InTessere, la sartoria popolare per donne che ricuciono le toppe del passato
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Torino - Ci sono donne che si portano dietro un passato fatto di ostacoli e solitudine, che hanno smarrito la loro identità. Ci sono poi donne, in molti casi le stesse, che decidono di vivere la loro esistenza da donne libere. Che nonostante la vita non sia stata semplice per loro, hanno scelto di ritrovare quell’identità perduta e darsi una seconda possibilità. Oggi vi raccontiamo le loro storie, grazie a un progetto che ha creduto in loro e ha saputo rattoppare, pezzo per pezzo, gli strappi del passato.
Questa storia inizia così.
«Sanaa ha un nome bellissimo che, tradotto dall’arabo, significa “splendente” . Ha un che di speranza per onomastica, Sanaa, anche se la sua vita non è stata sempre illuminata. È arrivata in Italia dal Marocco nel 2007, unica di nove tra fratelli e sorelle a scegliere la strada della partenza dalla terra di origine. L’incontro con il Gruppo Abele avviene dieci anni dopo, nel 2017. Grazie alle operatrici della Drop House (il centro diurno), ha potuto studiare l’Italiano e trovare dei lavori sempre troppo temporanei. Suo figlio Adam, in Drop House è praticamente nato.
Anche Joy ha un nome bellissimo. Significa “gioia”. Joy ha avuto un percorso di migrazione non semplice. Il mare è stata la sua strada. Quando è arrivata in Italia dalla Nigeria, nel 2003 Joy era poco più che bambina. Aveva 18 anni e tanta voglia di voltare pagina, ma l’impatto è stato durissimo e ha dovuto fare ricorso a tutta la sua resistenza. Oggi, 18 anni dopo, Joy ha un vita piena, un compagno, due figli che sono la sua, di gioia, e una serie di sogni in sospeso.
Come Joy, Josephine è nata in Nigeria e anche lei, che di fratelli ne ha 24, ha scelto 21 anni fa di abbandonare terra, casa e famiglia alla ricerca di un luogo diverso, meno difficile, con più opportunità».
Tre donne e il sogno comune della moda
Come è emerso dalle parole del Gruppo Abele di Torino, Sanaa, Joy, Josephine sono tre donne diversissime tra loro, ma che portano con sé quel talento e quella passione che con il passare del tempo si sono trasformate nello stesso sogno: la moda. Un sogno che non ha nessuna pretesa ma che, in maniera unica, personale e intima, crede nella realizzazione professionale, facendo coincidere sogni e futuro.
D’altra parte Sanaa cuce da sempre, Joy ha creato in Italia un marchio che fonde stili africano ed europeo e che porta i nomi dei suoi figli (Frieda&Floyd) e Josephine, che in Nigeria ha frequentato un corso triennale di cucito, confeziona da tempo abiti di matrimonio per connazionali in Italia.
In-Tessere, da scuola di cucito a sartoria popolare
Così a Torino è nata In-Tessere, una scuola di cucito interamente gratuita e condotta da esperti e sarti professionisti, grazie alla quale donne provenienti da altre culture e da situazioni di fragilità si sono addentrate nei meandri del cucito e hanno frequentato moduli formativi sui temi dell’imprenditorialità al femminile, per rendere da subito le competenze acquisite professionalizzanti.
«Abbiamo immaginato un posto dove donne di ogni provenienza possano crearsi un’occasione di lavoro. Abbiamo immaginato i colori delle stoffe, le mani che muovono gli aghi, il rumore delle macchine per cucire. Abbiamo immaginato la magia antica di un tessuto grezzo che diventa un capo di abbigliamento. Unico e irripetibile. E ora questo sogno è diventato realtà e si chiama In-Tessere».
E sono proprio Sanaa, Joy e Josephine le prime tre donne che, grazie al progetto InTessere, hanno avuto la possibilità di frequentare il corso professionalizzante di sartoria condotto da Silvia Maiorana, stilista torinese, animatrice dell’associazione Cucito Condiviso e anima del marchio Gaia Lumi.
In-Tessere è stato avviato con crowdfunding nel 2019 e con il contributo della Fondazione Enrico Eandi: dopo la scuola di cucito, il progetto si è evoluto nella sartoria popolare vera e propria, un luogo in cui le nostre donne e molte altre che verranno, possono e potranno mettere in pratica gli insegnamenti acquisiti e a cui le persone del quartiere e della città potranno accedere liberamente per usufruire dei macchinari.
L’evento di inaugurazione
Sanaa, Joy e Josephine sono state anche le protagoniste di una serata-evento che si è tenuta il 3 dicembre e durante la quale è stata presentata la sartoria, che finalmente ha visto la sua inaugurazione. Durante la serata era presente il fondatore e presidente dell’associazione don Luigi Ciotti, oltre che la scrittrice Enrica Tesio, che per l’occasione ha proposto due letture sulla moda e sulle donne.
«Chi ha inventato questo progetto ha visto nel cucito una splendida metafora del lavoro sociale. Che è lavoro paziente e quotidiano di incontro e rifinitura. Un lavoro che ripara gli strappi emotivi nella vita delle persone, ma anche gli strappi nel tessuto sociale frutto di ingiustizia, povertà e paure». Con queste parole Luigi Ciotti ha simbolicamente inaugurato InTessere, la sartoria popolare all’interno della Drop House, il centro diurno di Barriera di Milano per donne in condizioni di vulnerabilità.
Così In-Tessere dimostra di essere molto più che una sartoria. È lavoro: una sartoria popolare per donne vulnerabili. È relazione: tra culture, provenienze, religioni e linguaggi diversi. È casa: come il centro diurno del Gruppo Abele in cui ha sede, ovvero una porta aperta sulla strada che ospita donne che vivono un momento difficile della propria vita. È infine uno spazio di libertà: pensato per dare dignità a un quartiere vivace e multietnico all’insegna dell’accoglienza.
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