22 Ott 2021

Ballottaggi: e ci ostiniamo a chiamarla maggioranza! – Aspettando Io Non Mi Rassegno #4

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

E se la democrazia fosse una forma di Governo ormai inadatta per un sistema complesso come il nostro Paese? Sembra essere questo il dato principale emerso dall'ultima tornata elettorale. Ma nella puntata odierna di Aspettando Io non mi rassegno, Andrea Degl'Innocenti affronta anche il tema della crisi energetica, dei vaccini e del superbonus edilizio.

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Ed eccoci a un altro venerdì. Manca davvero poco all’inizio della seconda stagione di Io non mi rassegno. Intanto, per ingannare l’attesa, eccovi la quarta puntata di Aspettando Io Non Mi Rassegno, con il commento dei fatti principali successi questa settimana.

Ballottaggi

Trionfo del centrosinistra, debacle del centrodestra, scomparsa del Movimento 5 Stelle. Tutto parzialmente vero. Quanto parzialmente? Facciamo due conti. Secondo i dati resi pubblici nei 65 Comuni al voto si è recato alle urne appena il 43,94% degli aventi diritto.

Gli aventi diritto, a loro volta, rappresentano solo una percentuale della popolazione, visto che circa l’8,5% della popolazione è composta da stranieri non residenti, e della restante parte poco più del 20% non ha voce perché non ha compiuto i 18 anni d’età. Risultato? Solo il 72% delle persone che vivono in Italia hanno diritto di voto. Mediamente i sindaci sono stati eletti con il 55% dei voti. Significa che a votarli è stato il 17% della popolazione. Meno di un quinto. E ci ostiniamo a chiamarla maggioranza.

Aggiungeteci poi che a disertare il voto sono state soprattutto le fasce più povere e emarginate della popolazione, le periferie delle metropoli, e avrete il quadro della situazione. A Roma, nel Municipio VI, uno dei più poveri e con il più alto numero di stranieri, ha votato solo il 32% degli aventi diritto e il presidente del Municipio è stato eletto (seguendo il ragionamento di sopra) con circa il 10% dei voti sul totale della popolazione.

Ora, al netto di chi ha vinto e di chi ha perso, sembra impossibile non vedere che c’è un problema. Un problema grosso quanto una casa, anzi, quanto una città. Una classe politica, che già di per sé è un’élite, viene scelta da una élite di cittadini. E non è solo una questione di etica o di giustizia sociale. Né di élite cattive contro cittadini buoni. Tutt’altro: è un problema pratico. Come pensiamo di poter gestire l’enorme complessità delle società contemporanee con un meccanismo così povero di diversità? 

Eppure restiamo convinti che il sistema democratico attuale sia il migliore possibile, e che se le cose non funzionano sia per colpa della classe politica, delle multinazionali e delle banche, della popolazione ignorante e menefreghista. Intendiamoci, non che questi fattori non esistano o non abbiano un peso: ce l’hanno. Ma lo hanno all’interno di un modello che li legittima e li favorisce. 

Lo so, non è realistico salutare da un giorno a un altro la democrazia rappresentativa elettiva: non succederà. Ma almeno iniziare ad affiancargli dei sistemi correttivi, migliorativi, presi dalla democrazia deliberativa, sulla scia di quanto accade in Francia, Belgio e tanti altri paesi del mondo, potrebbe essere un’idea.

Piccola nota prima di chiudere il capitolo elezioni: riporta Huffington Post che i Verdi, con Europa Verde, dopo un’assenza di oltre dieci anni ritornano nei consigli comunali di molte città italiane da Roma, Bologna, Napoli e Milano e tante altre, eleggendo 57 consigliere/i. 

ballottaggi

Green Pass, vaccini e Covid

L’introduzione del lasciapassare vaccinale obbligatorio per i lavoratori ha causato diversi malumori e manifestazioni in tutto il Paese. Come redazione di Italia che Cambia abbiamo condiviso alcune riflessioni sul Green Pass in un articolo collettivo che ha l’obiettivo di stimolare un dibattito costruttivo sul tema.

Nel frattempo il Generale Figliuolo, commissario straordinario per le misure anti-Covid, ha dichiarato che se l’Italia dovesse arrivare al 90% di vaccinati il Green Pass potrebbe essere rivisto o almeno “alleggerito”, se non addirittura abolito. 

