21 Ott 2021

Bice Parodi: “Ciò che gridavamo al G8 è ciò per cui dobbiamo combattere ancora oggi” – #1

Scritto da: Valentina D'Amora

Dal G8 del 2001 sono passati vent'anni eppure, se da un lato il mondo sembra essersi rivoluzionato, dall'altro poco pare essere cambiato. Ambiente e diritti umani sono ancora temi forti di attualità, ma "un altro mondo è (ancora) possibile"? Ne parliamo con una protagonista di quei giorni in questo articolo, il primo di una serie di approfondimenti sul tema.

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Genova - Senza Paura è un’associazione genovese che da anni si occupa di diritti umani e civili, promuovendo l’integrazione attraverso la cultura. In prima linea durante tutte le giornate del G8, Senza Paura si impegna a diffondere consapevolezza sul fatto che a unire l’umanità è un unico filo rosso, che lega tutti i fatti storici così come tutti i Paesi, intrecciando quindi anche noi.

E se è vero che il bene comune più importante è la libertà, diventa ancora più visibile l’importanza di lottare per la solidarietà, affinché la libertà sia davvero di tutti, non un valore a cui ambire e basta. Ho voluto parlare del G8 con Bice Parodi, che con l’associazione Senza Paura ha partecipato sia all’organizzazione degli eventi che a tutte le giornate di manifestazioni.

Bice, qual era la vostra speranza in quei giorni?

Quella di cambiare, perché sapevamo che un “altro mondo possibile” doveva ancora arrivare. Abbiamo cercato di far sentire la nostra voce: parlavamo dell’integrazione dei migranti, perché non è con le barriere, i muri e chiudendo la città che si può rispondere al fenomeno migratorio. Ricordo che mi colpì molto la città blindata di quei giorni: non era una risposta di paura per quello che dicevamo, ma per il cambiamento che invocavamo. E ogni cambiamento fa paura.

Parlaci delle varie giornate: cosa ricordi?

La manifestazione del primo giorno, giovedì 19 luglio, è stata molto umana e ci tengo a sottolineare questo aggettivo perché mi sono sentita davvero parte di un gruppo e di un popolo che era giusto che fosse lì, quel giorno, a parlare di tutte quelle sensazioni che poi in questi vent’anni si sono rivelate giuste.

19 luglio manifestazione Senza Paura
Vent’anni dopo il G8 – Genova, 19 luglio 2021

Cosa gridavate in piazza?

Dicevamo che in quel modo non si poteva andare avanti, né per l’ambiente, né per i diritti umani e che era necessario e urgente invertire la rotta.

E nei giorni successivi? Cos’è successo?

Alla seconda manifestazione, quella di venerdì, c’erano molti più poliziotti, la situazione era decisamente tesa. Noi eravamo in piazza insieme alla FIOM. Faceva molto caldo e dalle finestre dei palazzi di via Cavallotti ci arrivavano bottigliette d’acqua per rinfrescarci e sorrisi. In corso Italia, poi, ho conosciuto Ettore Scola, al quale chiesi: «Come le sembra stia andando?». La sua risposta mi gelò: «Aspettiamo la fine».

Nel frattempo arrivavano le primissime voci di quello che stava succedendo a Brignole e poi, la sera, giunse la terribile notizia della morte di Carlo Giuliani. La paura di quei due ragazzi di poco più di vent’anni, Carlo e il carabiniere Placanica, fu la vera protagonista di quella vicenda. In questo senso, il fautore dell’omicidio sono state le istituzioni che hanno mandato allo sbaraglio ragazzi giovanissimi e impreparati ad affrontare una situazione di quella portata. E poi ci furono Bolzaneto e la Diaz.

Cos’è cambiato secondo te in questi vent’anni?

Innanzitutto la politica, che è diventato personalismo, s’è trasformata in spettacolarizzazione, mentre essa dovrebbe essere uno slancio sincero a occuparsi degli altri. La sinistra di allora non ha avuto la capacità di capire il momento e, invece di essere compatta, s’è frantumata e divisa. Dopo il 2001 non abbiamo saputo creare un nuovo linguaggio, ci siamo seduti davanti a una politica spettacolarizzata. E non abbiamo capito l’importanza enorme dei media e del grande ruolo che, da quel momento in poi, avrebbero ricoperto.

Cosa vedi nei ragazzi del 2021 e cosa farebbero, invece, nell’Italia di oggi i ragazzi del 2001?

Nei giovani di oggi non c’è più voglia di combattere e, soprattutto, non si sa più cosa è il potere. I ventenni del 2001 invece oggi emigrerebbero tutti.

Associazione senza paura Genova 2021
Vent’anni dopo il G8 – Genova, 19 luglio 2021

Secondo te la piazza di ieri potrebbe essersi riversata sui social?

I social servono per sondarsi, per capire il presente, ma poi bisogna uscire a dimostrare la propria opposizione, altrimenti resta una “rivoluzione della tastiera”. In questi anni ci hanno fatto credere che tutto si risolve personalmente, da soli, invece che insieme: guardiamo la pandemia, nemmeno in questo caso siamo riusciti a essere compatti. Oggi ognuno agisce e reagisce secondo le proprie possibilità, ma tutto resta centrato su di noi. E questo è accentuato dallo smartworking, la cristallizzazione della solitudine.

Quali strumenti abbiamo, oggi, per cambiare?

Per resistere non bisogna demordere, andare avanti e stare dalla parte degli ultimi, solidarizzare con chi sta peggio di noi e cercare di mettersi in discussione sempre e, soprattutto, parlare ai ragazzi ogni volta che è possibile, perché il futuro è nelle loro mani.

E tu, cosa fai per cambiare?

Non mi rassegno e resisto, perché credo nella cultura e ritengo che tutto ciò che è resistenza sia comunque una risposta all’appiattimento. Noi, quando da giovani scendevamo in piazza eravamo supportati dalla classe operaia, c’era chi ci difendeva, ci sentivamo accuditi. Oggi non c’è più questa mentalità, per questo da una parte capisco chi oggi non protesta più in piazza.

Quando parlo ai ragazzi nelle scuole ricordo sempre: «Il futuro è vostro: “essere contro” va bene, ma bisogna trasformare la negatività in azioni positive verso gli altri. Dobbiamo restare umani, oltre che vivi, per poter restare su questa terra».

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