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Genova - Matteo Toscani ha 40 anni, è nato a Milano e vive a Genova da circa dieci anni. Dall’inizio della scorsa settimana non può più salire sui mezzi pubblici, se non con un tampone. Perché non ha il green pass. Lui è un abbonato annuale e lavora, anzi lavorava, all’aeroporto Cristoforo Colombo, da cui si è volontariamente autosospeso. Cosa spinge una persona a prendere questa decisione? Lo abbiamo chiesto proprio a Matteo che ci ha raccontato la sua storia e tutte le sue perplessità.
Cosa ti spaventa di più del presente?
La colpevolizzazione delle persone comuni. Sono convinto che i residui tossici di questo periodo storico e la segregazione che ne deriverà non si cancelleranno dalla sera alla mattina, ce li porteremo avanti per decenni. Trovo che siano tantissimi gli aspetti di questa situazione che vanno ben oltre la questione sanitaria in sé. Per fortuna la maggior parte della popolazione per la maggior parte del tempo è sana e in buona salute, ma indubbiamente in tanti stanno risentendo degli effetti, soprattutto dal punto di vista economico-sociale, di questa situazione.
Sei contrario ai vaccini?
Un vaccino “normale”, classico, sono disposto a valutarlo. Ci sono persone che sono sempre state contro i vaccini; io invece ho sempre appoggiato la posizione scientifica su questo dibattito. A rendermi perplesso sono le recenti tecnologie con cui i vaccini a mRNA sono stati realizzati e di cui non si possono ancora conoscere gli effetti a lungo termine. Non si possono paragonare i vaccini attuali a quelli tradizionali, anche perché il contesto è completamente diverso.
Non ti fidi, quindi?
No, non mi fido né della tecnologia utilizzata né delle persone che propongono il vaccino.
Cosa ti lascia più sconcertato?
Ormai non è più solo questione di chi ha il vaccino o il green pass, è proprio tutta la gestione della situazione che secondo me è assurda. Adesso viene vissuta la malattia come una colpa. Ci sono malattie per cui le precauzioni del singolo sono fondamentali, ma oggettivamente ci sono mille modi per contrarre un virus che contagia per via area. Oggi però per lo Stato italiano se ti ammali è colpa tua.
Cosa ne pensi del green pass come misura?
Trovo che sia un documento che va a colpire le classi sociali, perché non è un obbligo generalizzato. Penso a chi lavora in un ristorante, ad esempio: i dipendenti devono avere il green pass, così come i clienti, ma il titolare del locale? Quando una persona assume un farmaco dovrebbe essere convinta: è normale che dei cittadini italiani si debbano sentire ricattati? Questo strumento per me esula dalla gestione dell’emergenza sanitaria, perché significa voler gestire una malattia attraverso la burocrazia.
Percepisci dell’ipocrisia?
Assolutamente sì. Vengono fatti controlli a tappeto sul green pass, con multe salatissime, nella stessa nazione dove non riusciamo a far verificare che i contratti di lavoro siano in regola. Vengono posticipati gli screening di prevenzione oncologica, moltissimi interventi sono stati rinviati anche di 6/10 mesi, ma cosa succede alla salute del singolo in tutto questo tempo? Non c’è solo il Covid. L’ipocrisia di fondo di questa vicenda ormai è indisponente. Sono saltati tutti i processi democratici, sono nate task force e cabine di regia. Mentre prima, in merito a certi provvedimenti che ricadono su tutta la popolazione, sarebbero state previste votazioni in aula, ora queste misure si decidono dalla sera alla mattina. È la degenerazione dello stato di diritto.
Perché non lavori facendo il tampone ogni due giorni?
Per me sarebbe troppo complesso e oneroso fare il tampone per poter lavorare. Ora non lavoro da un mese e mezzo perché mi sono autosospeso. Sono un turnista su una settimana lavorativa di 7 giorni e su turni di 24 ore. Il motivo è semplice: trovo sbagliato far ritrovare un cittadino a dover usare il proprio giorno libero per mettersi in coda in farmacia a fare un tampone il giorno prima di andare al lavoro. Non è corretto che venga tutto scaricato sulle spalle dei cittadini. Penso anche solo alla stampa del green pass cartaceo, che molte farmacie si rifiutano di fare.
Ora che ci sono i vaccini però non ti sembra che l’emergenza stia rientrando?
Zona rossa, zona bianca… sono sempre decisioni calate dall’alto dal Governo. Siamo entrati in questa storia quasi due anni fa, a febbraio 2020. Più passa il tempo, più ho la sensazione che dietro al Covid ci sia un notevole indotto, a partire da una serie di figure professionali che ne sono nate a corollario. E da un punto di vista politico poi secondo me la soluzione è ancora lontana.
Pensi che il green pass resterà anche in futuro?
Anche quando saremo fuori dall’emergenza sanitaria? Sì, penso che questo documento rimarrà, cambiando forma e probabilmente associandosi ad altri dati e informazioni personali. Abbiamo rinunciato a talmente tante cose in questi due anni. Il principio emergenziale nega qualsiasi diritto e blocca, al tempo stesso, qualsiasi tipo di battaglia politica e sindacale. Le contestazioni si possono fare sulla carta, ma all’atto pratico sono svuotate di valore, proprio dal contesto emergenziale. Penso poi che con il green pass non possa esserci futuro perché è impossibile ogni progettualità, in mancanza delle certezze minime di lavoro e diritto, entrambi in balia del principio emergenziale.
Perché, secondo te, le manifestazioni no green pass sono associate ai movimenti di destra?
Se le contestazioni si rendono orfane da un punto di vista politico, si rischia che vengano infiltrate e strumentalizzate. Il nostro microfono è aperto a tutti, ogni sabato, ma allo stato attuale questa protesta viene delegittimata dalla sinistra e non so come siamo arrivati a questo punto. Anzi, bisognerebbe capire se questa fobia delle regole appartenga realmente alla cultura di sinistra o meno. Molte persone che partecipano alle proteste del sabato sono totalmente trasversali da un punto di vista politico: ciò che tutti hanno in comune è la disillusione totale nei confronti della politica.
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