Intanto la campagna vaccinale prosegue e abbiamo un  po’ più di dati su cui riflettere. Milena Gabanelli nel suo Dataroom ci guida all’analisi dei dati sull’efficacia dei vaccini. Secondo i numeri relativi a contagi, ospedalizzazioni e terapie intensive, una persona completamente vaccinata ha il 77% di possibilità in meno di essere contagiata rispetto a una non vaccinata, il 93% in meno di essere ospedalizzata e il 95% di essere ricoverata in terapia intensiva e di morire. Il vaccino, alla prova dei dati di cui disponiamo, sembra avere una buona efficacia.

Nel Regno Unito – dove buona parte della popolazione è vaccinata ma sono state eliminate altri tipi di restrizioni, come le mascherine, quasi ovunque, e non è mai stato introdotto il Green Pass – i contagi sono tornati a salire, ma la situazione di ospedalizzazioni e terapie intensive sembra essere sotto controllo.

Restano alcuni dubbi e qualche domanda a cui personalmente non ho trovato risposta. C’è la questione delle reazioni avverse: l’Aifa ha pubblicato il nono Rapporto sulla sorveglianza dei vaccini anti-Covid, raccogliendo i dati sulle segnalazioni sospette registrate dall’inizio della vaccinazione in Italia, ossia dal 27 dicembre 2020 al 26 settembre scorso, per i quattro vaccini in uso. Su 84.010.605 di dosi somministrate, sono state 101.110 le reazioni avverse al vaccino, di cui l’85,4% non gravi. Secondo questi dati il numero di reazioni avverse sarebbe molto inferiore a comuni farmaci da banco. 

Tuttavia sono in molti i medici e i pazienti che lamentano una gestione perlomeno poco solerte delle segnalazioni, per cui c’è il sospetto che queste possano essere sensibilmente di più. Quante di più? Difficile dirlo, al momento. A sensazione – prendetela per quello che è – quasi sicuramente non da mettere in discussione l’efficacia dei vaccini, ma forse da farne riconsiderare l’utilizzo nelle fasce meno a rischio.

C’è poi la questione dei possibili effetti collaterali a medio-lungo termine. Di essi non possiamo sapere nulla o quasi per una semplice ragione di tempo e per la la tecnologia relativamente nuova usata nei vaccini a RNA. Tant’è che i vaccini contro Covid-19 non sono stati approvati con procedura standard, che richiede anni, ma “condizionata”.

Infine c’è la questione delle varianti. In un post sul suo seguitissimo blog, il medico svedese Sebastian Rushworth ipotizza che vaccinare la popolazione in maniera molto lenta e parziale dia a un virus molto variabile come il Covid il tempo di evolvere in varianti sempre più resistenti ai vaccini. Sostiene quindi che, nell’impossibilità di vaccinare tutte le persone del mondo nell’arco di poche giorni, i vaccini rappresenterebbero una spinta evolutiva per il virus. Non è chiaro però – o perlomeno non a me e non ho trovato molto a riguardo – se l’immunità prodotta dai vaccini sia una spinta a mutare più forte rispetto alla naturale immunità che si verifica dall’infezione. Se non lo fosse, l’argomentazione perderebbe il suo significato. 

Sono tutte questioni che restano almeno parzialmente irrisolte e che è difficile approfondire nel clima da guerra fredda che ha accompagnato questi mesi. Che poi intendiamoci, possiamo anche dirci che ci sta bene così, che sono rischi accettabili essendo nel mezzo di una pandemia mondiale e non abbiamo in questo istante altre soluzioni che funzionano a portata di mano. Però, ecco, almeno parliamone.

Prima di passare ad altro, un piccolo ma significativo spaccato di attualità dagli States, dove le restrizioni – perlomeno quelle all’interno delle università – stanno prendendo pieghe quasi grottesche. Questo almeno secondo quanto riporta un post di Chuck Pezeshky, professore di ingegneria presso l’università di Washington, tradotto dal prof. Ugo Bardi su The Unconditional Blog.

green pass obbligatorio

La Svizzera raziona l’elettricità?

Intanto in Svizzera ci sono le prime avvisaglie di crisi energetica. Secondo quanto riportato da Rsi News, il Consiglio federale sta già informando le aziende svizzere sulle possibili misure in caso di carenza di elettricità, con tanto di opuscoli informativi che sono stati inviati a circa 30.000 aziende.

