11 Nov 2021

Eva: da Berlino alla Toscana alla ricerca di una vita selvatica, per davvero – Io Faccio Così #333

Scritto da: Daniel Tarozzi
Video realizzato da: PAOLO CIGNINI

Vivere nei boschi, autoprodursi e autocostruirsi tutto ciò che serve, entrare in sintonia con gli animali e le piante, nostri unici vicini. Chi di noi non ha mai sognato di farlo? Per Eva questo sogno è diventato realtà. Ci siamo fatti raccontare la sua storia, senza tralasciare le difficoltà, le paure e le speranze che l'hanno portata da Berlino al cuore della foresta maremmana.

Salva nei preferiti

Grosseto, Toscana - Eva è napoletana, ha vissuto molti anni a Berlino, io la conobbi in Umbria – a un incontro di Italia che Cambia organizzato presso Panta Rei – ma oggi io e Paolo stiamo andando a incontrarla in Toscana. Qui, in un tratto di questa terra lontano dall’immaginario europeo di campi coltivati e centri storici bomboniera, parcheggiamo il camper e ci inerpichiamo in un bosco “incolto”.

Cespugli di tutti i tipi, alberi, uccelli, farfalle e insetti vari ci accompagnano verso la discesa. A un certo punto ecco comparire Eva. Ci viene incontro e ci conduce fino alla sua “casa”: una piccola, piccola, piccola, struttura in legno autocostruita, appoggiata su una pedana, molto molto graziosa.

Questa, più che una casa, però, è una stanza, una camera da letto, uno studio. Un locale singolo in cui un materasso è costeggiato di libri, strumenti musicali, scrivania, oggetti vari, finestre, paesaggi mozzafiato. Il bagno, la cucina, il “salone” sono fuori. Nel senso letterale. Il salone è il bosco, il bagno è una compost toilet, la cucina uno spazio in cui è stata poggiata una tettoia e qualche asse di legno fa da parziale parete.

Mi correggo quindi: la sua casa non è la piccola, piccola, piccola struttura in legno (molto graziosa e comprata grazie a un crowdfunding). La sua casa è immensa. È questo bosco, questi prati, questi alberi, questo cielo. Di notte ci sono pochissime luci artificiali e si cammina nel buio. Di giorno si è accompagnati dal canto degli animali, dei boschi, della Terra.

Intorno a noi non ci sono tracce umane – sebbene non siano poi così lontane – e comprendo che Eva è una moderna Walden, una donna che ha avuto il grande coraggio di di realizzare da sola il sogno di molti: riscoprire una vera vita selvatica al contatto con la terra. Ecco, spero di avervi incuriositi. Guardatevi la video-storia che trovare proprio qui sotto e poi continuiamo.

Un passo indietro

Siamo in Maremma, fra Scarlino e Gavorrano, nel grossetano, in un terreno abbandonato da un po’ di anni, tra cinghiali, cacciatori e mare. Eva è una ex-danzatrice e sta mandando avanti un progetto che si chiama Natural Sins (peccati naturali), che lei definisce «un laboratorio in fase di sviluppo, tutto a piccole gocce, briciola per briciola».

«Mi interessano molti argomenti – ci spiega –, non voglio limitarmi alla natura, alla permacultura, alla musica, alla sessualità. Finita la scuola ero convinta di dovermi iscrivere all’università, anche per formazione culturale e familiare e imprinting, per adeguarmi all’ideologia della famiglia. Poi mi sono resa conto che non stavo bene a Napoli e cercavo un posto in cui sentirmi a casa. Adoro Napoli, ma è una città con molta aggressività, con molto poco senso di comunità».

«Lasciai l’università e dopo un po’ di viaggi in giro scelsi Berlino, perché era una città in cui non dovevo guardarmi le spalle e c’era la danza. Io vengo dalla danza, ho sempre danzato in vita mia e a Berlino c’era un modo di fare danza che per me era… alleluya! Dopo un po’ di anni, non ce la facevo più a vivere in città, avevo la fortuna di avere a disposizione questo posto di proprietà della mia famiglia di cui ero innamorata da anni e scelsi di farmi coraggio e di venire a viverci».

