29 Dic 2021

Laura Cimino, la sarta digitale che realizza collezioni antispeciste, genderless e cruelty free

Scritto da: Alessia Rotolo

I vestiti che indossiamo comunicano. Sta a noi scegliere se far dire loro che siamo ricchi e alla moda oppure consapevoli e creativi. È questa la filosofia di Laura Cimino, artista, designer e accanita sperimentatrice, che attraverso un mix fra artigianato e innovazione digitale ha trovato il modo di realizzare abiti che "parlano" di lotte sociali e culturali.

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I temi della parità di genere, dell’anti specismo e del non binarismo diventano centrali tra i pattern degli abiti confezionati da una stilista che ha deciso, dopo anni all’estero, di tornare in Sicilia e aprire una sartoria digitale: lei si chiama Laura Cimino e fa passare le lotte sociali dai tessuti.

Adesso Laura spedisce i suoi capi in mezzo mondo, ma i suoi piedi sono ben ancorati sull’Isola, nella casa che fu dei nonni a Trappeto, a trenta chilometri da Palermo. Vive circondata dagli agrumi e guardando il mare e da qui fa ricerche sui tessuti e disegna i suoi capi e i suoi pattern, con questi porta avanti le sue lotte.

Classe 1980, laureata al DAMS di Bologna, ha studiato alla Scuola del fumetto di Milano e si è avvicinata al mondo della sceneggiatura convinta che la sua strada fosse la scrittura, ma dopo una grossa delusione nel cinema si è rifugiata in una sua antica passione, per la quale ha anche studiato a lungo: le illustrazioni.

laura cimino 1

Nel 2000 si trova a Berlino e comincia quasi per gioco a interessarsi alle tecniche di stampa, dall’analogica alla serigrafia, dell’upcycling al recycling, sperimentazione peculiari dell’ambiente punk e delle subculture in quel periodo. Comincia a farsi da sola i propri abiti e vendere le sue produzioni online riscuotendo sempre maggiore interesse. «Ero affascinata da questa tipologia di stampa che è il pattern – racconta –, motivo decorativo che è possibile replicare all’infinito e che mi dà la possibilità di creare una fantasia, declinabile in varie combinazioni, partendo da un’illustrazione».

Mala Strella è il nome del suo marchio, nato nel 2018, che negli anni a seguire ha riscosso sempre maggiore interesse, apprezzamento e curiosità da parte dei suoi followers. Un punto fondamentale per Laura e le sue produzioni è l’ecologia e così, dopo molte ricerche, trova un’azienda piemontese che stampa su stoffe naturali certificate che offre la possibilità di passare dal disegno a mano a quello digitale.

Questa azienda certifica che i prodotti utilizzati per il processo di stampa sono ecocompatibili, una condizione fondamentale per Laura, che si definisce ecologista e “antispecista”. L’antispecismo è il movimento filosofico, politico e culturale che si oppone allo specismo; con quest’ultimo si intende l’attribuzione di un diverso valore e status morale agli individui unicamente in base alla loro specie di appartenenza.

La collezione invernale di quest’anno si chiama Amarantus, che in greco vuol dire durevole e che non appassisce, esattamente come un capo dalle linee semplici ma non ordinarie, realizzato in tessuti di ottima qualità. «Mi andava di proporre dei capi comodi, genderless e confezionati con stoffe certificate oeko tex»,continua la sarta digitale».

laura cimino 2

«Ho fatto tantissima ricerca per trovare dei meravigliosi tessuti cruelty free ed eco compatibili. Un morbido e resistente velluto a costine per i pantaloni e le gonne. Felpa in lurex e pile di cotone sherpa per le maglie e gli accessori. Vegan leather di ottima qualità e certificazione per gli astucci e cotone e fibra di bamboo bio per i dischetti struccanti riciclabili». Le felpe e i pantapalazzo dal taglio giapponese, la gonna a portafoglio unisex e taglia unica, così se ingrassi o dimagrisci potrai sempre indossarla.

La collezione estiva puntava molto sui pattern colorati e dalla forte connotazione genderless, che continua anche nella collezione invernale «La mia ricerca sul fronte genderless prosegue, perché sono certa che ciò che da poco è successo in Senato non fermerà i cambiamenti sociali già in atto e che fra cinquant’anni non soltanto saremo noi a ridere di Pillon, ma molto probabilmente non esisteranno differenze fra i reparti maschile e femminile nei negozi di abbigliamento».

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