Il documento informa le imprese svizzere che in caso di penuria di elettricità “il Consiglio federale può obbligarle a ridurre il loro consumo di elettricità di una certa percentuale”. Secondo l’opuscolo, “il primo passo in caso di carenza di elettricità è quello di invitare la popolazione a ridurre i consumi. In una seconda fase, il Consiglio federale può vietare l’impiego di piscine, impianti di condizionamento o scale mobili. Solo in una terza fase si possono imporre quote di consumo energetico all’economia”. L’opuscolo invita quindi le aziende a “considerare, già da subito, come possono risparmiare energia elettrica”.

Oltre alla pandemia, lo scenario di una carenza di elettricità è attualmente considerato come la più grande minaccia per l’approvvigionamento della Svizzera. E il problema ovviamente non è solo elvetico: la settimana è iniziata con nuovi rincari sul gas naturale, che hanno fatto segnare un più 18 per cento. I prezzi altissimi del gas in Europa sono il frutto delle decisioni di Gazprom, la principale azienda che estrae e lavora il gas in Russia. Putin ha chiuso i rubinetti e molti analisti sono convinti che la sua decisione sia soprattutto politica: vorrebbe così accelerare il via libera per la costruzione del gasdotto NordStream2, che collegherebbe direttamente Mosca con la Germania.

Germania e Europa sembrerebbero intenzionate a dare il via libera alla costruzione. Ma è una vera soluzione? Ha senso costruire un enorme gasdotto nel momento in cui dobbiamo affrancarci dalla dipendenza dai combustibili fossili e smettere di bruciare qualsiasi cosa? Non potremmo cogliere la palla al balzo per dare un’accelerata sul fronte della transizione energetica per puntare sulle rinnovabili, sul risparmio energetico, sull’efficientamento degli edifici? Domande retoriche, almeno per quanto ci riguarda, ma che in pochi sembrano farsi, con l’acqua della crisi energetica che inizia a salire sopra il collo. 

Ancora sull’aumento prezzi

Le scelte della Russia, ad ogni modo, sono solo un pezzetto del problema energetico. Che ha radici molto più profonde, come spiegavamo lo scorso venerdì e ha a che fare con cambiamenti climatici ed esaurimento dei combustibili fossili. L’aumento del costo dell’energia, assieme all’instabilità climatica, sembrano essere alla base anche dell’andamento anomalo del costo del cibo. 

Nel suo ultimo report del 7 ottobre, la Fao ha mostrato una preoccupante impennata del Food Price Index (l’indice globale del prezzo del cibo), che è salito del +38,8% rispetto a settembre 2020. Il sistema scricchiola, vistosamente, sempre di più.

putin ballottaggi

Superbonus 110%

Tornando in Italia, ma restando in tema, il Governo sembra aver sciolto i dubbi principali relativi alla proroga del Superbonus 100%. Una misura che, se usata bene, può dare uno slancio importante alla transizione energetica nel nostro paese, riducendo di molto gli sprechi energetici degli edifici e incentivando la produzione da rinnovabili e il riscaldamento attraverso pompe di calore. 

Scrive il Sole 24 Ore che “il 110% sarà prorogato al 31 dicembre 2023, come avevano chiesto tutte le forze politiche e il Parlamento a più riprese con diverse risoluzioni. Non sarà, però, una proroga piena, bensì una proroga selettiva, limitata ai condomini e agli Istituti autonomi case popolari (o equivalenti). Saranno escluse dal rinnovo le villette e le altre tipologie di immobili che potranno godere del beneficio soltanto fino al 2022: gli edifici unifamiliari e quelli composti da due a quattro unità immobiliari indipendenti e distintamente accatastate”.

La prevista esclusione di alcune categorie di edifici sembra depotenziare la misura e ha suscitato molte critiche. Su Equologia la rete Ecofuturo afferma: “Come rete di Ecofuturo Festival non possiamo che essere contrari a quanto sta emergendo nel testo, al vaglio delle Camere, della prossima manovra finanziaria. Da quanto emerge, infatti, la proroga al 2023 dovrebbe valere soltanto per i condomini, escludendo edifici singoli e villette mono e plurifamiliari. Su questo tema faremo una manifestazione durante le nostre iniziative programmate ad Ecomondo/Key Energy”. 

Sempre il Sole 24 ore riporta però che il M5S starebbe facendo pressing sul governo per estendere fino al 2023 anche le misure relative agli edifici unifamiliari, per i quali al momento il Superbonus vale solo fino al 2022. 

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