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Non è semplice fare chiarezza sul reale impatto del Covid-19 sulle nostre società. Ne abbiamo sentite e ne sentiamo circolare tante di voci, idee, teorie più o meno scientifiche o strampalate. E allora, in un momento di grande confusione, conflitto sociale, polarizzazione, i primi elementi da cui partire per un’analisi del reale sono i dati. Proviamo a spogliare le nostre menti da tutti i pensieri e le convinzioni che si sono sedimentate in noi in questi mesi e a ripartire da zero.
In molti hanno messo in dubbio le modalità con cui sono stati conteggiati i morti per Covid-19. Alcuni ritengono che siano sovrastimati, perché vengono conteggiati come decessi Covid anche persone malate di Covid, ma per le quali il Covid non sarebbe il fattore che ne ha determinato il decesso; altri sostengono il contrario, ovvero che i decessi siano sottostimati per via della difficoltà di diagnosticare la malattia in tutti i pazienti.
Come capirci qualcosa? Probabilmente il dato macroscopico più significativo per comprendere l’impatto dell’epidemia è l’andamento delle morti complessive. Vediamole.
I decessi in Italia
In Italia nel 2020 sono morte 746.146, 100.526 in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti, con un aumento complessivo del 15,6%. Tuttavia, considerando che i primi decessi di persone positive al Covid19 risalgono all’ultima settimana di febbraio, è più corretto considerare solo il periodo che va da marzo a dicembre 2020. In questo periodo si sono osservati 108.178 decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019 (21% di eccesso).
I mesi in cui la differenza è più marcata sono marzo e novembre, in corrispondenza della prima e della seconda ondata di contagi. A marzo la media del 2015-2019 era di 58.267 persone morte mentre nel 2020 ne sono morte 86.501 (+48%); a novembre la media era di 51.462 contro i 78.470 decessi del 2020 (+52%).
I numeri e le percentuali crescono ulteriormente se si vanno ad analizzare i dati relativi alle regioni più colpite, nei mesi peggiori. In Lombardia, ad esempio, i decessi durante la prima ondata sono più che raddoppiati (+111,8%) rispetto alla media dei cinque anni precedenti, mentre in Valle d’Aosta sono saliti del +63,7% durante la seconda ondata.
Complessivamente si nota una notevole differenza fra il Nord, il Centro e il Sud Italia. Nelle regioni del Nord l’incremento delle morti annuali è stato del 22% rispetto alla media dei 5 anni precedenti (337.000 circa contro 275.000), al Centro del 5% (127.000 contro 120.000), al Sud del 18% (204.000 contro 193.000).
E nel 2021? L’Istat rende disponibili i dati sino al mese di ottobre. Per cui l’unico confronto significativo che possiamo fare è per i mesi da marzo a ottobre, sia rispetto allo scorso anno che alla media dei cinque anni precedenti.
Vediamo il confronto:
- Marzo-ottobre 2015-2019 (media): 410.284 decessi
- Marzo-ottobre 2020: 474692 decessi (+15%)
- Marzo-ottobre 2021: 448742 decessi (-5% su 2020, +9% su 2015/2019)
Il 2021 sembra avere fin qui un eccesso di mortalità più contenuta rispetto all’anno precedente, ma ancora superiore rispetto alla media 2015-2019. Ma qui diventa più difficile isolare le variabili perché oltre al persistere dell’epidemia ci sono gli effetti delle politiche di contenimento e della campagna di vaccinazione.
Morti reali e morti dichiarati
I morti dichiarati per Covid19, fin qui (dicembre 2021) sono stati circa 135.000, di cui 75.891 nel 2020. Se torniamo a guardare i dati di eccesso di mortalità però, ovvero quei 108.000 morti in più nei mesi di marzo-dicembre, i conti non tornano. Di cosa sono morte quelle 33.000 persone in più, che non risultano morte per Covid?
I dati sembrano suggerire che in effetti le statistiche ufficiali stiano sottostimando le morti per Covid nel nostro paese. Anche se in questo caso è più difficile fare una correlazione diretta di questo tipo, perché ci sono altre variabili, sempre legate alla pandemia, che possono aver influenzato il dato in direzioni diverse, tipo:
- Effetti del lockdown, che hanno fatto diminuire le morti per incidenti (addirittura in alcune regioni meno colpite dalla pandemia i morti durante il periodo del lockdown sono diminuiti)
- Effetti del distanziamento sociale e delle misure di prevenzione, che hanno diminuito l’impatto di altri virus e batteri
- Effetti della sofferenza del sistema sanitario, che ha curato peggio e meno tempestivamente anche persone non affette da Covid19
- Effetti psicologici sulle persone che hanno evitato di frequentare le strutture sanitarie, riducendo le diagnosi precoci di altre malattie e aumentando i decessi.
