Davide, il “custode del suolo” che ha reinventato la sua vita con l’agricoltura bio-intensiva
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Cuneo - Quando abbiamo la fortuna di trascorrere l’infanzia in natura, circondati da animali e da piante che diventano i nostri insegnanti di vita, ci possiamo portare dietro per sempre quella magia che avevamo negli occhi quando eravamo più piccoli. Perché anche se la strada ci porterà lontano, all’interno di una fabbrica o tra i palazzi di una città, il legame con la Madre Terra è parte indissolubile di noi e talvolta il suo richiamo è così forte che niente e nessuno potrà fermarci dal ricongiungerci con lei.
Oggi vi raccontiamo la storia di Davide Provenzano, giovane contadino che vive a Rossana, in provincia di Cuneo e che quella magia la porta ancora nel cuore. Lui è uno dei custodi del suolo, un gruppo variegato di agricoltori, sognatori, visionari e rivoluzionari che in Val Varaita stanno creando una rete diffusa che si scambia saperi e conoscenze per prendersi cura della terra e proporre un nuovo modello di agricoltura.
Dalla fabbrica ai campi: cambiare vita per cambiare il mondo
Cinque anni fa Davide ha iniziato a coltivare un piccolo orto, facendolo diventare ogni anno sempre più grande. «Quella per l’agricoltura è una passione che si è risvegliata dopo anni, grazie ai ricordi con i miei nonni che custodisco dall’infanzia. Trascorrevo molto tempo all’aria aperta, nei pressi dell’orto di famiglia e in compagnia degli animali», racconta. Durante l’adolescenza Davide si è allontanato da questo mondo, che è rimasto una memoria di tempi lontani.
Dopo essersi iscritto a una scuola tecnica e aver lavorato come operaio, aver svolto lavori da ufficio come il disegnatore e l’informatico, ha deciso di lasciare tutto per ritornare alla terra che tanto gli aveva dato quando era più piccolo. Ha preso in mano dei libri pieni di nozioni, poi una zappa e nel campo ha iniziato a formarsi come autodidatta.
«Possiamo dire che buona parte della mia carriera l’ho passata in fabbrica. Di tutte queste esperienze mi sono presto reso conto che mi mancava la parte che forse per me è la più importante, ovvero l’idea di sentirmi utile nel creare il mondo che vorrei. Parlo di quella consapevolezza di poter dare il mio contributo in prima persona perché, in fondo, penso che sia la maniera più diretta per attuare il cambiamento».
Partire dalla terra
Così il nostro giovane contadino si è rimboccato le maniche e ha iniziato con un piccolo appezzamento di terra di circa 2500 metri quadrati. Anno dopo anno il suo piccolo campo è diventato sempre più grande, insieme alla passione che andava riscoprendo. Così ha dato vita alla sua azienda agricola, che ha chiamato Humus: «Quest’anno ho deciso che questo sarebbe diventato il mio lavoro perché è di agricoltura che voglio vivere. Per iniziare, ho messo su una piccola rete di amici e conoscenti a cui vendere direttamente le mie verdure e hanno aderito una ventina di famiglie».
Possiamo definire il progetto una sorta di Csa: Davide prepara ogni settimana una cassetta di verdure miste che consegna in valle. Dentro si possono trovare ortaggi, dai più comuni ai meno conosciuti come la pastinaca, il crescione, il pak choi o il pe-tsai, due cavoli cinesi. «Sono molto contento perché la gente ha risposto bene al mio progetto, vedo un’apertura sempre maggiore verso un’alimentazione più sana, etica e sostenibile, dove gli alimenti non viaggiano per migliaia di chilometri prima di finire sulla nostra tavola».
Il market gardening
Davide si prende cura di un orto a Rossana e di uno di maggiori dimensioni a Piasco. «Nella coltivazione mi ispiro a un metodo molto utilizzato negli Stati Uniti e in Canada che si chiama Market Gardening». Possiamo tradurre il termine come “agricoltura biointensiva”, una metodologia ben strutturata di organizzazione e pianificazione dei lavori e delle raccolte in un orto su piccola scala». Come ci viene raccontato, si tratta di una tecnica di coltivazione utile soprattutto alle piccole realtà rurali in via di sviluppo, in virtù della sua capacità di garantire un’autosufficienza alimentare che limita la sovraproduzione e lo spreco.
«Gli ortaggi vengono coltivati in maniera fitta e questo fa sì che, utilizzando attrezzi manuali, si creino spaziature a misura d’uomo e non a misura di macchina. Questo permette di sfruttare al meglio gli spazi e non c’è bisogno di avere un terreno grandi dimensioni. Inoltre, i letti di semina hanno le stesse dimensioni, così come i tubi per l’irrigazione o i teli da pacciamatura. In questo modo è possibile calcolare dalle fasi iniziali la resa di un bancale in termini di verdura coltivata: a inizio anno, in base al numero di clienti, so di quanto spazio ho bisogno, quanto devo seminare o trapiantare e posso risparmiare tempo grazie a una standardizzazione e a una efficiente pianificazione del calendario».
Cosa significa essere un custode del suolo
«Devo fare un ringraziamento enorme a mio padre, che mi dà una grande mano. Lui non ha mai lavorato in agricoltura, per questo impara da me e io allo stesso tempo apprendo la sua manualità». Possiamo dire che la storia di Davide è il risultato di un continuo dare e ricevere all’interno della famiglia, uno scambio di conoscenza, passione e ispirazione che, tra le diverse generazioni, crea un ponte tra passato, presente e futuro.
Grazie al coraggio di partire da zero e al sostegno della famiglia, il sogno di Davide – che corrisponde al sogno di molti giovani della valle – dà corpo a un percorso di creazione di una comunità in Val Varaita che si riappropri di un’agricoltura naturale e di «promuovere una sovranità alimentare che combatte la logica dei supermercati e avvicina le persone».
«Mi sento un custode del suolo perché penso che l’obiettivo principale del progetto – ma anche uno degli obiettivi principali di noi agricoltori e cittadini consapevoli – sia essere consapevoli che il suolo ci dà da mangiare e da vivere. Tutto nasce da li: per questo ho deciso di chiamare la mia azienda “Humus”, perché l’humus è il motore della fertilità del suolo e da questo nasce la vita. Un custode del suolo protegge questa terra fragile e vulnerabile che troppo spesso diamo per scontata».
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