10 Nov 2021

Piacentini di FederTrek: “Non temo il vaccino, ma il fascismo del pensiero”

Scritto da: Paolo Piacentini

La polarizzazione del dibattito sul green pass spaventa. Non solo perché espone un importante tema relativo alla salute collettiva alla strumentalizzazione, ma anche perché mina quella "biodiversità di pensiero" che dovrebbe caratterizzare una società in salute. Al fine di favorire tale biodiversità e stimolare un dibattito aperto e costruttivo, diamo voce alle riflessioni di Paolo Piacentini, presidente di FederTrek.

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Basterebbe avere un pizzico di coraggio. Molti a livello personale, sono usciti dal buio del pensiero unico e hanno sostenuto un documento ecologista e nonviolento che non è contro il vaccino, bensì critica in modo aspro lo strumento politico del green pass, provando ad andare oltre la preoccupante polarizzazione del momento.

Non si chiedeva al cosiddetto mondo progressista, democratico, ecologista e di sinistra di condividere quell’analisi, ma di apprezzarne quanto meno le preoccupazioni e lo sforzo per ricacciare fuori dalla storia complottisti di ogni sorta, fanatici e infiltrati. No, nemmeno un accenno di solidarietà per lo sforzo di ragionare, di distinguere le battaglie; solo denigrazioni ed offese.

Nulla di nulla. Bastava limitarsi a dire: effettivamente se il green pass crea discriminazioni nel mondo del lavoro non possiamo non criticarlo. Oppure: se il green pass penalizza quel pezzo di mondo – pur fortemente minoritario – fatto di persone che durante il primo duro lockdown hanno lavorato a mani nude e senza vaccino, forse dovremmo rivedere un’applicazione così rigida.

vaccino piacentini
Foto di Gianni Catani

D’altra parte se in tutti i Paesi occidentali non ha avuto un’applicazione così generalizzata del certificato verde nel mondo del lavoro, perché da noi dovrebbe essere visto come il bene assoluto non criticabile? Invece no, nemmeno il minimo livello di solidarietà democratica verso persone che condividono da sempre le stesse battaglie e che erano anche in piazza contro il G20. Niente da fare, la parola d’ordine è stata “ora si fa così e basta”.

Si è generato un tabù assoluto, fino a deridere chi da decenni pratica scelte di vita coerenti con quello che dovrebbe essere l’altro mondo possibile che sta dentro le parole d’ordine dei movimenti che partono da Porto Alegre e hanno attraversato Genova.

Quei movimenti che, in parte, oggi hanno messo in piedi l’esperienza molto importante, a me molto cara della “Società della Cura”, che vedono come protagoniste/i persone meravigliose costrette, ad oggi, ad apprezzare il nostro documento eco-pacifista e nonviolento solo a livello personale per non toccare alcune suscettibilità o attacchi scomposti sui social.

Una società è in salute se sa accogliere la biodiversità del pensiero usando come unica discriminante quella della condanna dei fascismi declinati a tutto tondo: esiste un fascismo organizzato e uno del pensiero che va oltre le categorie classiche.

Ormai siamo oltre una possibilità di comprensione politica di questa polarizzazione che condiziona anche i rapporti che sembravano più profondi e inossidabili. C’è una necessità che prescinde questa drammatica fase storica: bisogna provare a guardare oltre, a scrutare nuovi orizzonti di possibili dialoghi che mettano al centro la salute come nuovo paradigma. La salute delle persone, delle comunità e del territorio al centro di una rifondazione dell’agire culturale e politico.

Sono sempre più convinto che la pandemia abbia contribuito a non cambiare nulla in meglio, vane sono state le speranze. Una cosa però, tra le tante, credo sia accaduta ed essa potrebbe essere alla base della rifondazione culturale e politica della società: c’è stato un rimescolamento delle appartenenze che è propedeutico alla dimensione politica. Sono caduti dei veli che hanno messo a nudo sensibilità diverse nella sfera privata e pubblica.

green pass obbligatorio

Non voglio in questo breve spazio di riflessione indicare una scala di valori rispetto alle diverse sensibilità scaturite dal “terremoto” pandemico, ma constatare che tale rimescolamento può essere una nuova sorgente per un confronto basato sull’ascolto reciproco. L’ascolto, questa parola tanta enfatizzata da tutti che però, oggi più che mai, sembra relegata solo negli spazi angusti di una polarizzazione disumanizzante.

Il dialogo profondo, l’ascolto sincero e senza pregiudizi, è quello che più mi sta a cuore in questa fase storica ed è così anche per tutti i firmatari di un documento profondamente laico che vuole guardare a una vera rigenerazione condivisa.

Ringrazio il direttore di Terra Nuova che, oltre a pubblicare l’appello, ci ha suggerito un esperimento molto interessante di dialogo profondo che proveremo a mettere in campo in un prossimo incontro, come sento di ricambiare con un grande abbraccio tutte le testate democratiche hanno colto in pieno lo spirito del nostro documento: comune-info, Italia Che Cambia e tanti altri.

Potreste fare ancora in tempo a leggerlo laicamente e ve ne saremo grati. Non si chiede una condivisione dei contenuti, ma di comprendere lo sforzo sincero di provare a ritessere un dialogo che sarà fondamentale nella fase post pandemica. Un confronto che va riaperto ora.

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