Covid: eticità e trasparenza della comunicazione scientifica e sanitaria sono davvero garantite?
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Con il presente Parere, il CIEB intende richiamare l’attenzione sui principi e sulle norme applicabili allo svolgimento dell’attività di informazione e di comunicazione scientifica e sanitaria, affinché l’opinione pubblica italiana possa apprezzare il grado di eticità e di trasparenza che ha caratterizzato – e continua a caratterizzare – l’attività svolta da taluni attori della comunicazione medico-scientifica nell’ambito della gestione dell’emergenza Covid.
Poiché l’attività in esame si colloca a valle dell’attività di studio e di ricerca scientifica, il CIEB ritiene opportuno, sul piano sistematico, richiamare preliminarmente quanto affermato nel suo Parere del 27 dicembre 2021 in merito ai doveri che gravano sul medico e sullo sperimentatore nel quadro delle applicazioni sull’uomo della biologia e della medicina1.
In questa prospettiva assume specifica rilevanza il dovere del medico/sperimentatore di rispettare gli obblighi professionali e le regole di condotta ispirati al rigore, alla prudenza, all’onestà intellettuale e all’integrità morale non solo nell’utilizzo delle migliori conoscenze disponibili e nella trasparenza delle decisioni adottate, ma anche nella presentazione dei risultati scientifici conseguiti (art. 4 della Convenzione di Oviedo, art. 13 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 18 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).
Il rispetto di tali obblighi professionali – che si traduce prioritariamente nella dichiarazione di eventuali conflitti d’interesse del medico/sperimentatore – è peraltro indispensabile al fine di assicurare la salvaguardia di un noto principio generale: il principio del consenso informato.
Secondo tale principio infatti un intervento di natura medica e biomedica può avvenire solo quando le persone interessate siano state previamente informate dal medico/sperimentatore in merito, tra l’altro, ai rischi dell’intervento in questione, rischi di cui il medico/sperimentatore deve avere, evidentemente, specifica conoscenza (art. 7 del Patto internazionale del 1966, art. 5 della Convenzione di Oviedo, art. 5 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 6 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).
A garanzia degli obblighi richiamati sono poste alcune norme che riconoscono ai soggetti ingiustamente danneggiati da un intervento di natura medica e biomedica il diritto di ottenere l’equo risarcimento dei danni sofferti, secondo la legislazione applicabile (art. 24 della Convenzione di Oviedo, art. 8 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997). Con specifico riferimento alla legislazione italiana, è appena il caso di ricordare che la disciplina del controverso “scudo penale” certamente non esime il medico/sperimentatore dalla responsabilità di natura civile che potrebbe derivare dal contenzioso destinato a essere dischiuso dalla cosiddetta campagna vaccinale anti-Covid.
Se è vero che il rispetto degli obblighi professionali e delle regole di condotta applicabili al medico/sperimentatore è volto ad assicurare la produzione e la presentazione di evidenze scientifiche obiettive, è anche vero che ciò, a sua volta, è preliminare a una attività di informazione e di comunicazione scientifico-sanitaria trasparente ed eticamente fondata. Vengono così in evidenza, nel quadro particolarissimo costituito dall’emergenza Covid, i collegamenti ricostruibili tra i comportamenti delle due categorie professionali considerate (medico/sperimentatore e giornalista).
A questo punto occorre richiamare le norme deontologiche che l’Ordine professionale dei giornalisti italiani ha adottato sotto forma di Testo unico dei doveri del giornalista2. Secondo questo Testo, il giornalista «evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate avendo cura di segnalare i tempi necessari per ulteriori ricerche e sperimentazioni» (art. 6, lett. b).
Secondo il medesimo Testo inoltre, il giornalista «dà conto, se non v’è certezza relativamente a un argomento, delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia» (art. 6, lett. b). Il Testo unico in parola stabilisce altresì che il giornalista «controlla le informazioni ottenute per accertarne l’attendibilità», che lo stesso «non omette fatti, dichiarazioni o dettagli essenziali alla completa ricostruzione di un avvenimento» e che lo stesso, infine, «non accetta condizionamenti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione» (art. 9, lett. d).
Sulla base delle norme deontologiche richiamate, il CIEB non può fare a meno di rilevare come esse, durante la gestione dell’emergenza Covid, abbiano trovato opinabile applicazione da parte di molti attori dell’informazione e della comunicazione scientifica e sanitaria.
In quest’ottica rileva segnatamente l’art. 6, lett. b), concernente il dovere del giornalista di evitare, nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici, «sensazionalismi» in grado di «far sorgere timori … infondati», dando conto inoltre «delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia»: è infatti agevole osservare che l’architettura della comunicazione nel quadro dell’emergenza Covid è stata costruita da una parte su una buona dose di sensazionalismo e dall’altra sulla marginalizzazione delle opinioni scientifiche e politiche minoritarie o dissenzienti.
Nella medesima ottica assume specifico rilievo l’art. 9, lett. d), secondo cui il giornalista «non accetta condizionamenti per la pubblicazione … di una informazione»: occorre infatti evidenziare che il Governo italiano ha destinato «contributi straordinari» ai media che si impegnino a trasmettere «messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei loro spazi informativi»3.
Nel quadro dei contributi in questione, tra il 2020 e il 2021 sono stati stanziati, ad esempio, 70 milioni di euro in favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali. Nello stesso periodo, il finanziamento pubblico dei giornali ha subito un incremento del 120%, passando da circa 176 a circa 387 milioni di euro, parte dei quali è stata destinata anche alla risoluzione di crisi aziendali nel settore dell’editoria4.
Tenuto conto delle considerazioni premesse e al fine principale di ripristinare le condizioni di eticità e trasparenza della comunicazione scientifica e sanitaria in un momento di particolare complessità socio-politica per l’Italia, il CIEB:
- Invita la Commissione europea a verificare le condizioni per l’eventuale avvio di un’indagine volta ad accertare se e in quale misura i provvedimenti adottati dal Governo italiano in merito ai sopracitati “contributi straordinari” siano confliggenti con le norme europee in materia di concorrenza e aiuti di Stato
- Raccomanda al Governo italiano di revocare detti contributi e, per il futuro, di astenersi dal concederli, ripristinando concrete condizioni di parità concorrenziale tra i diversi attori dell’informazione e della comunicazione medico-scientifica
- Raccomanda all’Ordine dei giornalisti di avviare le indagini volte ad accertare eventuali violazioni del citato Testo unico dei doveri del giornalista, anche allo scopo di applicare, se necessario, le sanzioni previste dalle disposizioni di cui alla legge n. 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni e integrazioni, concernenti l’ordinamento della professione di giornalista.
1 – Parere sull’eticità della partecipazione del personale medico e sperimentatore alla somministrazione del vaccino anti-Covid
2 – Cfr. https://www.odg.it/testo-unico-dei-doveri-del-giornalista/24288
3 – Cfr. il Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2021, in Gazzetta Ufficiale n. 249 del 18 ottobre 2021, pag. 11.
4 – Cfr. il rapporto del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri
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