30 Dic 2021

Ecco le testimonianze di chi rischia tutto per la giustizia climatica

Scritto da: Daniela Bartolini

La campagna "Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA!" di Extinction Rebellion ha portato attiviste e attivisti nelle strade di Roma. Attraverso azioni di resistenza non violenta chiedono che il governo agisca per contrastare l'emergenza climatica. Li abbiamo incontrati per conoscere le motivazioni, gli obiettivi e l'esperienza di chi sceglie di mettersi in gioco in prima persona.

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Dal 6 al 18 dicembre un gruppo di attivisti e attiviste di Extinction Rebellion si è trovato a Roma per realizzare quotidiani blocchi stradali come azione non violenta per attirare l’attenzione del governo sulla crisi climatica ed ecologica. 

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Si tratta della campagna a oltranza “Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA!” (di cui vi abbiamo già parlato qui) che chiede al Governo italiano di istituire entro il 2022 un’Assemblea di Cittadini/e nazionale deliberativa sulla giustizia climatica ed ecologica e, nell’immediato, un incontro per dibattere apertamente sul futuro dell’Italia e sulla necessità della partecipazione diretta della cittadinanza nella gestione dell’emergenza climatica e degli ecosistemi.

Ma che cosa porta una persona a scegliere di diventare un “disobbediente civile”, a mettersi in gioco fisicamente e a rischiare in prima persona importanti sanzioni civili e penali? 

Abbiamo incontrato Laura, Davide e Daniele, rispettivamente 26, 22 e 55 anni.

«È stato difficile per me prendere questa decisione, non l’ho maturata facilmente, ma un passo alla volta – ci racconta Davide, studente di Astronomia all’Università di Padova – Mi sono sentito chiamato a fare questa cosa da dentro, ho sentito “il mio posto è lì”. È stato uno slancio emotivo all’inizio. Nell’ultimo anno ho conosciuto molte persone, partecipato alla PreCop con Extinction Rebellion, tutto questo mi ha portato a cambiare la mia giornata: non riuscivo più a dividerla in studio, svago, attivismo, attenzione ai problemi sociali, ma mi interrogavo sul perché studiavo, cos’era più importante. Mi sono reso conto che non riuscivo a concentrarmi, a farlo come l’avevo sempre fatto. Dovevo decidere se studiare quello che mi piaceva e basta o se c’era un ordine di priorità diverso. Ho sentito che la mia priorità è esprimere tutto me stesso per le cose che mi stanno più a cuore: la pace e la serenità tra le persone, la ricchezza della vita e della natura, la bellezza della vita che stiamo distruggendo».

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Laura arriva da Trieste, ci racconta di aver avuto sin da piccola importanti problemi di salute e che da questa esperienza ha imparato che il qui e ora è il momento più importante. «Ho la sensazione che viviamo in una cultura che è immersa nel passato e nel futuro e si sofferma poco sul momento presente. La motivazione che mi spinge a mettere il mio corpo per strada è provare a garantire che continuino ad esserci dei momenti in cui la vita si esplica. Per me sapere che ogni giorno centinaia di specie si estinguono a causa del riscaldamento globale, è un lutto. Sento una chiamata, una vocazione, sento che formare una barriera umana che ferma per un attimo il tempo e lo spazio dell’affannarsi quotidiano mettendo in luce l’emergenza climatica che viviamo, può portare a riflettere e a notare le responsabilità che abbiamo come essere umani». 

Daniele ha viaggiato da Milano con sua figlia per partecipare  alla campagna “Ultima Generazione”, da due anni fa parte di XR. «Mi sono schierato dalla parte di persone che vogliono adottare azioni dirette non violente, la disobbedienza civile, per ribellarsi all’inazione dei governi, che non stanno prendendo provvedimenti seri riguardo alla questione ambientale, climatica ed ecologica. Le cose stanno continuando a peggiorare a livello sistemico, è urgente intervenire e partecipare a delle azioni che possano richiamare l’attenzione e dare fastidio. Sicuramente nella decisione di partecipare a questa campagna c’è anche un malessere esistenziale che si riflette nella mia vita: non vedere prospettive di un futuro degno per come lo considero io, di avere possibilità di una vita serena, decente, anche per le mie figlie. La gravità della situazione mi spinge ad agire perché non ho molte cose da perdere.

Siamo ipnotizzati da un sistema di vita sempre peggiore, che ci sfrutta e ci costringe ad accettare condizioni di schiavitù e violenza sempre più forti. Molte persone forse si rendono conto ma non sanno come reagire a queste costrizioni o non hanno la forza. Ci sono tanti fattori che fanno in modo che la situazioni non si sblocchi e spero che magari in questo modo le persone possano vedere che ci sono delle possibilità di ribellione, di non collaborazione con il sistema politico ed economico che ci sta portando al collasso e a ci ha portato ad una crisi sociale profonda. In questo senso vedo le nostre azioni, oltre che come un’opportunità per raggiungere l’attenzione del governo, anche come un tentativo di scossa positiva per le persone».

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Eppure, nei dodici giorni di azioni lungo le principali arterie romane, la reazione delle persone è stata a volte intensa, violenta anche. 

«Il primo giorno è andato molto bene, le persone erano arrabbiate e preoccupate ma siamo riusciti ad entrare in empatia, a dialogare. Grazie alle figure di peace keeping che ci accompagno nelle azioni e vanno a parlare con gli automobilisti, siamo riusciti a raccontare le nostre motivazioni e mi sono sentita compresa. Hanno capito cosa facevamo – ci racconta Laura. – Prima di fare un blocco stradale provo ad immaginare le situazioni in cui le persone possono trovarsi nell’essere fermate nel viaggio per raggiungere un luogo. Mi immedesimo, mi aiuta a pensare che sto creando un effettivo disagio alle persone e questo non mi fa essere indifferente. Ci tengo a dire che come movimento, in tutto il mondo, prima di iniziare un blocco, mezz’ora prima, chiamiamo tutti gli ospedali della zona e il 118 affinché le ambulanze prendano altre vie; se invece sono già sul percorso ci alziamo per farle passare. Siamo in strada per evitare milioni di morti, chiaramente evitiamo di provocarne oggi. La sacralità della vita è al primo posto, nell’ottica di alleviare la sofferenza questa è la priorità assoluta.

Poi è andata diversamente, siamo stati spostati fisicamente, sono stata anche lanciata fuori dal guardrail». 

«Nella maggior parte dei casi le persone si sentono toccate, limitate nella loro libertà – prosegue Daniele – È il tipo di azione polarizzante dove si va un pò nel fuoco, ma quella che emerge è una violenza che c’è già. Se una persona in coda deve andare ad una visita in ospedale che ha prenotato da 4 mesi, e che così perderà, è vero che gli sto creando un problema. Ma ce n’è uno più grave perché c’è un sistema che ti permette di prenotare una visita dopo 4 mesi e se quel giorno ci sono dei problemi la perdi e devi aspettare altri 4 mesi. Il conflitto non l’ho creato io, è il sistema che funziona in questo modo, nel momento in cui c’è un incidente che ti impedisce di svolgere le tue attività va tutto in tilt. La reazione immediata è di prendersela con me, quello che spero è che in un secondo momento, se la persona riesce a riflettere su quello che è successo, possa arrivare a ragionare in modo più lucido e comprendere». 

«Il nostro target non sono i cittadini che stanno andando a lavoro – precisa Laura – Il nostro target è il Governo con cui vogliamo dibattere apertamente sul futuro e sul dovere morale dello stato di proteggere i propri cittadini. Bloccare una strada è un modo che a livello storico si è dimostrato funzionale. La maggior parte delle resistenze civili non violente ha bloccato strade nel corso della storia e ha sempre funzionato, se l’azione è portata avanti con strategia e con obiettivi chiari e definiti». 

«Molti ci dicono: “perché non andate in centro, in piazza, noi vi appoggiamo siamo d’accordo con voi, perché ci date fastidio?”. Sono decenni che si manifesta, ma non funziona, le cose vanno avanti come sempre ma siamo in un’urgenza assoluta. Lo scienziato Sir David King dice che i prossimi tre-quattro anni determineranno il futuro dell’umanità. Bloccare le strade con il proprio corpo è qualcosa che possiamo fare tutti e un modo diretto e semplice per creare attenzione. Nel momento in cui metti il tuo corpo in una situazione di pericolo le persone empatizzano, anche se non sono d’accordo con i metodi, possono riconoscere una certa dose di coraggio in quello che facciamo e fermarsi a riflettere. Con questi gesti vogliamo portare il tema all’interno dell’opinione pubblica che dia peso e potere contrattuale che è quello di cui abbiamo bisogno per portare avanti la nostra istanza». 

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«Martin Luther King faceva azioni impopolari – ci ricorda Daniele -, è anche lui lo era all’inizio. Noi chiediamo un’assemblea nazionale urgente per il clima entro il 2022, è una richiesta concreta, ma anche difficile da soddisfare perché ci vuole un percorso istituzionale rapido che non è previsto. Le assemblee dei cittadini e delle cittadine sono uno strumento sconosciuto al 99% delle persone, per questo è importante una mobilitazione che coinvolga più fattori».

Accanto ai blocchi stradali, che riprenderanno a febbraio, XR organizza ogni domenica alle 21 un incontro zoom per conoscere e diventare parte di questa campagna di resistenza civile. XR sta inoltre collaborando con realtà che perseguono i medesimi fini, come la rete Politici per Caso che sta intraprendendo la via istituzionale della proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione delle Assemblee dei cittadini per il coinvolgimento diretto nella deliberazione su temi di interesse pubblico e generale e Giudizio Universale che sta portando avanti la causa allo stato italiano per inadempienza nei confronti della crisi climatica.

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