Famiglie Arcobaleno: Leonardo e Francesco, storia di due papà – Amore Che Cambia #28
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Il nostro primo viaggio nell’amore (e nel sesso) che cambia volge al termine. Siamo alla terzultima tappa, ma i temi che andremo a trattare in questa e nelle prossime due puntate non sono certo “secondari”. Oggi vi raccontiamo la storia di due uomini, Francesco Zaccagnini e Leonardo Andreotti, che si sono conoscono da più di vent’anni fa, si amano e… hanno avuto un figlio.
Come? Grazie alla cosiddetta “gestazione per altri”, in Italia conosciuta più come “utero in affitto”. In pratica il loro meraviglioso bambino è nato da uno spermatozoo di uno dei due papà che si è incontrato con un ovulo di una donna che lo ha donato e il cui frutto è stato accompagnato nel suo sviluppo da una seconda donna, che ha gestito tutta la gravidanza per poi separarsi dal bambino una volta partorito. Da quel momento il bimbo è stato cresciuto da Francesco e Leonardo, papà e papà, con amore e dedizione.
Tutto qui? No, la storia non è così semplice. Questa procedura infatti in Italia è vietata e Francesco e Leonardo si sono rivolti a donne e strutture statunitensi per gestire l’intera “operazione”. Entrambi inoltre sono parte di Famiglie Arcobaleno, un’associazione di genitori omosessuali, e si sono visti incendiare la bandiera che sventolava dalla loro finestra. Il tutto a Campo, una piccola frazione del Comune di San Giuliano Terme, alle porte di Pisa.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo la loro storia. Nei due video che vi proponiamo all’interno di questo articolo trovate l’intervista che abbiamo realizzato e potrete ascoltare direttamente dalle loro voci questa esperienza.
I primi passi e la scelta di avere un figlio negli Stati Uniti
Dopo anni trascorsi in giro per l’Italia, nel 2013 Francesco e Leonardo conoscono l’Associazione Famiglie Arcobaleno, durante una grande festa organizzata a Firenze. Nasce così in loro il desiderio di costruire una famiglia e diventare dei genitori. Non essendoci una legge che permette l’adozione, dopo lunghe trafile decidono di andare negli Stati Uniti per seguire la PMA, la Procreazione Medicalmente Assistita. Nasce così Luigi, un bambino che oggi ha cinque anni.
Chiedo loro come mai abbiano deciso di mettere al mondo un bambino anziché provare ad adottarlo. «Non avrei voluto adottare un bambino – racconta Leonardo – perché mi fa un po’ paura. È una cosa meravigliosa, ma non adatta a me. Bisogna dare molta più dignità all’adozione, è una scelta di apertura e amore, un altro modo di essere genitore. Un’altra possibilità, un impegno civile».
L’incontro con l’Associazione Famiglie Arcobaleno è stata per loro una svolta, un momento di confronto e di condivisione, di crescita personale e non, «un luogo in cui abbiamo trovato un’identità, un progetto. Famiglie Arcobaleno vuol dire tanto, non si fa riferimento solo a coppie con genitori dello stesso sesso – due mamme o due papà –, ma comprende anche famiglie con un papà omosessuale, famiglie con un genitore trans e coppie ricostituite con persone che hanno scoperto la propria omosessualità e hanno dovuto raccontarla al proprio figlio avuto da una relazione precedente eterosessuale». In effetti, le casistiche sono molto varie e sono ben riassunte qui.
Dopo confronti, ricerche e incontri con altri papà, Francesco e Leonardo hanno deciso di volare in California e iniziare questo percorso che li avrebbe trasformati in genitori. «La California – raccontano – è il paese in cui tutto avviene nella maggiore trasparenza dei diritti, dei doveri e della legalità per i futuri genitori, per la persona che porta avanti la gravidanza e per la persona che dona l’ovulo. Un percorso dal punto di vista medico e legale blindato e sicuro. Un percorso molto medicalizzato, suddiviso in varie fasi».
Quali sono i vari passaggi?
La prima fase consiste nella ricerca della donatrice dell’ovulo. Nel caso di Francesco e Leonardo è stata Dakota, una ragazza di 25 anni, a decidere di donare il proprio ovulo. Si sono conosciuti, parlati e confrontati. Così è nato l’embrione che conteneva la vita di Luigi, fecondato dallo sperma di Leonardo. La legge prevede che l’embrione venga accolto da un’altra donna per evitare che abbiano lo stesso patrimonio genetico e si crei un legame. In California infatti, a differenza di altri paesi, la legge riconosce il genitore intenzionale già al sesto mese di gravidanza.
Maiella, una donna californiana con quattro figli, un nipotino e un compagno, per scelte molto personali ha deciso di portare avanti la gravidanza. Una volta superati i vari screening medici, psicologici e legali, in piena consapevolezza ha deciso di avviarsi in questo processo, nonostante il suo compagno non fosse d’accordo.
Non tutto è andato bene: i primi due transfer – i momenti in cui l’embrione viene trasferito nell’utero – non sono andati a buon fine. Al terzo e ultimo tentativo erano stati impiantati due embrioni, uno ha avuto un aborto spontaneo, l’altro è riuscito ad arrivare fino alla fine della gestazione. A causa della distanza, Francesco e Leonardo parlavano tutti i giorni con Maiella tramite whatsapp e sono riusciti a instaurare con lei un bel rapporto.
Ma chi è Maiella per loro e per Luigi? Un’amica o una parente? «Questo percorso è durato due anni, dal primo viaggio in California alla nascita di Luigi. È un percorso lungo che prepara anche a diventare genitori. Ti rendi conto di quanto sia difficile il carico emotivo, la gestione della distanza. Le differenze sono tante, nove ore di fuso orario, un’altra lingua e un’altra cultura; le ansia tipiche di una gravidanza erano tutte amplificate. A parte qualche giorno al quinto mese, siamo tornati in California un mese prima del parto, e Luigi è arrivato appena una settimana dopo!».
«Un’esperienza emotivamente fortissima da entrambe le parti, sia per noi che per lei. Luigi aveva due settimane quando siamo andati via. È stato un momento forte. Maiella ha sempre saputo che Luigi era nostro figlio, diceva sempre che era il suo migliore amico e che sapeva tutto di lei». Leonardo e Francesco ci tengono a sottolineare che quanto raccontato sia solo la loro esperienza e che ogni storia è diversa per chi utilizza la PMA. Sono molto grati a Famiglie Arcobaleno e ritengono il sostegno dell’Associazione sia stato fondamentale anche per non sentirsi soli in questo lungo percorso.
I costi e le leggi
È molto difficile paragonare i costi che hanno affrontato Leonardo e Francesco negli Stati Uniti con il modello di sanità italiano. In California, ad esempio, non esiste la maternità pagata dallo Stato. Maiella ha lavorato fino al settimo mese e poi ha lasciato il lavoro, che ha ritrovato facilmente un paio di settimane dopo la nascita di Luigi.
I costi per la procreazione medicalmente assistita comprendono le spese mediche, l’assicurazione, le spese legali, il compenso per la persona che porta avanti la gravidanza che andrà a compensare i mesi senza stipendio, nonché un accordo legale che prevede e tiene conto di tantissimi aspetti. «Maiella ci telefonava per chiederci se poteva allontanarsi da casa per qualche giorno. Ci chiamava anche quando era al Mc Donald’s. Comunque di certo l’intero percorso non è costato poco, anzi. È stata una scelta».
«Abbiamo deciso di non comprare una casa e chiedere aiuto alle banche per realizzare il nostro desiderio. Ci siamo indebitati per farlo. Sarebbe stato più semplice e meno dispendioso farlo in Italia, ma la legge 40 – che regolamenta la possibilità di processi di procreazione medicalmente assistita – è riferita solo alle coppie eterosessuali. Esclude le donne single e le coppie omosessuali. Sarebbe necessario e opportuno un dibattito che porti a legiferare, ma non in maniera ideologica. Famiglie Arcobaleno sta tentando di farlo con un proposta di legge in materia».
L’Italia e le Famiglie Arcobaleno
L’Associazione Famiglie Arcobaleno si sta battendo per sfatare molti tabù, in primis quello legato all’omofobia nei confronti delle famiglie omogenitoriali, che secondo Leonardo e Francesco «si portano dietro un pensiero retrogrado che coinvolge anche le famiglie etero. Tutto si basa nel percepire la donna esclusivamente in funzione di una maternità. La Famiglia Arcobaleno crea invece questa intersezionalità. Esiste qualcosa che è trasversale all’emancipazione, alla lotta politica e sociale di tutti».
Un altro tema dibattuto dall’Associazione riguarda la trascrizione dei bambini nati all’estero da coppie omogenitoriali. In base alla legge italiana solo un genitore può riconoscerlo; serve quindi una legge sulla procreazione medicalmente assistita che sia comprensiva di tutti i diritti e doveri riconosciuti nei matrimoni egualitari.
Oggi sono circa 25.000 i soci dell’associazione Famiglie Arcobaleno e, grazie ai momenti di condivisione con molte famiglie LGBTQIA+, Luigi non vive con imbarazzo la sua famiglia e non si sente un marziano. «Dice di avere tre nonne – raccontano Leonardo e Francesco –, un nonno, un gatto che è arancione e due papà. Sa raccontare il suo percorso, ha gli strumenti per farlo. Noi siamo molto presenti con i genitori degli altri bimbi per evitare di dare spazio a fantasie che si sviluppano quando non sei a contatto con la realtà».
«Per me l’amore che cambia è proprio questo – dice Leonardo – vivere l’amore che senti dentro ed esprimerlo perché la società ti ha dato gli strumenti per poterlo vedere, non te li ha castrati. Non c’è niente di determinato – conclude Francesco –, cinquant’anni fa l’amore era una cosa, oggi un’altra e nel futuro un’altra ancora. È impossibile dargli una forma».
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