“Facciamo girare l’olio”: economia circolare a sostegno delle donne vittime di violenza
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Genova - Frisceu, panissa, focaccine, foglie di salvia, fiori di zucchina, latte dolce e latte brusco, ma anche le semplici patatine a fiammifero. Merende golose, contorni e secondi piatti tipici genovesi. Ma cosa succede nei ristoranti di Genova dopo aver fritto tutte queste sfiziosità?
Per legge tutte le attività di ristorazione sono tenute a smaltire correttamente l’olio esausto, compilando una modulistica dove si dichiara esplicitamente come e dove viene smaltito. D’altronde gli oli esausti, non essendo biodegradabili, sono inquinanti per l’ambiente: se bruciati, liberano sostanze nocive per le nostre vie respiratorie e se versati negli scarichi domestici – abitudine purtroppo ancora presente in molte case italiane – comportano una riduzione della quantità di ossigeno a disposizione della flora e della fauna marina e un solo litro di olio vegetale contamina circa 1 milione di litri d’acqua.
A Genova, però, il recupero dell’olio può tramutarsi in una preziosa opportunità di riscatto per molte donne in difficoltà.
“FACCIAMO GIRARE L’OLIO“
“Facciamo girare l’olio” è il nuovo progetto dell’associazione Non Solo Parole che, attraverso l’olio esausto e grazie alla collaborazione con l’azienda toscana Ecorec, restituisce indipendenza e dignità alle vittime di violenza domestica.
«Avevamo già iniziato questo progetto lo scorso anno, in forma pilota», racconta Miriam Kisilevsky, presidente dell’associazione. «Quella del 2020 è stata una sorta di “edizione zero”, che però ci ha permesso di capire la portata e gli effetti positivi di questa iniziativa sul territorio».
Ora Non solo Parole sta coinvolgendo ristoranti, panifici, gastronomie, rosticcerie e chiunque abbia olio esausto da smaltire per invitarli a far parte di questo circuito di solidarietà.
COME FUNZIONA?
Per donare l’olio vegetale al termine del suo utilizzo è necessario contattare l’associazione, attraverso cui si attiverà il contratto con l’azienda specializzata Ecorec. Poco dopo verranno consegnati, su appuntamento, uno o più bidoni vuoti da riempire. Ogni ristoratore che diventa un produttore di olio esausto, riceve quindi un contributo di 25 centesimi al chilo, ai quali si aggiungono 6 centesimi che vengono destinati all’associazione.
Il 100% della somma raccolta contribuisce al sostegno di donne vittime di violenza domestica, che hanno modo così di allontanarsi da casa in tempi più brevi.
CHI SI SOSTIENE ADERENDO AL PROGETTO
«In questo periodo stiamo sostenendo un numero sempre crescente di donne sole o mamme con bambini anche piccoli che hanno subito violenza, sia fisica che psicologica. In questi anni abbiamo notato che la loro principale difficoltà è la mancanza di indipendenza economica: spesso sono disoccupate oppure lo stipendio che queste donne ricevono ogni mese non è sufficiente a coprire le spese di un affitto e le varie utenze».
Ci sono anche situazioni in cui queste donne lavorano ma non hanno un contratto stabile oppure casi in cui c’è un conto in banca in comune con l’ex compagno, con un capitale bloccato a cui non è possibile accedere, quantomeno momentaneamente.
INDIPENDENZA E PROTEZIONE
«Le donne che si rivolgono a noi hanno bisogno principalmente di due cose: indipendenza e protezione. Quello che possiamo fare è restituire loro un’indipendenza economica, pagando bollette e contratti d’affitto, tutte spese impensabili per chi quei soldi non sa dove prenderli».
L’associazione Non solo Parole dispone anche di un magazzino solidale dove sono presenti vestiti di tutte le taglie, per adulti e bambini, attrezzature per neonati, tovaglie e tanti accessori per la casa: «Vogliamo che tutte coloro che ci chiedono aiuto possano sentirsi libere di poter prendere decisioni in autonomia, per riuscire a ripartire con una nuova vita senza ricatti, come armadi sottochiave o altre forme di tormento per le donne che si lasciano alle spalle queste relazioni».
Miriam poi indirizza ognuna di loro a un centro antiviolenza, che ha un canale preferenziale con le forze dell’ordine.
L’ASSOCIAZIONE
Oltre a queste donne, Non Solo Parole sostiene circa trecento famiglie genovesi in situazioni di criticità socio-economiche e promuove gli acquisti nei negozi sotto casa e nelle botteghe di quartiere, per contribuire a conservare quel tessuto sociale che mantiene vive le periferie.
«Adesso invitiamo tutti i ristoratori, panettieri e pizzaioli ad adottare un bidone, che non solo aiuta le donne in fuga, ma anche l’ambiente, salvaguardando la qualità delle acque».
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