Il passaggio non è stato indolore: «Il mio più caro amico si è suicidato e io avevo un compagno che non era assolutamente adeguato, non era neanche una persona emotivamente capace di starmi a fianco. Un giorno sono svenuta di botto, a lavoro, e mi sono fratturata l’osso del cranio; sono stata in ospedale un sacco di tempo e uscita da lì ho detto stop. Non sto tanto bene qua».

Eva quindi decide di lasciare Berlino dopo otto anni e un percorso fatto di molti corsi ed esperienze sulla danza, la sessualità, il BDSM e molto altro ancora – approfondiremo questi aspetti lunedì prossimo in un secondo capitolo di questa storia.

Walden - Vita nel Bosco
carrello

Il ritorno in Italia e i primi passi in autocostruzione

«Sono tornata in Italia nel 2015 e ho iniziato a spostare un po‘ di cose. Qui la terra era totalmente selvatica, non c’era nulla se non una vecchia stalla che i miei genitori stavano cercando di recuperare e che io usai per appoggiare un paio di valige. Sono venuta qui con le tendine da campeggio e con un tetto di plastica sopra. Nel frattempo ho iniziato a chiedermi: che cosa mi serve? Acqua potabile, elettricità, un posto per andare in bagno… Inizialmente era davvero tosta. La sera cucinavo accendendo il fuoco e aspettando ore per un piatto di pasta».

«Quando sono arrivata qua non avevo una bicicletta, una macchina, una casa, un bagno… e piano piano ho iniziato a smontare le emergenze. Quando sei in difficoltà trovi la soluzione. Impari a muoverti per priorità. La prima cosa fu organizzare un piccolo banco su cui cucinare, la seconda fu una tettoria per non andare “in bagno” sotto la pioggia. Poi il tepee (una tenda conica). Per un periodo ho usato anche un vecchio camper».

Il miracolo della “casetta” e la ricerca delle piante locali

A un certo punto Eva ha lanciato un appello su internet. Aveva deciso infatti di comprare una casetta in legno, ma costava circa 4000 euro e lei non aveva niente. La “rete” si attivò attiva e lei riuscì a realizzare il suo intento! «Ancora oggi – ci confida – è un posto in cui mi sento benissimo. Hai presente quando entri in uno spazio e senti la gratitudine? Io anche a distanza di anni sento che c’è l’affetto delle persone qui».

La casetta è arrivata dopo due anni di vita nel tepee e nel camper. «Il primo inverno sono stata nel tepee ed è stata una esperienza bellissima, ma che non ripeterei mai più. Il secondo inverno c’era il camper e il terzo inverno la casetta era pronta. L’ho costruita io ed è stato divertentissimo! Ho solo chiesto un po‘ di supporto fisico per la base che è removibile e per la quale ho rubato in un cantiere abbandonato un po’ di legna. Le altre cose che ho costruito mi sono “cadute in faccia”, ma questa regge».

Tra cucine all’aperto ed errori, bagni autocostruiti, tepee e casetta, Eva impara l’autocostruzione e intanto conduce la propria esistenza sempre più a contatto con la terra. La scelta di vivere qui infatti era stata dettata da un percorso spirituale che Eva stava conducendo con uno sciamano brasiliano che l’aveva portata a scoprire ed esplorare l’interesse per le piante. Voleva quindi vivere in un posto in cui potesse imparare qualcosa dalle piante stesse.

«Per quanto io abbia sempre importato medicine da altri paesi – aggiunge Eva – sono sempre stata convinta che ogni territorio fornisca le sue medicine. Volevo scoprire quali fossero le “nostre”». Ovviamente nel frattempo Eva cura un orto e per mantenere quelle poche spese obbligatorie fa lavoretti “in città” e organizza i suoi corsi.

eva marino 1

Una vita spartana ma anche accogliente

«Voglio trovare un equilibrio tra le mie necessità e quelle di chi posso ospitare. Io posso anche stare bene vivendo in modo totalmente selvatico, ma voglio creare dei comfort per chi viene a trovarmi. Ho anche bisogno di spazi coperti per fare laboratori in inverno».

«Il primo obiettivo – ci confida – era di rieducare le persone a uno spazio in natura che non fosse il prato falciato, con la piscina e con le due querce. È stato un lavoro molto interessante fin dall’inizio: anche chi si credeva abituato, quando è arrivato qui ha avuto paura di questo terreno, del cinghiale, del serpente, del capriolo ed è quello che a me interessa, perché ci sono passata anche io. Quando sono arrivata non ero in grado di riconoscere un gatto da un cinghiale; ora la notte cammino senza luce, ascoltando, ma all’inizio avevo una paura tremenda. In prospettiva, voglio ospitare corsi di auto-produzione, danza, BDSM, laboratori tra umano e natura».

Vivendo qui Eva ha imparato a muoversi a piccoli passi. «Ho iniziato a odiare questo posto quando stavo mettendo troppa carne al fuoco ed emergevano le frustrazioni. Mi sono accorta che devo prima di tutto recuperare l’amore per il luogo che mi accoglie, indipendentemente da cosa può o non può funzionare. Una volta ottenuto questo, posso aprirmi all’accoglienza».

Ci sono periodi di armonia e felicità e altri meno semplici. «A volte ho nostalgia di Berlino. Da quando sono qua non ho stimoli nuovi nel campo della danza o del BDSM e non imparo nulla. Mi mancano quei punti di riferimento, quelle persone che ne sanno più di me. Ma poi mi ricordo cosa imparo qui! Un contesto del genere non ti perdona nessuna distrazione nei confronti di te stesso. Non puoi uscire nel caos della città, buttarti in un bar e “dimenticarti di te”. Qui, se sei di cattivo umore fai fatica, se sei di buon umore fai un sacco di cose… non sono permesse distrazioni e quando ti succede lo paghi. Questo è uno spazio che ti mette a confronto diretto con te stessa. Una messa in discussione continua».

eva marino 2

Lunedì prossimo vi racconteremo la seconda parte della nostra intervista, in cui abbiamo affrontato il percorso di Eva nel mondo della sessualità e del BDSM. Vogliamo però chiudere questo pezzo come lo abbiamo iniziato, tornando a quel giorno, quello del nostro incontro a casa di Eva.

L’intervista è appena finita. È durata diverse ore e si è fatto buio. Prima di riprendere il nostro camper, Eva ci invita a cena. Cuciniamo insieme un piatto di pasta nella sua cucina improvvisata. L’acqua va presa in un lavandino esterno, al buio. Il tetto di stelle ci osserva e ci emoziona. Mangiamo in piedi, appoggiati a oggetti vari, e mi rendo conto di quanto sia attratto e spaventato da una vita di questo tipo.

Certo, molte cose sono migliorabili: si può costruire una cucina migliore, ottenere dei comfort in più, ma sento profondamente che quello che Eva ha ottenuto vivendo qui è infinitamente più grande di ciò che ha perso. Voglio riscoprire anche io un contatto profondo con me stesso. Smettere di fuggire alle paure, alla noia. Smettere di riempire il mio tempo. Spero di farlo domani. Oggi non ho tempo…

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
GoodByeByBicycle: dall’India all’Italia in bicicletta per costruire case sugli alberi
GoodByeByBicycle: dall’India all’Italia in bicicletta per costruire case sugli alberi

La Saponaria e la cosmetica naturale, biologica e plastic free
La Saponaria e la cosmetica naturale, biologica e plastic free

Salvatore Donatiello: l’escursionismo per tornare a far parte della natura a cui apparteniamo
Salvatore Donatiello: l’escursionismo per tornare a far parte della natura a cui apparteniamo

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Com’è andata la COP16 biodiveristà di Cali fra flop, successi e disinteresse – #1013

|

La lettera del movimento per la Pratobello ’24: “Della legge di iniziativa popolare adesso parliamo noi”

|

La biodiversità arriva a scuola con il progetto “Azioni e voci per il clima”

|

Olio del Casale, l’azienda agricola che punta sul lavoro in rete

|

Abitare collaborativo: cosa significa e perché è importante

|

Arghillà rinasce: la rigenerazione urbana dal basso di “uno dei luoghi più problematici d’Italia”

|

Oltre alle barriere, Capri diventa inclusiva e accessibile

|

Fabio Gerosa: “Con Fratello Sole aiutiamo il sociale a costruire un percorso di transizione ecologica”

string(9) "nazionale"