un’attenzione così rigorosa e severa nella salvaguardia del suolo:
- Ogni ettaro di terreno fertile assorbe circa 90 tonnellate di carbonio: se cementificassimo quel terreno, la CO2 si libererebbe nell’atmosfera e non tornerebbe più sottoterra, accelerando ulteriormente l’inquinamento delle nostre città.
- Ogni ettaro di terreno fertile è in grado di drenare 3.750.000 litri d’acqua: in questo particolare momento, a fronte di precipitazioni atmosferiche di portata e frequenza sempre maggiori e di lunghi periodi sempre più siccitosi, il nostro suolo, oltre a drenare l’acqua piovana contribuendo a contenere gli effetti di possibili inondazioni e alluvioni, ne conserva quanto basta per alimentare ciò che in esso vive e si sviluppa.
- Ogni ettaro di terreno fertile, coltivato, può sfamare 6 persone per un anno: stiamo parlando, in piccolo, di “sovranità alimentare”, cioè della possibilità di provvedere autonomamente all’alimentazione della propria famiglia, limitando quindi la nostra dipendenza dal sistema e controllando direttamente in buona misura la salubrità del cibo che assumiamo.
Tre dati più che sufficienti per affermare che il suolo è uno dei principali fornitori di servizi ecosistemici sul quale possiamo contare, per di più a costo zero!
Quindi, cari Amministratori pubblici, facciamo finta che non ci abbiate mai pensato seriamente, ma dato che il suolo è così prezioso e utile, sarebbe non solo criminale ma anche antieconomico impermeabilizzarlo. E anziché continuare a ricercare risorse finanziarie per nuovi investimenti, considerate come massima fonte la limitazione dei danni futuri all’ambiente e al bilancio comunale, imparando a trattare con la massima cura e a salvaguardare il più fantastico fornitore di servizi a costo zero che esista al mondo.
Cosa vi chiediamo di fare
- Inviare un messaggio a tutti i consiglieri comunali con cui siete in contatto, invitandoli a presentare a breve una Mozione/Ordine del Giorno.
- Allegare l’illustrazione e motivazione complessiva di questa iniziativa, facendo copia/incolla da questo nostro messaggio oppure linkando qui.
- Allegare anche il testo della Mozione da personalizzare con i dati locali.
- Inviarci comunicazione dell’avvenuta presentazione della Mozione all’amministrazione del vostro Comune.
Qui potete scaricare il pdf della Mozione da presentare ai Consiglieri del vostro Comune.
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