Fondazione Senza Frontiere: il giardino dove si incontrano biodiversità e solidarietà
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Mantova, Lombardia - Solidarietà, responsabilità, autodeterminazione, salvaguardia della natura e rispetto per la biodiversità trovano la propria sintesi in una persona (e nella sua organizzazione): quella di Anselmo Castelli e della Fondazione Senza Frontiere. Grazie a una segnalazione di Elena Peverada del Consorzio CAES, da anni partner di Italia che Cambia, incontriamo Anselmo nella splendida sede della Fondazione, presso il Parco Giardino Tenuta Sant’Apollonio, a Castel Goffredo in provincia di Mantova.
Un tempo era un terreno in cui aveva sede l’azienda agricola del nonno e successivamente del papà di Anselmo: oggi è uno splendido parco naturale di oltre settantamila metri quadrati, che a partire dal 1973 ospita piante autoctone della Pianura Padana che rischiavano l’estinzione. Grazie a questa opera di riqualificazione, oggi anche molti degli animali e degli uccelli che un tempo abitavano questi luoghi stanno tornando oggi a viverli. Perché allora abbiamo citato anche le parole solidarietà e responsabilità?
VIAGGIO E CONSAPEVOLEZZA
Sin dai suoi quindici anni Anselmo Castelli ama viaggiare: «Nel corso della mia vita l’ho fatto tante volte, iniziando dall’Italia e finendo poi per visitare numerosi paesi in tutto il Mondo». Per raggiungere l’Africa e il Sud America, a un certo punto della sua vita, si è appoggiato ai Frati Cappuccini di Assisi, che organizzavano viaggi all’interno delle loro missioni: «All’inizio non avevo ancora la sensibilità per aiutare e sostenere le loro azioni, ero solo interessato a scoprire nuove realtà, popoli diversi da quelli a cui ero abituato; volevo capire come vivevano».
La svolta arriva durante un viaggio nella foresta amazzonica brasiliana, dove Anselmo si mise in contatto diretto con alcune popolazioni indigene. In quei luoghi conobbe un missionario italiano che da alcuni anni, oltre alla sua missione, si occupava dei bambini delle periferie povere del Brasile. Spesso infatti i piccoli vivevano in uno stato di semiabbandono e il religioso cercava di agire per offrirgli del cibo e un’opportunità di studio.
«Dopo questo incontro capii che anche io dovevo fare la mia parte – ci spiega Anselmo – e inizialmente cercai di sostenere le attività di questo missionario e di altre comunità religiose che aiutavano queste persone e i loro bambini».
Nel frattempo, in Italia Anselmo faceva il commercialista e aveva aperto uno studio personale a Castel Goffredo.
Da questo viaggio in Brasile, iniziò il suo percorso nel mondo della solidarietà e dal 1998 la sua attività ha preso la forma di una vera e propria Fondazione Onlus, che si pone l’intento di sostenere economicamente progetti di solidarietà sociale a favore di bambini e comunità in difficoltà.
RESPONSABILITÀ, CARITÀ E ISTRUZIONE
Uno dei pilastri dell’azione della Fondazione Senza Frontiere è la responsabilità: «Dopo il Brasile, capii che io volevo sostenere le comunità e i bambini che ne avessero bisogno, ma non faceva per me lo scopo della carità, cioè la sola e semplice donazione, che poi non comportava progetti di più ampio respiro, ma creava solamente dipendenza e mancanza di autonomia delle comunità interessate» ci spiega Anselmo.
«Io volevo e voglio che queste comunità, che questi uomini e donne, possano autodeterminarsi, crearsi le condizioni per poter emergere e sconfiggere la povertà». Di fatto, queste sue parole sono il manifesto dell’azione della Fondazione senza Frontiere. Come prima cosa, ovunque la Fondazione operi (ha seguito e segue più di sessanta progetti in giro per il mondo), l’obiettivo primario è l’apertura di una scuola in loco.
