22 Nov 2021

Federico: “La persone con disabilità sono percepite come eterni bambini, ma vogliamo decidere per la nostra vita”

Scritto da: Elena Rasia

Per la prima intervista della sua rubrica This Abilità, la nostra Elena chiacchiera con un suo amico di lunga data, Federico Feliziani. Il tema sul piatto è l'autonomia, l'indipendenza vista non tanto dal punto di vista pratico, quanto piuttosto come una condizione morale necessaria perché venga garantita la dignità di ogni persona.

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Io e Federico ci conosciamo da quasi quindici anni e da quasi quindici anni ho sempre seguito da vicino le sue ambizioni e ascoltato i suoi ideali. Parlando di autonomia e indipendenza, mi fa entrare nel suo pensiero e inizia a raccontarmi la sua quotidianità.

Prima di arrivare alla scelta del suo progetto di vita indipendente però vorrei raccontarvi un po’della nostra amicizia, perché la parola autonomia abbiamo iniziato a conoscerla insieme, facendo esperienze che inevitabilmente ci hanno portati alle scelte che stiamo realizzando e vivendo oggi. Per anni ci siamo frequentati molto spesso abitando vicini e anche adesso che ognuno ha una propria casa e una routine molto ricca, la spaghettata in compagnia, un film al cinema o un aperitivo insieme non ce li toglie nessuno.

Se dovessi ricordarmi l’inizio della nostra amicizia lo collegherei sicuramente alla Città Eterna: andammo un weekend alla scoperta di Roma a bordo del camper della mia famiglia durante le festività pasquali. Mi ricordo che la prima cosa che mi colpì di Federico furono i capelli bianchi, perché nella mia vita li avevo visti solo alle persone anziane e non riuscivo a capire come mai un ragazzo, mio coetaneo, potesse già averli. Mi piacevano molto, li trovavo magici.

«É albino», mi spiegò mia mamma. Non feci altre domande, ma da quel giorno imparai una parola nuova che mi sembrava fosse appena uscita da un mondo fantastico e dissi: «Wow! Lui non invecchierà mai!».

Inizialmente non parlavamo tantissimo io e Federico, ma ci capivamo a gesti ed eravamo in sintonia su moltissime cose – tranne sui tortellini ordinati in un ristorante tipico romano durante la nostra vacanza – e dopo quei giorni passati insieme ai nostri genitori, vivendo a stretto contatto, iniziammo a vederci sempre più spesso e a capirci sempre meglio. Avevamo moltissime cose da dire al mondo!

federico feliziani

Federico è nato a Bologna nel 1993 e dopo una sofferenza neonatale ha riportato difficoltà nel linguaggio e nel movimento. Ha conosciuto da subito le sue particolarità e ha iniziato a prenderle per mano convivendoci, facendo compromessi e impegnandosi laddove pensava di poter superare i propri limiti. La formazione più importante gli è arrivata al liceo quando, grazie a due professori, ha capito di cosa si volesse occupare nella vita: temi sociali e politici.

Così, finite le scuole superiori, si è iscritto a Scienze Politiche conseguendo una laurea triennale. Nel frattempo la sua vita si svolgeva in più luoghi e facendo svariate attività, dallo stare sul palco come componente di una compagnia teatrale allo scrivere una raccolta di poesie; dall’essere redattore per una testata locale al diventare consigliere comunale di Sasso Marconi: ruolo che svolge tutt’ora dopo la rielezione due anni e mezzo fa.

Nel 2008 ha deciso di aprire un blog che è diventato subito un prezioso biglietto da visita in grado di scalfire quel velo di pregiudizio dato dall’apparenza. Attualmente si occupa di cronaca politica per un sito di cultura e società nato nel 2019. Nonostante la sua vita super impegnata, ci siamo sempre riusciti a ritagliare, anche a distanza, dei momenti per raccontarci le nostre giornate e discutere di temi che ci toccano da vicino e toccano le “nostre” ruote. Uno di essi, probabilmente il più ricorrente negli anni, è stato sempre quello dell’autonomia.

Iniziammo a fare dei weekend insieme per essere pronti al famigerato “dopo di noi”. La nostra amicizia la conoscevano i nostri educatori e i servizi che ci seguivano e proprio per questo ci venne proposto di iniziare un percorso dove passare insieme del tempo per capire se fossimo stati compatibili nel diventare coinquilini con le nostre potenzialità. Questo percorso durò svariati anni fino all’idea di proporci di andare a vivere insieme anche durante la settimana.

Pur trovandoci molto bene decidemmo, con la nostra autodeterminazione e la nostra testa “dura”, di far capire a chi gestiva questo servizio che volevamo essere indipendenti e i nostri progetti per il futuro erano diversi e personali per entrambi nonostante il nostro bel rapporto.

