17 Gen 2022

Martina Riina racconta le periferie di Palermo che resistono a Covid e indifferenza

Scritto da: Alessia Rotolo

Il decennale impegno di Martina Riina – antropologa e formatrice – e delle associazioni con cui collabora per salvaguardare il variegato sottobosco dei quartieri Borgo Vecchio e Ballarò diventa un libro. L'erba tinta racconta la vita in queste "periferie centrali" e auspica che le istituzioni si muovano per valorizzarle.

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Palermo - Ci sono quartieri a Palermo che sono micromondi: confinati in un loro equilibrio, rimangono chiusi come se bastassero a loro stessi. Spesso però questo rimanere trincerati è una forma di difesa per salvaguardare ciò che si ha e si teme di perdere. Le persone che decidono di valicare quei confini per conoscere, ascoltare e vedere cosa c’è oltre, scoprono un’umanità inattesa, feroce, disincantata e ironica che tanto ha da insegnare.

Lo sa bene Martina Riina, antropologa e pedagogista palermitana che durante il primo lockdown ha deciso di scrivere un libro sull’esperienza decennale che lei e un gruppo di psicologi ed educatori portano avanti nel quartiere Borgo Vecchio. Il testo si intitola L’erba tinta ed è edito da Editpress.

martina riina erba tinta 3
Martina Riina

Dopo dieci anni passati tra studio e formazione fuori da Palermo, Martina decide di tornarvi e la sua instancabile voglia di conoscere, scoprire e ricercare la porta ad attraversare quelli che per tanti sono solo gironi infernali di Palermo conosciuti e sbattuti sui giornali per casi di cronaca legati alla malavita e al malaffare: Ballarò e Borgo Vecchio. Due periferie, seppur si trovino in pienissimo centro città, due quartieri di cui tanti hanno paura e per questo si tengono a debita distanza.

Nel 2013 Martina conduce delle ricerche sociali per l’Istituto Arrupe, conosce spazi di Borgo Vecchio e le vite quotidiane di chi ogni giorno vive quel quartiere. Nel 2016 entra a far parte di un progetto con l’associazione Peresempio, viene aperto un centro diurno dove si fa doposcuola, si accolgono giornalmente mamme e famiglie.

La necessità di raccontare quello che stava accadendo era tanta e un libro è sempre una modalità per creare dibattito

Martina e tutta l’equipe che lavora con lei da subito capiscono che non basta aprire un centro e aspettare che la gente valichi quella soglia, bisogna farsi conoscere e instaurare rapporti di fiducia. E così, giorno dopo giorno e per dieci anni, affinano un loro personalissimo modo di fare educativa di strada incentrato su dialogo, interconnessioni con le istituzioni e la Chiesa e tanto ascolto del territorio. Metodologia che viene ulteriormente definita con l’ultimo progetto REACT di supporto agli adolescenti contro la dispersione scolastica.

Tutto il lavoro faticoso e delicato che ha portato alla costruzione di rapporti di fiducia tra l’associazione Peresempio e il quartiere si trova ad avere una brusca frenata in corsa con l’arrivo della crisi sanitaria e il primo lockdown. «Tante paure ci hanno assalito all’inizio», racconta Martina Riina. «Paura di perdere il lavoro, che finisse il finanziamento, i media che cominciarono ad additare gli untori, il mancato rispetto delle regole, che per lo più si riconduceva a migranti e adolescenti di quartieri marginali. Ho sentito l’esigenza di scrivere e raccontare quello che abbiamo fatto in questi anni».

martina riina erba tinta 2
Il team di Peresempio

Col passare dei mesi e l’incedere della pandemia e dei suoi effetti che hanno avuto ripercussioni soprattutto nei quartieri marginali, l’ingiustizia era sempre più lampante: «Chi aveva una connessione internet seguiva la DAD, chi non aveva la possibilità rimaneva indietro – continua l’antropologa –, la necessità di raccontare quello che stava accadendo era tanta e un libro è sempre una modalità per creare dibattito».

L’Erba tinta è un saggio narrativo che con tanti aneddoti racconta uno spaccato che non sembra riferirsi a un quartiere di una grande città, ma che profuma di paese, di gente, situazioni, dinamiche, battute, gesti intrisi di genuinità antica, che si ritrovano più spesso nei piccoli centri lontani dalle città.

Il titolo del libro rappresenta una scelta ben precisa dell’autrice: «L’erba tinta non muore mai, neanche durante una pandemia mondiale: qui si va avanti, il nostro lavoro al Borgo Vecchio continua, sia per noi e per il nostro lavoro, sia per i ragazzi e le ragazze. L’erba tinta è quella che cresce e si infila ovunque dando vitalità alle macerie, spesso si punta il dito sull’erbaccia e non sulle macerie».

martina riina erba tinta 1

«Il libro è molto ironico – prosegue Martina –, perché è una chiave possibile di lettura di ciò che abbiamo vissuto al Borgo Vecchio, è lo svelamento di ciò che accade, dei tanti insegnamenti di vita che ci hanno sempre dato, un modo di guardare l’esistenza, la scaltrezza che in fondo non è altro che un escamotage per sopravvivere. Un libro che è un omaggio al nostro lavoro, una dichiarazione d’amore per l’educativa di strada».

Guardando al futuro del quartiere Borgo Vecchio Martina Riina si augura «che le istituzioni aprano spazi di socialità come richiesto da noi da dieci anni a questa parte, spazi abbandonati che sono fondamentali. Un esempio è quello dell’asilo Parisi – chiuso dal 2012, da dieci anni, esattamente da quando noi lavoriamo in quartiere –, uno spazio bello e grande dedicato ai bambini in uno dei quartieri più prolifici in termini di presenza di minori».

«Si potrebbe trasformare in un centro polivalente – conclude Martina –, uno spazio per mamme e per bambini con una ludoteca, magari anche una biblioteca. Sarebbe bello anche avere degli spazi verdi in quartiere e che il Comune faccia manutenzione nel campo di calcetto che abbiamo ristrutturato noi. Mi auguro anche che la scuola sia più prossima alle famiglie e non sia trincerata dentro gli uffici e le aule e lo stesso vale per il consultorio».

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