Decessi per fasce di età, malattie pregresse e complicanze
Secondo l’Istituto superiore di sanità l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni. I più colpiti sono soprattutto gli uomini: solo nella fascia di età ≥90 anni il numero di decessi di sesso femminile è superiore a quelli di sesso maschile, ma ciò avviene perché in Italia quella fascia di popolazione è costituita per circa il 72% da donne.
Al 5 ottobre 2021 sono 1.601, dei 130.468 (1,2%), i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni, 399 (0,3%) quelli con meno di 40 anni (245 uomini e 154). Delle persone decedute, molte avevano patologie pregresse significative (3,7 altre patologie in media). Il 67,5% ne aveva almeno tre, il 18% due, l’11,5% una e il 3% nessuna. Il dato è coerente con l’età media avanzata delle persone decedute.
Per quanto riguarda le complicanze che hanno presumibilmente portato a decesso, l’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente riportata nel campione di deceduti per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (93,6%), seguita da danno renale acuto (24,9%), sovrainfezione (20,1%) e danno miocardico acuto (10,2%).
Per avere dei termini di confronto relativo, vediamo i dati relativi alle influenze stagionali. Secondo vari studi, in Italia i virus dell’influenza stagionale causano direttamente o indirettamente, in media, fra le 4.000 e le 10.000 morti ogni anno. Nei paesi dell’UE/SEE che partecipano alla rete EuroMOMO il tasso di mortalità dovuto all’influenza è arrivato a 25 decessi ogni 100.000 persone nelle stagioni influenzali 2016/2017 e 2017/2018.
Letalità
Veniamo a un aspetto piuttosto difficile da calcolare: la letalità, ovvero quante persone perdono la vita sul totale delle persone che contraggono il virus. Secondo i dati ufficiali la letalità in Italia al momento è di circa il 2,5%. Nel 2020 è stata addirittura del 3,5%, nel 2021 attorno al 2,1%. Mentre nel mondo è al momento dell’1,9%.
Va detto però che questo dato è per forza di cose parziale e imperfetto. Se abbiamo dubbi su quante persone siano morte per covid, figuriamoci su quanti lo hanno contratto. Secondo le prime meta-analisi pubblicate, basate su studi più capillari e attendibili, il tasso di letalità del Covid potrebbe aggirarsi fra lo 0,53% e lo 0,83%. Continuando il confronto con l’influenza stagionale, la letalità di quest’ultimo virus, pur molto variabile, secondo i medesimi studi, si aggira attorno allo 0,2-0,3%.
Certo è che sul tasso di letalità non influisce soltanto la gravità del virus in sé ma anche lo stato di salute dei sistemi sanitari. Premesso ciò, a cosa dobbiamo queste differenze? Per quanto riguarda la differenza fra il nostro e gli altri paesi, ci sono vari fattori che possono aver influito:
- Mancata diagnosi di diversi casi di Covid 19 nel nostro paese
- Carenze strutturali nel sistema sanitario
- Inquinamento
- Altro
Per quanto riguarda la differenza di letalità fra 2020 e 2021 in Italia i motivi potrebbero essere i seguenti:
- Effetti della campagna vaccinale
- Effetti dell’immunità di gregge naturale
- Maggiore efficienza nella diagnosi del virus (ovvero, più tamponi effettuati, quindi più casi rilevati)
Altri parametri
Il numero di morti non è comunque l’unico parametro da considerare per valutare la gravità dell’epidemia e l’impatto sui nostri sistemi sociale, sanitario e economico. Oltre alle persone che non ci sono più, vanno considerati gli effetti permanenti che il virus lascia su alcune delle persone che hanno superato la malattia. Di questi ci occuperemo prossimamente, in un altro articolo.
Qualche considerazione finale
Osservando i numeri dei morti dovuti al Covid-19, a impressionare sono le concentrazioni di decessi in archi di tempo e aree geografiche ristrette. Sorprende che un virus di per sé non fra i più pericolosi in quanto a letalità sia in grado di mettere in ginocchio le nostre società e sistemi sanitari.
L’aspetto più insidioso del Covid sembra risiedere nella sua incredibile trasmissibilità, nella capacità di infettare tantissime persone in pochissimo tempo. In questo modo, anche un rischio relativamente piccolo per il singolo (soprattutto se il singolo è in salute e relativamente giovane) si traduce in un rischio considerevole per la collettività.
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