Fieri, il laboratorio artigianale di periferia che offre una seconda vita a cose e persone – Io Faccio Così #334
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Catania - Nel quartiere catanese di San Leone, al confine tra Librino e Monte Po, in piena periferia, è nato Fieri – Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del RIuso –, un progetto voluto e condiviso da tante realtà e singole persone, italiane e non, minori, disabili, migranti, che attivamente si sono messe in gioco per costruire il proprio futuro.
L’hanno fatto assumendosi la responsabilità di un’area che prima del loro arrivo era una discarica, uno spazio di proprietà dell’amministrazione comunale in completo stato di abbandono. Con la nascita di Fieri, questo luogo di frontiera è diventato un punto di incontro e di accoglienza, dove si cerca di dare una nuova connotazione e una nuova vita agli oggetti e ai materiali.
A raccontarcelo è Alessandra Matarazzo, presidente della cooperativa Fieri e volontaria del progetto, una donna da sempre votata al volontariato, alla cura e al sostegno delle minoranze etniche, dei disabili, con tante qualifiche ed esperienze lavorative vissute all’estero, che ha sempre scelto di lavorare a idee che la stimolassero e la incuriosissero.
«Fieri nasce come progetto scritto per Fondazione con il Sud con un grande partenariato di 13 associazioni. Nel 2017 abbiamo iniziato a lavorare alla selezione dei partecipanti, poi è seguito un anno di formazione e un altro anno di sperimentazione, perché l’obiettivo era creare un gruppo che potesse continuare nel tempo».
«Ognuno di noi ha deciso liberamente se rimanere o andare via», prosegue Alessandra. Alla fine del 2019 è nata una cooperativa con una scelta politica chiara: «Essere rispettati, accettati e valorizzati per le nostre competenze e la nostra arte con tutto ciò che ne consegue, dal punto di vista economico e amministrativo. Non abbiamo sgravi fiscali. Dopo la creazione della cooperativa abbiamo perso i primi pezzi».
Non è stato tutto facile, come racconta Alessandra: «All’inizio ho provato una sensazione di amarezza, tanta fatica per costruire e poi vedere andare via alcuni dei ragazzi che avevamo formato. Adesso siamo in una nuova fase, di recupero delle forze e delle competenze. Ci siamo rimessi in discussione e abbiamo scelto di iniziare a fare impresa, di avere un introito o di creare lavoro per far sì che chi ha meno possibilità possa avere un contratto. È ancora difficile, economicamente non abbiamo la forza per assumere molte persone, ma è un obiettivo a breve termine, ci siamo dati dei tempi ben precisi».
Di ragazzi all’interno di Fieri ne sono passati davvero tanti, circa 150; non tutti si sono fermati e il distacco non è stato sempre semplice, soprattutto per Alessandra che ricorda ognuno di loro e con molti mantiene un contatto anche se lontani.
Sono tante le storie di vita vissuta. Una ragazza nigeriana che frequentava il corso di eco gioielli, minore, vittima di tratta, non aveva all’inizio del corso alcuna manualità. Non riusciva a usare le forbici, non riusciva a fare una linea dritta. Alla fine della formazione ha realizzato i propri gioielli ed è scappata senza farsi più trovare. Era stata già rapita e non voleva più rivivere quell’esperienza. Anche altri ragazzi sono andati via: chi vive in Francia, chi a Milano, chi a Malta, chi in Germania continuando a mettere in pratica quanto hanno imparato a Fieri. Sono sarti, realizzano gioielli e fanno riparazioni.
«A Fieri diamo una seconda, terza, quarta, quinta vita alle cose, ma anche alle persone: non c’è niente che non abbia valore. Per i primi lavori realizzati abbiamo utilizzato materiali di scarto recuperati in questa area. La prima linea di vestiti l’abbiamo realizzata con stoffe che ci ha dato Mani Tese».
«La prima linea di mobili è stata fatta con la legna ricavata dalla potatura dell’albero del nostro giardino», aggiunge Alessandra. «Anche questo luogo è una risorsa. Le piante, le foglie, i semi sono serviti per creare altro. A Fieri le competenze passano a livello orizzontale. Ci dividiamo i compiti, c’è bisogno del lavoro di tutti. Anche gli introiti vengono divisi in base alle ore di lavoro. Non entriamo nel merito della competenza, dell’esperienza o della formazione».
Insieme ai migranti ci sono altri gruppi: quello molto vario di volontari – con età che vanno dai 4 ai 78 anni –, il gruppo che si occupa della gestione dello spazio, quello dei lavoratori e quello della pulizia esterna. Un contributo e un sostegno molto importante giungono da Mani Tese, un’associazione da sempre vicina a temi legati all’ambiente e al riuso che si occupa di cooperazione internazionale, che a Catania ha una sede storica da più di cinquant’anni e che sinora si è fatta carico delle utenze di Fieri. Ci sono vicine anche Arci e Risorti Migranti, una giovane realtà associativa nata dall’incontro con diversi progetti del territorio, legata ai temi dell’accoglienza, del lavoro, dell’agricoltura e della tutela ambientale dei territori.
Seguendo l’operato di Mani Tese che recupera oggetti, vestiti, mobili che poi rivende al mercatino al costo di 1 euro e con il ricavato finanzia progetti in altre parti del mondo, anche Fieri si pone l’obiettivo di creare un circuito virtuoso che si serve dello scarto che, una volta lavorato, può essere inserito nuovamente sul mercato. «Il nostro sito è predisposto per l’e-commerce, anche se ancora non abbiamo lanciato a tutti gli effetti questo tipo di attività. Noi vendiamo partecipando ai mercatini, a fiere, organizzando attività qui da noi, giornate con le famiglie, serate di raccolta fondi, cene sociali, concerti quando si potevano fare».
«Raccontare di presenza il nostro lavoro e le nostre collezioni ha un valore diverso che venderlo online», conclude Alessandra. «A Catania ci conoscono, sanno chi siamo, come lavoriamo e come agiamo. Io sono orgogliosa di fare parte di una realtà come Fieri, una delle tante di questa Italia che cambia. Non sempre siamo abbastanza fighi per arrivare in TV, ma facciamo cose importanti, noi come tutti gli altri che hanno deciso di diventare protagonisti della propria vita. Cu fa sbagghia, cu non fa non sbagghia».
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