L’alfabetizzazione rappresenta, secondo l’organizzazione, l’apripista essenziale per l’autodeterminazione. Collegato a ciò infatti, Senza Frontiere incentiva e promuove l’apprendimento di diverse attività economiche che possono aiutare le comunità a migliorare le proprie condizioni di vita. «L’esempio che mi viene in mente è quello degli Indios Krahô in Brasile», spiega Anselmo.
Quando il nostro contesto non ci piace, non possiamo lamentarci se rimaniamo con le mani in mano
«Stavano scomparendo, perché il Governo brasiliano li aveva confinati in una zona dove erano vietate caccia e pesca. Ma loro vivevano di questo, non sapevano coltivare! Siamo intervenuti inviando loro tre agricoltori brasiliani che li hanno aiutati a sviluppare le competenze necessarie in agricoltura, e diversi capi di bestiame per sostenerli».
Quando la Fondazione Senza Frontiere ha iniziato le sue attività lì, i Krahô erano circa novanta persone, che formavano un Aldeia – il nome con cui si identifica un piccolo agglomerato rurale. Oggi le Aldeie sono almeno tre e gli Indios Krahô circa trecento.
Senza Frontiere infine si caratterizza per una precisa scelta di metodo: la direzione dei progetti non è mai affidata a persone italiane, ma il più possibile alle comunità coinvolte dall’azione di sostegno. «Dall’Italia si può andare nei luoghi interessati per insegnare, collaborare e rendere possibile la realizzazione dei nostri progetti. Ma ci teniamo al fatto che siano le popolazioni del luogo a scegliere il proprio destino, senza imposizioni e condizionamenti da parte nostra».
IL PARCO GIARDINO E L’ATTENZIONE ALLA BIODIVERSITÀ
Anselmo Castelli, nel suo peregrinare, ha un pezzo di cuore anche per l’Italia, specialmente per il suo luogo natale.
Grazie alla riqualificazione della Tenuta Sant’Apollonio, a cui abbiamo accennato all’inizio di questo articolo, oggi la Regione Lombardia riconosce al Parco la funzione di elemento importante facente parte della R. E. R., ossia la Rete Ecologica Regionale.
Il Parco Giardino è aperto al pubblico, specialmente alle scuole che da decenni lo visitano perché dotato anche di diversi percorsi culturali e didattici. Mentre visitiamo il parco girando le immagini per il video che accompagna e integra il racconto di questo articolo, siamo colpiti dalla serenità che infonde questo luogo, circondati da alberi maestosi colorati dal giallo delle loro foglie e da minuscoli laghi e corsi d’acqua costellati di diversi tipi di fiori colorati.
Confidiamo ad Anselmo, che raggiungiamo successivamente per l’intervista, di aver ascoltato anche il curioso canto di diversi uccelli: «Qua fino a pochi anni fa non c’erano quasi più uccelli, ora sono tornati quasi tutti quelli che vedevo da bambino – ci racconta – come l’upupa, diverse specie di picchi, il Martin Pescatore solo per citarne alcuni. In inverno, nel periodo tra gennaio e febbraio, vengono a svernare nei nostri laghetti circa duecento anatre e siamo circondati da Aironi. Un piccolo paradiso per tutta la comunità, era questo il mio sogno».
Di fatto, nella storia di Anselmo e nell’azione della Fondazione Senza Frontiere abbiamo ritrovato molti dei principi che ispirano il nostro giornale e i 7 sentieri che lo guidano: «La responsabilità, il prendersi carico delle proprie azioni senza delega ma con l’impegno che proviene dal cuore, è un valore che ha sempre disegnato il percorso della mia vita».
«Se ci fermiamo e non mettiamo in gioco ciò che abbiamo dentro rischiamo davvero che tutto rimanga così com’è», conclude Anselmo. «Quando il nostro contesto ci piace va anche bene, ma quando non ci piace non possiamo lamentarci se rimaniamo con le mani in mano. Io da solo, anche nella mia attività professionale, avrei ottenuto ben poco: un aiuto decisivo l’ho avuto da chi ha avuto il coraggio di proporsi e agire».
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