L’abete rosso sacrificato per il Natale del Vaticano sta morendo ma “parla” ancora
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Roma, Lazio - Dal 2012 mi occupo a tempo pieno di esseri umani e vegetali: sono “specialista giardiniere”, progettista di giardini, reporter etnobotanico e regista di una ricerca Etnobotanica, proprio sulle relazioni complesse che intercorrono tra uomini, donne e piante.
Lo scorso sabato ho voluto dar “voce” all’abete rosso di 113 anni sacrificato dal Vaticano con un pizzico di intraprendenza, ma soprattutto usando una tecnica che ben conosco, in virtù delle decine di eventi a cui ho dato vita in tutta Italia con la “Musica delle Piante”. Negli anni ho avuto la fortuna di incontrare centinaia di persone a cui ho spiegato come funzionano i due strumenti che ho con me (su 4 prototipi diffusi nel mondo).
Nessuna magia: applicando due semplici elettrodi, il principio scientifico che regola il tutto sta nella differenza di potenziale tra una foglia e l’altra oppure tra una foglia e la radice. Questa semplice tecnologia però non rende affatto “banale” l’esperimento.
Ho sempre creduto che il criterio di indagine da usare con la musica delle piante dovesse rimanere al centro: non sono io o chiunque altro ad avere “una traduzione esatta” di quel che si ascolta, ma è solo una pluralità a poterlo fare.
Un gruppo di persone che di volta in volta può osservare i fenomeni contemporaneamente, potrà partorire soggettivamente molteplici “interpretazioni” in virtù della propria esclusiva esperienza sensibile. Ne nasceranno delle vere e proprie ipotesi, che saranno tanto più convincenti per il gruppo, tanto quanto chi le partorisce sarà in possesso di conoscenze tecniche botaniche specifiche (ognuna delle quali parimenti valide) oppure di una grande empatia.
In un epoca in cui la spiritualità è stata svilita fino al punto di rendere l’uomo cieco, davanti al sacrificio di un albero maestoso da parte della più grande organizzazione religiosa mondiale che ogni anno si rende protagonista di un gesto simbolico di “supremazia assoluta” sulla Natura – un abete di 113 anni, l’anno prossimo l’albero più alto d’Italia?! –, mi è sembrato doveroso mettere in luce “la presenza viva e vitale”, nonostante il danno subito, di questa pianta che avrebbe potuto crescere fino a 600 anni.
Continuiamo a diffondere questo video! Mi auguro che, come successo sinora, il video permetta a molte persone di riflettere sulla società, sugli alberi, ma soprattutto su sé stessi e sulla propria sensibilità… perché è sempre il lavoro più difficile ed importante quando si osserva e si studia la complessità delle relazioni tra esseri viventi.
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