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Bologna, Emilia-Romagna - Portare nelle scuole didattica e propedeutica musicale mettendo insieme diversi linguaggi artistici, con l’amara consapevolezza di doversi continuamente scontrare con un’enorme lacuna del nostro sistema educativo, ovvero il deficit strutturale che all’interno del sistema scolastico non tiene conto dell’importanza dell’educazione artistica e musicale nel percorso di formazione dei bambini e dei ragazzi.
Da oltre quindici anni, Giulia Leonardi e Claudio Conforto sono il cuore pulsante di un progetto che affonda le proprie radici in un approccio multidisciplinare e sfaccettato, come una pianta nella terra. La Foresta in Testa è un’associazione culturale che si è formalmente costituita nel 2014 come naturale evoluzione di un precedente percorso animato da studenti dell’accademia, educatori e musicisti – il gruppo Falalla – e che da allora ha come focus principale quello di portare nelle scuole e non solo la propedeutica musicale, partendo dai più piccoli.
Grazie a più di un decennio di esperienza in questo ambito, la Foresta in Testa ha fatto sì che la contaminazione e la commistione tra diverse metodologie diventassero valori aggiunti. Questo anche grazie alla composizione interna del gruppo: Claudio e Giulia sono due professionisti con formazioni diverse, così come diverse formazioni hanno gli altri collaboratori dell’associazione.
Partendo dal metodo Orff Schulwerk (definito più come un sistema pedagogico integrato) e il Dalcroze (apprendimento della musica attraverso il corpo e la danza), fino ad approdare al pensiero di Edwin Gordon (rivolto ai piccolissimi, prevede l’assorbimento della musica attraverso il canto) per un approccio alla musica sfaccettato e in continua evoluzione, fare propedeutica vuol dire anche non smettere mai di studiare, formarsi e contaminarsi.
Uno dei principi ispiratori del percorso – anzi, la vera e propria chiave di volta che ha permesso un importante salto qualitativo – è stato quello di concentrarsi sul concetto di continuità, ovvero come si arriva a studiare uno strumento musicale: partendo dal presupposto che nella storia di un individuo il maggior momento di apertura va da 0 a 3 anni, si può dedurre che è in questa fascia d’età che si è più capaci di apprendere strutture musicali anche molto complesse.
È in questo momento che si forma il nostro primo pensiero musicale, quello che in termini tecnici viene definito come audiation. Secondo questo principio, più sarà intensa l’esposizione alla musica in questa fase e più sarà naturale l’approccio a uno strumento in un secondo momento. Predisporre, creare le condizioni, abituare la mente, aprirla e renderla elastica: è questo il ruolo educativo della propedeutica musicale per l’infanzia.
Il Music Camp rivolto a bambini dai 9 ai 14 anni, organizzato in Valsamoggia, tra i colli bolognesi, e ospitato dalla Casa LaLodola, durante l’ultima settimana dello scorso agosto è una riprova di come mettersi costantemente alla prova sia lo spirito guida dell’associazione. «L’idea era quella di accompagnare i bambini in un’esperienza musicale a trecentosessanta gradi, immersi nella natura incontaminata», spiegano gli organizzatori.
«La quasi totalità dei partecipanti proveniva da contesti urbani; senza contare i quasi due anni di restrizioni e distanziamento dovuti alla pandemia sindemica di Covid 19. L’idea del campo musicale è nata proprio dalla riflessione su quanto i bambini e i ragazzi siano stati tra i più colpiti e allo stesso tempo tra i meno tutelati nel corso della pandemia. A quell’età le relazioni con l’altro sono di vitale importanza: lanciarci in quest’avventura ci ha dato la sensazione di poter contribuire nel nostro piccolo nel restituire un po’ di quanto avevano perso nei mesi precedenti».
Per partecipare non era necessario saper suonare, il gruppo era quindi eterogeneo e composto da piccoli musicisti, ma anche ragazzi che non si erano mai approcciati prima a uno strumento: «Grazie all’impostazione che abbiamo scelto per questo esperimento di musica e socialità non si sono create rotture tra chi era magari più abituato al linguaggio musicale rispetto ad altri. Suonare divertendosi, comporre piccoli brani ispirandosi a contesti cinematografici, come un film d’avventura o un fantasy e persino un documentario sull’uccello del paradiso e la tigre bianca, sono state tra le attività che hanno animato la settimana, ma anche tanto gioco libero, laboratori di cucina ed escursioni nel bosco, per approfondire il legame tra musica e natura».
Uno dei momenti più amato dai bambini era il cerchio serale in cui si cantava accompagnati dalla chitarra o dalla fisarmonica: «Abbiamo selezionato una serie di brani del cantautorato italiano, una scelta forse un po’ rischiosa: non sapevamo se a questi giovanissimi cresciuti a internet e musica pop sarebbe piaciuta Azzurro o Tintarella di Luna, ma siamo stati ripagati da un entusiasmo inaspettato».
Queste interessanti caratteristiche del progetto – l’inclusività e l’accessibilità – rendono la musica un linguaggio per tutti, grazie al gioco e alla sperimentazione della propria fantasia. Imparare ad ascoltarsi reciprocamente, sentire la musica con il corpo in una condizione di interconnessione con l’ambiente naturale in cui si era immersi, manipolare la terra o la farina allo stesso modo in cui si fa esperienza con uno strumento musicale, imparare ad autogestire il tempo e i momenti di convivialità, portare i bambini all’autonomia e a prendersi cura del gruppo in cui erano inseriti. Queste le linee guida della fruttuosa settimana organizzata da La Foresta in Testa, che ci si augura sia solo il primo passo per una nuova frontiera di studio e apprendimento da far crescere nel tempo.
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