Una Casa delle erbe per imparare dalle piante a coesistere e relazionarsi
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Reggio Calabria - Autenticità, relazioni, coesistenza. Sono queste tre parole che tornano spesso nel mio dialogo con Marò D’Agostino – architetto e artista – quando mi parla della Casa delle erbe della Locride, che lei stessa ha ideato e continua tuttora a nutrire. Ma cosa c’entrano questi tre vocaboli con una casa delle erbe? Qual è la relazione fra un luogo immerso nel verde e le persone che lo attraversano?
Andiamo per gradi. La Casa delle erbe di cui stiamo parlando è un luogo che si trova nelle aree interne della Locride, vicino al paese Antonimina e alle pendici dell’Aspromonte. Quando sei lì, in alto vedi le rocce delle montagne, in basso due ruscelli che confluiscono in un fiume e racchiudono l’area. Il verde cresce rigoglioso tutto intorno con sfumature che cambiano in base alle piante, ai fiori e agli alberi.
![casa delle erbe 1](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2021/11/casa-delle-erbe-1-1024x681.jpg)
Questo posto è una casa antica e nuova allo stesso tempo, ma è anche un giardino, un luogo di condivisione e uno spazio per l’arte. «La Casa delle erbe nasce nel 2003, quando ho capito che dovevo dedicarmi a ciò che sentivo come più giusto, e rappresenta oggi il mio manifesto professionale di architetto che si è opposta in tutti i modi al consumo del territorio», racconta Marò, che da anni gestisce la Galleria Arkè di Locri, dove ha ospitato numerose mostre artistiche.
Il suo è un cambiamento nel cambiamento: dopo vent’anni a Roma è tornata a Locri, dove si è dedicata all’arte e alla galleria. E, dopo ancora, è risalita ancora di più verso le origini: quelle dei suoi nonni. «Ho deciso di recuperare questa vecchia casa di famiglia, che era il luogo dove i miei nonni venivano per i lavori legati all’autoproduzione: qui facevano di tutto, dai tessuti con la ginestra ai saponi ai prodotti agricoli».
«Ho rimesso a posto la casa secondo la mia visione di architetto: riusando ciò che già c’era e creando il nuovo sempre in coerenza con il contesto». Al recupero della casa Marò affianca uno studio approfondito delle piante che la abitano: «Ogni pianta che c’è qui è stata studiata e posizionata con profonda cura, ricerca e amore», mi racconta fin dall’ingresso, quando mi spiega che ci troviamo nel “giardino secco”, che si chiama così perché sarà in grado, nel giro di alcuni anni, di alimentarsi in autonomia.
![casa delle erbe 2](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2021/11/casa-delle-erbe-2-1024x681.jpg)
Oltre il giardino secco si scende verso una parte di bosco bagnata dal ruscello e si arriva poi in radure più pianeggianti che fanno da anfiteatro naturale. L’ultima parte è quella attorno alla casa, costellata da alberi di frutto dei tipi più disparati: dagli ulivi mediterranei alla feijoa brasiliana. Ovunque – se ne contano più di cento – ci sono i roseti della casa, che Marò ha disseminato in tutte le aree.
«Questo è quello che io intendo per giardino: un luogo della creatività e della relazione, dove possono abitare piante diverse e coesistere fra loro, pur nelle differenze», mi spiega Marò, aggiungendo che sta portando avanti da anni uno studio sul giardino calabrese e sulle sue specificità. «In questo senso per me è un ecosistema dove anche gli esseri umani possono relazionarsi in questo modo fra di loro, ispirandosi alla natura che li circonda».
Un altro dei punti fondamentali di questo luogo è infatti la creazione di comunità. La Casa delle erbe della Locride non è un luogo chiuso, a sé stante, ma è aperto e attraversato: è un posto in cui si impara dalle piante e dove allo stesso tempo si conosce il territorio, dove si apprende la storia naturale e sociale che ha percorso questi luoghi e si riprendono i fili di una memoria che in molti hanno perso.
![casa delle erbe 3](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2021/11/casa-delle-erbe-3-1024x681.jpg)
In questi anni infatti – sin da quando l’ha inaugurata, nel 2017 – Marò ha organizzato incontri, escursioni sulla montagna, momenti di convivialità e condivisione, come incontri legati alla conoscenza delle erbe e dei loro usi o laboratori didattici per bambini e ragazzi legati all’arte e alla musica. «Non c’è mai l’obiettivo di produrre qualcosa, ma piuttosto di condividere e creare delle relazioni attraverso alcuni saperi e pratiche. Mi ritengo una custode di quelle conoscenze che avevano i miei nonni, con cui sono cresciuta e da cui sono sempre stata affascinata».
È il ritorno a qualcosa di autentico, che «già c’è dentro di noi ma da cui ci hanno separati» e che non è soltanto un sapere teorico o pratico, ma anche una diversa modalità di guardare alla vita e alle relazioni, basate sulla condivisione e su ciò che è necessario.
La Casa delle Erbe stessa rappresenta questa visione: l’essenzialità della casa, la cooperazione fra piante diverse che comunicano fra di loro e accolgono “le straniere”, i ruscelli che scorrono e infrangono una visione lineare del tempo. Il risultato? Una bellezza immanente, che già parla da sé.
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