10 Set 2021

Too Good to Waste: ecco come gli “scarti” combattono lo spreco di cibo

Scritto da: Redazione

Una giovane azienda emiliana impegnata nell'elaborare soluzioni per ridurre gli sprechi e favorire l'economia circolare ha lanciato un progetto chiamato Too Good to Waste, che attraverso l'impiego di scarti alimentari ha messo a punto una tecnologia in grado di allungare la vita dei prodotti freschi.

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Nel mondo si spreca molto cibo, troppo. Secondo recenti stime della FAO, ben un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato lungo la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo. E le cose stanno peggiorando: secondo autorevoli stime, lo spreco alimentare è in crescita, e nel 2030 toccherà ben il 40% del cibo prodotto a livello globale.

Una situazione chiaramente insostenibile, sia in termini ambientali – produrre cibo comporta l’uso di risorse naturali, come ad esempio acqua e suolo, e provoca l’emissione di CO2 – sia economici e industriali, poiché una filiera così inefficiente genera costi a carico di aziende e consumatori. Ancora, lo spreco alimentare è inaccettabile da un punto di vista morale, considerando che nel mondo le persone denutrite sono quasi 700 milioni.

Too Good to Waste 1

Packtin dà il suo contributo a invertire il trend, attraverso Too Good to Waste, progetto finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Packtin è una piattaforma tecno-scientifica per la valorizzazione a 360° dei sottoprodotti agroindustriali, è stata fondata da un team di ricercatori specializzati in microbiologia dell’UNIMORE e ha sede a Reggio Emilia.

Packtin sta sviluppando in Emilia-Romagna un impianto-pilota per scomporre i sottoprodotti agro-industriali – cioè quelli che erroneamente vengono definiti scarti agroalimentari, come le bucce di pomodoro o il pastazzo di arancia –, rendendoli disponibili come nuove materie prime per il mercato e per la creazione di prodotti naturali di qualità da usare nell’industria alimentare.

«Spesso le bucce di pomodoro, di carota o il pastazzo di arancia vengono definiti “scarti” dai non-addetti ai lavori», spiega Andrea Quartieri, COO e co-fondatore di Packtin. «In realtà questi sottoprodotti hanno un enorme potenziale a beneficio delle persone, perché contengono vitamine, fibre e antiossidanti preziosi per la salute umana, e dai molteplici impieghi».

Too Good to Waste 2

E uno dei campi di applicazione più interessanti per le nuove materie prime recuperate da Packtin è la creazione di rivestimenti commestibili e biodegradabili per frutta e verdura fresche allo scopo di migliorarne quella che gli addetti ai lavori chiamano shelf-life (vita di scaffale), agendo sulla maturazione o sulla protezione dalle infezioni microbiche. L’obiettivo del progetto Too Good to Waste è ottimizzare la composizione di rivestimenti per il trattamento di due prodotti d’eccellenza del settore ortofrutticolo italiano: i pomodori e le arance.

Partendo dalle fibre e dagli estratti naturali ottenuti con il già citato impianto-pilota, Packtin sta sviluppando, rivestimenti biodegradabili, commestibili e facilmente lavabili che possano costituire un’alternativa ai trattamenti oggi utilizzati, come la ceratura per gli agrumi, che peraltro rende la buccia non edibile. La combinazione di fibre naturali ed estratti vegetali con funzioni antiossidanti e antimicrobiche può diminuire la percentuale di prodotti scartati rallentando la maturazione e proteggendo dagli agenti infettivi, con un ovvio calo degli sprechi a beneficio del pianeta, dei consumatori e delle aziende.

Too Good to Waste 3

«Questi rivestimenti migliorano la vita post-raccolta degli alimenti ortofrutticoli, che di solito “durano” pochi giorni», spiega Quartieri. «Com’è noto, il settore ortofrutticolo subisce grosse perdite lungo la filiera, dal campo alla tavola. Attraverso il progetto Too Good to Waste la nostra tecnologia, “allungando la vita” a frutta e verdura, permette di migliorare la gestione del prodotto fresco in modo da ridurre gli sprechi durante le fasi di lavorazione, stoccaggio, trasporto, vendita e infine consumo».

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