Alessandra e la sclerosi multipla: “Andate avanti con le vostre gambe, anche se non funzionano più!”
Seguici su:
Quando incontro Alessandra è in sella a una bicicletta elettrica, sua fedele amica e cavallo di grandi e piccole battaglie, sfide quotidiane che la vita ci mette davanti, passo dopo passo. Ma per alcuni passeggiare non è sempre così semplice. «La mia buca, quella in cui ogni volta mi ritrovo e da cui devo uscire si chiama sclerosi», racconta. «Ci ho messo cinque anni per nominarla agli altri, diciassette per dirlo ai miei figli e venti per pensare di far parte di questa popolazione. Ora ci sono dentro e lotto!».
Alessandra usa un sistema molto semplice ogni volta che deve prendere una decisione: «Chiudo gli occhi e mi ascolto. Non solo la mia mente che vorrebbe essere efficiente così come lo era prima, ma anche il mio stomaco e la mia anima che sanno cosa serve ad Alessandra in quel momento». Ed ecco che diviene facile la scelta.
Certo, lo racconta ora, dopo 22 anni di malattia. Ora che i suoi figli sono grandi e ha un marito accanto che la ama e l’assiste. Lei però ha anche imparato a non salire su una sedia per prendere una cosa in alto, rischiando di cadere rovinosamente: «Chiedo aiuto se non riesco o rimando a un altro momento».
Alessandra amava i viaggi, ma da quando non può più farli come prima si gode i bei ricordi e vive il presente. Pratica il Qi Gong, che l’aiuta molto nella gestione del suo fisico e della sua mente galoppante facendo circolare le energie come il corpo richiede. Canta anche da solista, ma ora si gode il coro, meno impegnativo. Ama andare in bicicletta e «poi come la Sagrada Famiglia, sono sempre con le impalcature montate».
Ecco, questo è la trama del racconto di come una donna affetta da sclerosi multipla non sclera, al contrario vive la sua malattia come una rinascita, mostra agli altri come godere del presente e di tutte le meravigliose opportunità che, ogni giorno, la vita ci mette davanti.
Chi eri? Che cosa facevi?
Al momento del primo episodio della malattia ero una fisioterapista amante del suo lavoro con due bambini di 6 e 5 anni. Ero innamorata della vita e dei figli, conscia con mio marito di passare i momenti più felici della nostra vita. Lavoravo 9 mesi l’anno, prevalentemente al mattino per cercare di conciliare lavoro e presenza con i bambini, alternandomi con il padre nelle attività con loro. Cercavo anche di tenere un po’ di spazio per qualche interesse personale come il canto corale con un repertorio diverso da quello che cantavo con mio marito. La musica è sempre stata molto presente nella nostra casa. Amavo viaggiare e ogni anno cercavo di portare la mia famiglia in qualche bel posto sconosciuto e apprezzato da tutti noi. Amavamo tutti il mare e sciare in inverno, la natura i panorami e le città diverse e la vita.
Cosa successe…?
Ero in piedi vicino a un paziente alle parallele nella palestra del reparto di riabilitazione dove lavoravo. Improvvisamente ho sentito un forte formicolio dal seno in giù. La sensazione era forte, come quando ti si addormenta un arto. Inoltre non sentivo il caldo e il freddo; un medico mi sconsigliò di fare bagni caldi perché avrei potuto scottarmi. Incredibile, oltre il danno, la beffa: amavo rilassarmi in acqua molto calda, ma non era necessario vietarmelo, magari consigliare l’uso di un termometro.
In questa condizione sono rimasta cinque anni. Le indagini per fare la diagnosi sono state molto spiacevoli, intervallate da frasi come “è sicura di sentire questo formicolio?”. Poi la prima volta che ho sentito il nome della malattia fu quando, ricoverata in ospedale per le prime indagini, il primario disse ai suoi – ignaro che per la mia professione potevo capirlo – “secondo me è un SM”.
Com’è cambiato il tuo stato d’animo in quel momento?
Non so se in un altro modo sarebbe stato meglio, ma certamente non è stato facile. Evviva la plasticità del sistema nervoso centrale, che lentamente ha ristabilito i circuiti interrotti, permettendomi di riprendere a correre perché sentivo la sabbia scottare e che mi consente di restaurare in parte le mie funzioni a ogni episodio di aggravamento. Purtroppo mai a superarle senza esiti e questo è il motivo della incertezza legata alla malattia. Grazie all’esercizio terapeutico, alla disponibilità economica e la mia perseveranza mi restauro abbastanza a ogni episodio di aggravamento. L’accesso alle cure riabilitative pubbliche adatte è negato. Nel momento in cui è successo l’episodio in palestra ho pensato a un’ernia del disco. Non potevo immaginare il tunnel in cui stavo per entrare.
Dopo il momento della tua “caduta” psicologica, fisica, spirituale quali scelte hai compiuto e quale impatto o conseguenze hanno avuto su di te?
Mi è stato utile: ho smesso nel 2007 di lavorare sui pazienti e all’inizio è stata una liberazione. Non mi ero resa conto che ero piena di dolore. Il dolore di tutti, anche di mio padre che non stava già bene a cui ho potuto dedicare le attenzioni che meritava. Poi mi è cominciata a mancare quella bella relazione di fiducia che avevo con i pazienti. Sono rimasta fisioterapista nell’anima, insegno le meraviglie della nostra professione dal 2002 all’Università e mi nutro della soddisfazione che deriva dai miei ex studenti validissimi e dai bei feedback dei loro pazienti. Senza il sostegno dei miei angeli psicologi tutto questo sarebbe stato impossibile.
Quel “momento” lo puoi intendere come una svolta? È stato il punto più basso o più alto nel tuo percorso? Ti ha reindirizzato, illuminato la strada o ha bloccato la tua vita?
È stata assolutamente una svolta. L’esordio mi ha indotto a cambiare molto della mia vita e la malattia lo fa tuttora. Orienta le mie scelte, la realizzazione dei miei progetti, oppure trasforma i sogni mandandoli a caccia dei ricordi di belle avventure fatte in passato. Per fortuna tante. La diagnosi è una brutta botta, soprattutto per chi come me non può negare o rimuovere granché, perché conosce tutto della malattia. E allora ti chiedi che fine farai e lo fai tutti i giorni quando pensi al futuro. La comunicazione della diagnosi non è facile da ricevere, poi viene voglia di nasconderla al mondo e quando tu sei pronta puoi trovare gli altri che non lo sono o quelli che ti dicono che anche loro sono tanto stanchi.
Cosa è cambiato dopo aver attraversato questo processo? C’è stato un cambio di prospettive? Hai lasciato andare vecchi ruoli o credenze e assunto nuovi approcci o comportamenti?
Se devo essere sincera, fino al lockdown – che è stata una strana sospensione delle vite di tutti noi – avevo la smania di fare, progettare, incastrare, vivere intensamente: forse la paura del futuro mi condizionava. E poi le mie radici da zingara: ho vissuto per cinque anni in quattro città diverse fino al 1976, quando a 14 anni siamo arrivati a Roma e così ogni volta cambiavo il mio accento. Dal fiorentino al catanese, al palermitano e poi al romano. Grazie a questo, anche oggi che non viaggio quasi più ho degli splendidi ricordi che mi accompagnano nei miei lunghi momenti da sola. Recentemente ho imparato a pensare al presente e a usare il sistema binario – on/off – per dirigere i miei passi. Ho imparato a capire cosa mi piace veramente ascoltando la mia pancia, che dialoga con il mio cervello. Lui da solo mi faceva proseguire nella smania del fare oppure scegliere ciò che piaceva agli altri senza sapere cosa piacesse a me.
La pancia ti permette, se la ascolti, di stare e di godere il mitico momento.
Cosa pensi oggi di tutto quanto è successo?
Ho avuto una vita ricca, intervallata da cinque pit-stop, le poussée del 1999, 2011, 2017, 2019, 2021, che sono state la dannazione mia e sicuramente un disagio per i miei. Se oggi mi trovano attiva non sanno quanto lo sarei stata da sana. E chi mi avrebbe fermato?
Penso che la vita ti metta davanti a prove difficilissime. Provo a fare una mia classifica personale: la prima certamente è la morte di un figlio, sopravvivergli non è naturale e per fortuna non l’ho provata. Poi ecco, una brutta malattia è una bella prova e certo anche lì c’è di peggio, per esempio rimanere inerme in un letto per un danno midollare è terribile.
Vorrei avere una palla di vetro su cui vedere il futuro: se la sclerosi multipla mi avrà solo ostacolato nella massima espressione della mia vita, forse potrò ritenermi soddisfatta di aver avuto occasioni di crescita e di adattamento; se farò una brutta fine – quella che appunto ti limita totalmente, ti leva la dignità e l’autonomia a cui tengo così tanto – so che cercherei soluzioni dall’Associazione Luca Coscioni. D’altronde ho già depositato anni fa due testamenti biologici. La libera scelta è sempre stato uno dei miei cavalli di battaglia.
Cosa consiglieresti alle Moderne Persefone?
Certo questa domanda ha un gran senso se mi viene posta ora che ho trascorso quasi 60 anni di cui 22 in sua compagnia e posso dire di avere spesso un atteggiamento positivo, quindi vi dico che quando non ci riuscite pensate che passerà: panta rei, tutto scorre, la vita scorre. Aspettate un altro giro di giostra – per parafrasare il mitico Tiziano Terzani – e vedrete che con il succedersi degli eventi qualcosa di bello esce fuori. Non chiudetevi guardando solo indietro, godete il presente andando a caccia di quello che c’è sempre di bello nel presente e sperate in un futuro discreto. Ad alzare il tiro c’è sempre tempo.
Certo, oggi rispondo così perché sto uscendo dalla buca: non fatemi questa domanda quando ci sto ancora dentro. Tornando a voi, coltivate i vostri interessi, passioni e quello che sapete vi serve per rimanere a galla. Non fatevi schiacciare e quando vi sembra che accada respirate, fate spazio tra le vostre cellule. Anche questo è un flusso, fonte di energia: non è statico, fermo immobile, è periodico come un’onda. La medicina cinese dice che bisogna lavorare per rimuovere i blocchi energetici. Il modello dello scorrevolezza funziona. Frequentate persone che vi fanno bene all’umore, alla salute e ignorate le altre che vi succhiano le energie.
Quali sono le tue passioni?
La natura, il mare, la montagna, i figli, i bambini, i film, il mio compagno da 39 anni e ci stiamo ancora provando a farla funzionare, poi si vedrà. La bella musica: prima da solista e coro, ora solo coro, meno stancante e di responsabilità. Il Tai Chi prima e il Qi gong poi, più riposante ed efficace; con quello mi levo i dolori e dormo. Anche se non posso parlare di passione, la psicoterapia ha avuto il suo bel ruolo di sostegno: ve la consiglio proprio! È strumento di conoscenza di sé, di consapevolezza utile al raggiungimento di una serenità interiore e rapporti umani più sani.
Chi ti dà la voglia di continuare questo viaggio?
I nipoti e la speranza di abbracciarli – magari da seduta –, di giocarci e di riderci insieme.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento