Alida Mazzaro: sesso e femminismo? La vera rivoluzione è parlarne con gioia – Amore Che Cambia #27
Seguici su:
Roma, Lazio - Uno dei lavori più difficili che spetta al o alla giornalista (o aspirante tale) è quello di intervistare una propria amica o una persona a cui teniamo moltissimo. Mi capita in una soleggiante Roma di inizio estate, a giugno 2021, in una delle pochissime tappe del nostro viaggio nell’Amore e nel Sesso che cambia in cui ho viaggiato da solo. Vado a trovare Alida Mazzaro, che oltre a essere stata in passato una collaboratrice di Italia che Cambia, è una persona che mi ha donato sempre tantissimi stimoli e che ho sempre ammirato profondamente per la sua schiettezza e per il suo carattere determinato.
Friulana dentro (di Gemona del Friuli), con il cuore rivolto verso il mondo, mi accoglie nella sua casa, curata in ogni minimo dettaglio. Ci giro intorno da un po’ di righe, ma lo ammetto: non ho la più pallida idea di come impostare l’intervista. Ci penso da giorni ma non sono riuscito a stilare una scaletta. Ma a volte va così e decido di farmi trascinare dal flusso e da ciò che viene, un approccio che a primo impatto non è molto professionale e che farà inorridire i maniaci del controllo. Un approccio che si rivelerà, invece, vincente.
Il percorso di vita e professionale
Alida è un vulcano di vita vissuta e respirata a pieni polmoni, si è trasformata e ritrasformata tantissime volte: ha fatto mestieri come l’agente di commercio a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta – «quando nessuna donna, o quasi, lo faceva ed era un mondo dominato dal sesso maschile», mi racconta –, si è stancata e ha lavorato con il corpo e per il corpo divenendo operatrice shiatsu presso l’Apis e successivamente Insegnante Yoga Kundalini e Restorative Yoga certificata nonché Naturopata, Counselor Trainer, Formatrice, Floriterapeuta.
Perché siamo qui a parlare di amore e di sesso con lei? Perché nel corso del suo lavoro con il corpo e con la consapevolezza su di esso, a un certo punto è diventata consulente per La Valigia Rossa, un’azienda di donne nata dall’idea di Cristina Luzzi e Natalia Guerrero Fernández che, apparentemente, si occupa di vendere giocattoli sessuali per donne, ma lo fa con una modalità insolita e originale, proponendo degli incontri a domicilio con le donne interessate, uno spazio protetto dove potersi confrontare sul tema della sessualità e creare consapevolezza sul tema.
Dopo quell’esperienza, Alida Mazzaro si è scoperta anche scrittrice, grazie al libro Io e Lei: Manuale di manutenzione olistica per una Va.Gina consapevole, che al limite tra l’ironia e il gioco si pone l’obiettivo di far capire quanto sia importante, per la donna, prendersi cura della vagina da molteplici punti di vista, compreso un sano rapporto con il proprio autoerotismo.
Da questa esperienza, grazie anche al contributo di Settimo Marrone, è nato il canale Youtube Regine Felici, un approfondimento in video dei temi trattati sul libro dove l’ironia e la leggerezza sono gli immancabili ingredienti per creare consapevolezza: «Può sembrare sterile associare ironia e sensualità, ma vi assicuro che c’è n’è un gran bisogno –ci spiega Alida – perché nella mia esperienza con la Valigia Rossa sono rimasta davvero stupita di quanto fosse difficile per noi donne parlare con disinvoltura di sessualità e masturbazione».
«A volte – prosegue – sentivo frasi del tipo “interessanti i sex toys, ma io ho un compagno”, come se praticare un sano autoerotismo fosse impensabile in un rapporto di coppia. Ma questo è solo per dirne una: in generale mi ha davvero toccato incontrare molte donne, anche molto giovani, e scoprire come non sapessero minimamente rapportarsi alla sessualità in termini giocosi e leggeri. È stato quello che mi ha ispirato a parlare sempre di più di sessualità, sempre nell’ottica di consapevolezza corporale».
Io e lei: manuale esplicito per una sessualità consapevole |
Un passo indietro: Trieste e il mondo lavorativo
Nei due video che vi proponiamo, Alida Mazzaro ci ha raccontato approfonditamente la sua vita, che ho provato a riassumere qui sopra. Agente di commercio a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, ha subito tutte le angherie e prevaricazioni di un mondo lavorativo prettamente maschile, tipiche della cultura di quegli anni e, purtroppo, ancora non completamente superata: vessazioni professionali, continue allusioni sessuali e svalutazione delle sue capacità lavorative.
Se a questo aggiungiamo che Alida è stata una delle prime donne a divorziare in Italia, il quadro si fa ancora più fosco: «Interpreto il mio femminismo non come una battaglia di piazza – ci spiega – ma come una lotta individuale che ho dovuto affrontare quotidianamente per non soccombere. Nonostante tutto, sono riuscita ad andare avanti e ad affermarmi come professionista, senza per questo dover ledere la mia dignità. Ho accettato solo compromessi per i quali potevo scendere a patti, non ho mai venduto o umiliato il mio corpo per ottenere favori. Ho lasciato il mondo del commercio solo perché a un certo punto ho capito che quella mentalità egoista e ruffiana era il sinonimo del patriarcato che stava distruggendo il mondo. Io volevo un’altra vita e ho scelto consapevolmente di occuparmi del benessere individuale e del nostro rapporto con il corpo: mi risuonavano in questo i valori di condivisione e ascolto tipici della femminilità».
Voglio riportarvi un passaggio del nostro scambio che, inaspettatamente, mi ha colpito molto e che riguarda il nostro caro tema dell’immaginario. Nel 1976, per circa otto anni, Alida si trasferisce a Trieste per motivi di lavoro, dopo aver affrontato il divorzio dal suo ex marito. Lì scopre un mondo affascinantissimo: quello dell’indipendenza e della fierezza delle donne triestine. Complice la nota apertura della città, con una mentalità mitteleuropea, Alida vive anni in cui vede avverarsi un sogno che aveva sempre portato nel cuore: l’indipendenza delle donne sul tema della sessualità.
«Uscivamo tutte insieme ed ero entusiasta della fierezza delle mie amiche triestine. Quando andavamo in discoteca erano loro a decidere quali uomini portarsi a letto, come farlo e di mandarli via di casa una volta fatto. Venivo da un contesto in cui mi era stato insegnato che dovevo arrivare vergine al matrimonio. Le donne triestine non avevano problemi a cambiare uomo e a farlo pubblicamente, senza paura: uno shock! Per me, ovviamente, stupendo!».
Per quanto oggi siamo abituate e abituati a questo, mi piace immedesimarmi in quello che rappresentava in quegli anni questo messaggio e quanto sia carico di potenza e determinazione. Ma, ancora di più, rimango colpito dal racconto di Alida Mazzaro, perché non emana nessun senso di trucidità, rozzezza o volgarità: «Mi è rimasta nel cuore una mia carissima amica con cui uscivo insieme ad altre. Si prendeva a cuore gli uomini più timidi: se loro non si facevano avanti, pur se lo avrebbero voluto, era lei a prendere iniziativa e se li portava a letto. Rifiutava sempre le avances di quelli più sbruffoni e sfacciati, desiderava solo coloro che per timidezza non riuscivano a esprimersi e li individuava subito!».
«Io la vedevo un po’ come la dea del sesso, una sorta di “Prostituta Sacra” che porterò sempre con me, perché lo faceva con il cuore, con gioia, per evitare che chi non riusciva a farsi avanti rimanesse poi triste e solo. Non c’era volgarità, era come donare una parte di lei perché sapeva donare davvero se stessa senza ricompense di nessun tipo. Mi ha insegnato la leggerezza e l’allegria nel parlare di sesso, quello che ho poi cercato di fare dopo nella mia vita».