Fede ama seguire la politica e stare spesso da solo a godersi la tranquillità casalinga, mentre io amo poco la politica, ma mi piace molto avere gente intorno e uscirei quasi ogni sera. Non è stato facile far capire questo concetto a chi ci stava intorno perché quando si parla di vita indipendente e sei una persona con disabilità si tende a far andare bene a molti la risposta che in realtà può andare bene a una sola persona, scavalcando le scelte e i gusti che invece per ognuno possono essere diversi.

Noi però non ci facemmo convincere e andammo per la nostra strada. Federico è stato uno dei miei primi amici a lasciare il nido ed andare a vivere da solo, facendo una scelta di vita indipendente, personalizzata e autogestita. Mi sono fatta raccontare nei dettagli il suo percorso.

L’ho fatto perché penso che una scelta come quella di Federico debba essere raccontata. Una possibilità che lui si è costruito è diventata una risposta possibile. Mi auguro che si possa sempre più parlare d’indipendenza, perché è un passo che può compiere anche chi non sarà mai totalmente autonomo. Una scelta da coltivare per far crescere nuove opportunità.

federico feliziani 2
Quando hai scelto di andare a vivere da solo? Come hai pensato di strutturare il tuo progetto di vita?

La decisione è arrivata dopo diversi anni, nel corso dei quali ho partecipato a diversi progetti di autonomia proposti dai Servizi: momenti in cui veniva simulata la vita quotidiana nella quale mi veniva chiesto di provare a svolgere faccende quotidiane, dall’apparecchiare al preparare i pasti. Grazie a questi progetti, portati avanti insieme ad alcuni amici, ho potuto verificare quali fossero le mie abilità, molte delle quali nascoste dal fatto di vivere con i miei genitori e quindi in una situazione confortevole.

Ormai tre anni e mezzo fa, al termine dell’ultimo di questi percorsi, ebbi la possibilità di utilizzare un appartamento accessibile e nel paese dove sono cresciuto. Così con il supporto dei servizi educativi arrivai a costruire un progetto individuale di vita indipendente. Un progetto ricco di obbiettivi da raggiungere: dal fare la spesa al sistemare la casa essendo io l’unico inquilino. Siamo partiti con dieci ore di intervento educativo a settimana con tre accessi a settimana, per poi ridurre progressivamente la presenza degli educatori arrivando, adesso, a quattro ore a settimana.

Un’esperienza che avrebbe dovuto durare sei mesi sta proseguendo ancora oggi, nello stesso appartamento in cui ho conseguito sempre più autonomie. Il prossimo passo, in parte già in atto, sarà delegare quelle mansioni che non riesco a gestire da solo trovando le persone giuste che mi possano supportare.

Cosa significa per te indipendenza?

Nel corso del tempo è cambiato molto il mio concetto d’indipendenza: penso non ci si debba soffermare tanto sull’indipendenza pratica, poiché essere indipendenti non significa farsi la lavatrice da soli per capirci. Essere indipendenti significa soprattutto avere autonomia nelle scelte, decidere per la propria vita senza cercare approvazione dagli altri.

Spesso le persone con disabilità sono percepite come eterni bambini: percezione talmente dominante che molte volte ho finito per crederci. Invece no: dobbiamo essere ragazzi e adulti che progressivamente si stacchino dalla costante approvazione altrui. È un obbiettivo su cui sto ancora lavorando, ma credo sia la vera essenza dell’indipendenza, l’elemento di cui si ha davvero bisogno preparandosi a una vita senza genitori.

federico feliziani 4
Foto di Sergio Marchioni
Si parla sempre più spesso del “Dopo Di Noi” ma penso sia importante concentrarsi sul “Durante Noi”. Che proposte metteresti in campo per parlare di questo tema – la vita indipendente – e per far sì che entri sempre di più nella quotidianità in cui viviamo diventando per tutti una reale possibilità?

Credo sia complesso trovare un nome alle cose, ma “Dopo di Noi” suggerisce secondo me una prospettiva sbagliata. Nasce cioè dal dilemma che attanaglia i genitori di persone con disabilità che, immaginando un futuro senza la loro presenza, sono preoccupati per la vita dei figli. Questa idea è totalmente fuorviante perché a essere sbagliata è la prospettiva: il “Dopo di Noi” suggerisce il prendere in considerazione le speranze dei genitori. In quel “noi” c’è l’errore perché il futuro sarà vissuto dai figli e non dalle loro famiglie: quindi sarebbe bene cambiare radicalmente prospettiva ponendo al centro le opinioni delle persone con disabilità e non quelle dei loro genitori.

Può sembrare un dettaglio, ma è sostanza. Pensiamo ad esempio se iniziassimo a pensare al “Dopo di Voi” o al “Durante voi”. Cambierebbe qualcosa? Sì, cambierebbe il soggetto degli interventi: non sarebbero più le risposte alle preoccupazioni dei genitori ma delle risposte alle ambizioni personali dei figli. Cambierebbe profondamente l’approccio al tema suggerendo ad esempio come le persone con disabilità non saranno eterni figli, ma persone che devono trovare una loro indipendenza secondo i loro principi, le loro esperienze e le loro ambizioni.

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