Porto di Genova: “Staremo qui finché non otterremo quello che ci spetta”
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Genova - Al grido di “Giù le mani dal lavoro” tanti gruppi di uomini e donne di tutte le età sono seduti per terra davanti ai varchi del porto di Genova a protestare contro il green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro. Non solo portuali, ma anche lavoratori di altre categorie e di altre regioni. Un presidio che da venerdì è continuato senza sosta, giorno e notte, tanto che domenica alcuni tir hanno scelto di riprendere l’autostrada e riportare indietro i carichi. Varchi chiusi quindi e camion incolonnati.
IL PORTO
Il porto è il luogo aperto e di passaggio, letteralmente ed etimologicamente. Un crocevia di comunicazioni e di merci, luogo essenziale negli scambi mercantili tra paesi e popolazioni. Il porto non è un semplice luogo di approdo di navi e di ormeggio di natanti o di carico e scarico di container. In porto brulicano persone di tutto il mondo, si parlano tante lingue diverse e capita di protestare con determinazione. Contro le navi cariche di armi nel 2019, che sarebbero state impiegate dalla Guardia civile nel conflitto in Yemen, e oggi contro il Green Pass obbligatorio.
Il porto, luogo aperto e all’aperto per antonomasia, diventa ancora più facilmente ambiente di contestazioni per la contraddizione stessa di ritrovarsi a dover esibire un certificato per lavorare all’aperto e a contatto con navi che battono le più svariate bandiere, guidate da equipaggi che invece non avrebbero gli stessi obblighi.
IL PRESIDIO
Ai varchi si condividono panini, bevande calde, focaccia, grissini e caldarroste; la sera ci si scalda davanti a un piccolo fuoco e arrivano minestroni e pasti caldi da diversi ristoranti e pizzerie genovesi. La questione è molto sentita e si percepisce la voglia di restare uniti e di esserci, “coesi e coerenti”.
Sabato pomeriggio, in piazza De Ferrari, la delegazione dei portuali ha parlato della fratellanza sincera che sta nascendo nei vari presidi, tra le persone che si stanno via via unendo, e della solidarietà che ci si sta dimostrando l’uno con l’altro.
I lavoratori hanno sottolineato: «Stiamo manifestando contro qualcosa di aberrante: per noi non è accettabile vedere un fratello costretto a possedere una tesserina per poter entrare nel luogo di lavoro». I portuali attualmente “scartati” dal ciclo produttivo sono considerati assenti ingiustificati e sono quindi senza stipendio. E ancora: «Più schiacciano, più noi ci moltiplichiamo».
I SINDACATI
L’Unione Sindacale di Base – USB Porto di Genova venerdì ha dichiarato: «In questo momento, alcune aziende all’interno del porto di Genova stanno costringendo i lavoratori stessi a svolgere un ruolo di controllori del green pass verso i colleghi, atto che mina la dignità del lavoratore e mira a spegnere sul nascere qualsiasi istinto di solidarietà all’interno della classe lavoratrice». Per questo, l’USB Porto denuncia questo strumento come «lesivo dei diritti dei lavoratori e condanna il tentativo di dividere ancora di più la classe lavoratrice all’interno del Porto di Genova».
Il problema che emerge è quindi la richiesta di sicurezza, non il vaccino: «Chiediamo che tutte le aziende si facciano carico immediatamente della sicurezza sui posti di lavoro, fornendo tamponi gratuiti a tutti i lavoratori del porto».
E così il camallo, “l’omone” che storicamente trasportava sulle spalle i carichi dalla nave alle banchine, oggi sta portando avanti una nuova battaglia, dove la forza sta “nella determinazione e nella coerenza”, come si sente dire ai presidi.
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