Ruoli, famiglie e vita sessuale
Quella con Alida Mazzaro è una chiacchierata fiume che vola via come niente. Siamo insieme quasi due ore, proseguendo poi con un calice di vino a telecamera spenta, a parlare del ruolo del cattolicesimo nella vita sessuale delle persone («pazzesco come abbiano relegato le donne agli angoli e incentivato un senso di colpa perenne nelle persone che non ha nessun senso»).
Ma anche dell’aborto che lei ha vissuto sulla sua pelle, due volte spontaneo e due volte per scelta, e delle implicazioni sulla maternità e sulla qualità della vita che questa decisione comporta («non mi sono mai pentita di questa scelta. Il che non significa che non ho provato dolore. Io mi sento una persona materna, ma esprimo questa qualità non nel ruolo di madre, non mi appartiene»), dei ruoli e delle gabbie che questi comportano ( «non mi spiego come l’unica forma di realizzazione per la donna sia quella di diventare madre o di riuscire nel lavoro. Non tutte nascono con queste aspirazioni e non per questo siamo meno felici di altre. Anzi…»), della famiglia e del suo significato simbolico («permettimi di dirti, anche se sarò antipatica: quando due persone vivono solo per la famiglia, questa diventa una cellula asfittica, non comunica con l’esterno ed autoalimenta un egoismo e una pesantezza che non fanno per me») e di tantissimi altri temi che approfondiamo nei due video e nell’intervista integrale che vi proponiamo e che sono parte integrante di queste righe.
È possibile parlare di questi temi con leggerezza?
Esco che è già buio. Le vie della città di Roma sono piene di persone che cominciano a godersi le serate estive all’aperto, io mi metto in un angolo e improvviso un’improbabile diretta in solitaria mentre alcuni turisti inglesi mi guardano divertiti. Non so se riesco a trasmetterlo, ma questo incontro con Alida mi dona davvero leggerezza e desiderio di vivere la vita per quello che ci dona. Nonostante abbiamo affrontato temi non proprio leggeri, come l’aborto in primis, Alida ci mette sempre la faccia e, pur non condividendo tutte le sue posizioni, mi aiuta a riflettere. Sono un uomo che desidera una famiglia, ma le sue posizioni sulla famiglia mi trovano d’accordo, solo per citare un esempio.
La apprezzo e la ringrazio pubblicamente per questo piccolo testamento di vita vissuta che mi dona: credo che il suo più profondo significato sia l’importanza della libertà, del godimento e dell’assunzione della responsabilità nelle proprie scelte. «La vita è in continua evoluzione e oggi, rispetto ai miei anni, la situazione per le donne è oggettivamente migliorata. Oggi le donne si sono stancate di essere la “costola di Adamo”; lavorano, scelgono e lottano per il proprio destino, studiano, sono più indipendenti ovunque, anche nei mondi apparentemente più arretrati del nostro, viaggiano da sole. Ovvio, ci sono ancora dei problemi: non guadagniamo come gli uomini, siamo discriminate, spesso il cambiamento sembra lentissimo e può essere frustrante».
«Il patriarcato – conclude Alida – ci lascia sicuramente spazio anche per nascondere sotto il tappeto lo sfacelo di un sistema economico e sociale fondato sull’individualismo e sull’egoismo: tutte caratteristiche prettamente maschili e di cui paghiamo oggi le conseguenze. Però, considerato tutto, abbiamo la possibilità di aumentare il nostro peso e i nostri spazi nella società: possiamo diffondere un messaggio di sostegno, di condivisione e di socialità alternativo a quello che viviamo e in questo il femminile può darci una grossa mano. Dobbiamo studiare, impegnarci, specializzarci, incuriosirci sempre e smettere di delegare il più possibile».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento