La contadina Paola Granata, nel cuore della Sila per mantenere e innovare
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Cosenza - Quella di Paola Granata è una storia legata alla terra, alla Calabria e alle donne. Paola Granata è proprietaria, assieme al fratello e la nipote, dell’azienda agricola di famiglia, che si trova a Spezzano Sila – sui monti della Sila cosentina a 1200 metri – ed è impegnata in prima linea come donna che lavora nel mondo dell’agricoltura e che si impegna assieme ad altre donne.
Gestisce l’azienda dal 2003, anche se ha sempre avuto una vita legata alla campagna: «Quando eravamo piccoli venivamo qui alcuni mesi l’anno. Era un posto difficile, isolato, ma lo ricordo in modo positivo: eravamo liberi, andavamo in giro, giocavamo con la natura, guardavamo le stelle».
Adesso l’azienda è la vita quotidiana di Paola e di suo fratello, anche se non è rimasta la stessa di tanti anni fa: «Qui cerchiamo di fare innovazione e multifunzionalità», spiega Paola raccontando come solitamente quei terreni siano sempre stati dedicati alla patata, coltura tipica della Sila. Ma ora «abbiamo voluto diversificar, convinti che le colture di tradizione, quali ad esempio i grani e cereali comuni, non siano più sostenibili ed economicamente vantaggiosi».
Si è deciso allora di impiantare una vigna d’alta quota a bacca bianca: «A distanza di molti anni, lavorando con costanza e convinzione, stiamo raggiungendo ottimi risultati. Ci occupiamo anche della coltivazione di grani antichi e cereali minori, puntando sulla loro trasformazione; produciamo farine di vario tipo poco raffinate avendo cura di macinarle in un mulino a pietra. Abbiamo creato un nostro marchio e ci occupiamo anche di distribuirla in negozi specializzati e attraverso la vendita online».
Cambiamenti talmente inusuali in questo territorio che all’inizio Paola Granata e suo fratello erano guardati con diffidenza e con sospetto da chi ha sempre lavorato in modo standard la terra di quelle zone, mentre ora c’è interesse da parte di chi vuole provare a sperimentare: «Io penso che stimolare l’innovazione in un territorio fa sempre bene: so che grazie al nostro esempio molti si stanno avvicinando anche a queste colture».
In azienda si lavorano i cereali, piantando soprattutto quelli meno coltivati come la segale, il verna e altri, utilizzando semi antichi, alternandoli con colture rispettose dell’ambiente e puntando sempre più al mantenimento della biodiversità. Paola ha infatti aderito al regime del biologico e punta alla certificazione dei propri prodotti. In questo modo, riesce a rendere l’azienda multifunzionale e allo stesso tempo a portare innovazione su un territorio più ampio, contaminando grazie all’esempio.
L’innovazione va intesa anche in senso più ampio dello stretto ambito agricolo: «Abbiamo impiantato diversi ettari di alberi da legno pregiato per diversificare e arricchire le essenze già presenti nel nostro piccolo bosco, con ciliegi e frassino, alternati a querciole e cerro».
Tutto questo lavoro è collegato al suo impegno all’interno di Confagricoltura e in particolare di Confagricoltura Donna Calabria, di cui per tanti anni ha fatto parte, lavorando con un team di donne e facendo rete fra le aziende. Oggi Paola Granata è presidente di Confagricoltura Cosenza e ricorda che la sua esperienza con le donne «è stata appassionante e piena di fervore: ho trovato un modo di relazionarmi diverso rispetto alla stessa Confagricoltura, nella quale le donne sono ancora poco presenti».
A tutto questo si aggiungono le difficoltà dell’essere donne, con a carico la gestione della vita domestica e familiare: «Le donne solitamente hanno meno tempo degli uomini, avendo anche la famiglia di cui occuparsi: questo influisce sulle loro possibilità di dedicarsi all’azienda. Se contiamo che poi qui le difficoltà sono numerose, il tempo diminuisce drasticamente».
Non è tutto rose e fiori in Calabria. Paola lo ammette – «bisogna essere un po’ folli per essere agricoltori e con una visione positiva», dice – e non nega le difficoltà: la burocrazia che rallenta e ostacola la vita degli agricoltori, le infrastrutture che mancano e che rendono più lente la distribuzione e le vendite, le normative che dovrebbero sostenere questo tipo di lavoro, la perenne lotta per il ribasso dei prezzi delle produzioni .
Per questo emerge ancora più forte la necessità di fare rete: «È fondamentale fare rete sui territori mettendo insieme le aziende: un piccolo passo già abbiamo iniziato a farlo, ma bisogna continuare», spiega dicendo che è uno dei suoi obiettivi come presidente della Confagricoltura provinciale.
Per quanto riguarda l’azienda in sé, sicuramente c’è l’intenzione di «farla crescere, continuando nella ricerca e realizzazione di produzioni di pregio, magari allargando lo sguardo verso l’accoglienza, il territorio, la riconsiderazione della montagna.»
La direzione dei prossimi passi è molto chiara. Così come quella più ampia dell’Italia che cambia: «Per me Italia che cambia significa farsi carico in modo responsabile ed etico delle problematiche agricole, semplicemente perché l’agricoltura è dare da mangiare al mondo».
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