Ètico sartoria marchigiana, natura e moda si incontrano in un antico borgo – Io Faccio Così #341
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Macerata, Marche - Siamo nel paesino di Ripe San Ginesio, nell’entroterra maceratese. Si dice che il mondo sia più piccolo di quanto si pensi: forse non vale per tutti, ma per Valentina e Marta è stato proprio così. Pur provenendo da una medesima zona e avendo in comune un percorso simile all’interno dell’industria della moda – che ha generato in loro il desiderio di accostarsi a questo mondo in una maniera più rispettosa per l’ambiente e per le persone – non si erano mai incontrate.
Perché la moda etica?
È successo solo per caso due anni e mezzo fa e da quel momento hanno dato vita al loro marchio Ètico sartoria marchigiana, rappresentativo di una maniera diversa di fare moda e del territorio marchigiano a cui appartengono. In pochi sanno che l’industria della moda è la seconda più inquinante al mondo. Dietro abiti in vendita a prezzi stracciati si nascondono leggi di mercato che sfruttano una manifattura a bassissimo costo che realizza capi che l’anno dopo saranno fuori moda e che verranno così rispediti nei paesi in cui sono stati realizzati.
Marta e Valentina hanno deciso di aderire al movimento della slow fashion per contrapporsi a questo sistema e hanno dato vita a una loro sartoria naturale a Ripe San Ginesio, usando tessuti 100% certificati e tinture naturali con una tecnica di stampa botanica. «All’inizio avevamo adibito a sartoria la vecchia cucina della nonna di Marta – racconta Valentina durante l’intervista che trovate nel video qui sotto – e provavamo le nostre tinture tra la soffitta e la terrazza».
Inizialmente usavano tessuti di recupero e scarto, poi hanno deciso di passare a tessuti naturali certificati prodotti da aziende che non impiegano pesticidi e assicurano una giusta retribuzione al lavoratore. In seguito hanno anche iniziato a interessarsi di tinture naturali e stampe botaniche, facendo dei corsi e sperimentando le tecniche lentamente: «Abbiamo scelto di ricorrere alla vecchia maniera preindustriale di colorare i tessuti, attraverso radici, materiali di scarto, bucce di cipolla».
«Alcuni ristoranti ci passano gli scarti alimentari», aggiungono. «Le nostre fantasie le creiamo raccogliendo le foglie in autunno, anche quelle cadute, che imprimiamo nei tessuti tramite la cottura, utilizzando degli elementi come l’allume di rocca, che si usa anche per i deodoranti naturali, o il solfato di ferro».
«Per noi era importantissimo ritornare a un concetto più umano di moda: un rapporto diverso tra produttore e cliente, come era solito nelle botteghe artigianali di una volta. Parallelamente volevamo eliminare la plastica, pensavamo fosse più semplice e invece è molto complicato. Una zip, un bottone… è un mondo molto limitato quello senza plastica, ma stiamo cercando di sostituire tutto quello che possiamo».
Un borgo che rinasce
Ci si interroga spesso su ciò che mangiamo, meno invece su ciò che indossiamo. Marta e Valentina credono che il mondo sia un po’ malato e cercano nel loro piccolo di contribuire affinché le cose cambino. Anche la scelta non semplice di lavorare in un borgo così piccolo come Ripe San Ginesio è in linea con la loro idea di cambiamento. L’affitto agevolato della bottega concessa dal Comune ha contribuito molto, ma decidere di dar vita a una sartoria nel centro di una città o di un paese più grande avrebbe agevolato anche la conoscenza del marchio.
Grazie al progetto Borgofuturo, Ripe San Ginesio sta vivendo un momento di grande risveglio e sono diversi i giovani che hanno deciso di aprire nuove attività in un borgo lontano dalle grandi città: «Chi abita a Ripe San Ginesio ci chiede delle riparazioni», spiegano Marta e Valentina. «Lo riteniamo un servizio importante per la comunità. I nostri clienti vengono anche da fuori, ci conoscono grazie ai mercatini che per anni abbiamo fatto in giro per la regione».
Il nostro prodotto piace, ma soprattutto piace quello che c’è dietro: il suo ciclo produttivo e il suo essere completamente ecologico
Sono persone che riconoscono il valore di un abito fatto a mano, decidono di spendere un po’ di più per comprare un po’ di meno. «Ci piacerebbe diffondere un po’ queste pratiche tramite dei corsi. Abbiamo iniziato a collaborare con Legambiente e con un istituto professionale di moda del maceratese. Ci piace molto fare formazione e raccontare di un’alternativa più sostenibile a quella a cui siamo abituati e che diamo per scontato».
Stampe e colori ecologici
Marta e Valentina realizzano due piccole collezioni l’anno, usano tessuti termoregolatori che si possono indossare in tutte le stagioni. Trascorrono giornate alla ricerca delle foglie più adatte per essere impresse. Quelle di querce, noci e castagno sono le foglie migliori perché contengono una quantità maggiore di tannino, necessaria a lasciare l’impronta. L’eco-printing o stampa botanica è una tecnica recente, sperimentata da un’artista australiana, che consiste nell’appoggiare sul tessuto arrotolato su un supporto – ramo o canna di bambù – la foglia, per procedere poi a una cottura in acqua o al vapore; subito dopo il tessuto viene riaperto per eliminare la foglia che ha lasciato l’impronta.
Anche la colorazione richiede più passaggi. I tessuti infatti vengono preparati per essere più ricettivi al colore e assicurarne nel tempo la tenuta alla luce e ai lavaggi. Dalla buccia di cipolla ricava un giallo ocra, da quella del melograno un’altra sfumatura di giallo. Le raccolte di alcuni scarti particolari sono organizzate grazie ad appelli lanciati sui canali social. Il prossimo obiettivo per Marta e Valentina è recuperare la buccia e il seme dell’avocado, che rilasciano un rosa antico. «Con i tanti ristoranti di sushi non avremo difficoltà a trovare la materia prima», sorride Valentina.
Nella loro bottega di Ètico sartoria marchigiana non c’è molto spazio per poter lavorare contemporaneamente a più abiti; i costi fissi quindi incidono parecchio. «Noi facciamo tutto qui dentro, dal disegno al cartamodello, dalla scelta e taglio dei tessuti alla colorazione dei tessuti, all’assemblaggio e cucitura del capo fino alla messa in vendita. Stiamo cercando di abbattere i costi selezionando colori che si possono recuperare da materie prime che troviamo qui in giro. Usiamo al momento anche dei colori molto costosi che vengono importati dal Sud America perché ricavati da tipi di legna speciali».
La lavorazione artigianale purtroppo non è paragonabile a quella industriale. Ormai siamo abituati a pagare un abito tre euro, ma questo capo ha in realtà costi nascosti che non immaginiamo neanche: «Credo sia necessario tornare ad avere piccole realtà che insieme fanno squadra, per reinventarci e creare. In Italia siamo fortunati, abbiamo tantissime risorse. Ogni “piccolo” è di per sé qualcosa di buono e quindi insieme si è qualcosa di grande e di molto buono», conclude Valentina.
Le ultime novità
Nei giorni scorsi abbiamo contattato Marta per farci raccontare l’evoluzione del progetto di Ètico sartoria marchigiana negli ultimi due anni. Nonostante Covid e pandemia, le notizie sono molto buone: «Abbiamo partecipato a Restartapp, il programma della Fondazione Garrone che aiuta a sviluppare le realtà dell’Appennino», ci racconta con entusiasmo. «In quell’occasione, abbiamo conosciuto altre quattordici realtà concrete caratterizzate da valori umani, sociali e ambientali e abbiamo ricevuto una formazione indispensabile che ci permetterà di crescere davvero».
«Fino a oggi ci siamo mosse ad intuito e passione, ora dobbiamo fare il salto di qualità», conclude. «Vogliamo iniziare a fare investimenti per riuscire, nell’arco di tre o quattro anni, ad assumere personale rimanendo qui, a Ripe San Ginesio. Vogliamo infatti dare il nostro contributo per far rinascere un territorio fragile e martoriato. Per fortuna il nostro prodotto piace, ma soprattutto piace quello che c’è dietro: il suo ciclo produttivo e il suo essere completamente ecologico. Insomma, le prospettive sono molto positive».
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