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Imperia - Parco Roya è un campo conosciuto a molti: aperto per anni a Ventimiglia, ospitava i migranti che giungevano in questa città come ultima tappa italiana prima di oltrepassare il confine e che, non senza paure e attese, aspettavano con speranza il momento di poter entrare in Francia. Dal 2016 il campo era gestito dalla Croce Rossa. Diciamo “era” proprio perché, con l’inizio dell’emergenza sanitaria, il centro è stato chiuso definitivamente a nuovi ingressi per garantire maggior sicurezza ed evitare la proliferazione dei contagi. Una misura che è pesata molto in quanto, dopo essere stato messo in quarantena ben due volte, ad agosto le istituzioni hanno deciso di non rinnovare l’incarico alla Croce Rossa e il risultato è ricaduto direttamente su coloro che erano qui ospiti.
Molti sono stati trasferiti in altre strutture della provincia e, dalla sua chiusura, centinaia di persone sono finite in strada. Purtroppo è mancato un sistema di controllo capillare che tutelasse la salute delle persone e la prevenzione dei contagi.
In mancanza di questo importante presidio, è venuto meno l’unico dispositivo di accoglienza per migranti in transito sul territorio. Da novembre 2020, quindi, alcune organizzazioni come Caritas Intemelia, Diaconia Valdese (supportata dal DRC – Danish Refugee Council) e WeWorld hanno aperto a Ventimiglia una casa, messa a disposizione dalla Diocesi, per famiglie e donne sole in transito, dando loro ospitalità. Il progetto, durato sette mesi, è stato realizzato grazie a donazioni, sovvenzioni private e risorse interne e ha permesso di offrire un aiuto a quasi 600 persone migranti in viaggio verso altri paesi europei.
![Ventimiglia](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2021/08/Ventimiglia-1024x681.jpg)
Come riportato in una nota stampa della Diocesi di Ventimiglia, in questo periodo hanno beneficiato dell’accoglienza 222 nuclei familiari in transito e provenienti da 28 paesi diversi. Il 44% degli ospiti sono state donne ed il 35% bambini e ragazzi minorenni (il più piccolo dei quali di soli dieci giorni di vita). Ma chi sono i migranti che giungono a Ventimiglia? Famiglie in fuga dalla Siria, dall’Afghanistan, da Iraq, Iran, Libia, Sudan, Marocco e Algeria. Le loro sono storie di guerre da cui scappare, di viaggi incerti che durano mesi, di mari attraversati e frontiere superate.
Alcuni hanno attraversato la rotta balcanica, altri sono sbarcati a Lampedusa. Poi ci sono coloro che non hanno più la protezione umanitaria o a cui è stato negato l’asilo politico dalla Commissione territoriale dopo un periodo di tempo in Italia, o ancora le persone definite “dublinate”, ovvero coloro che sono state intercettate in un altro Stato europeo e rimandate in Italia in quanto primo Paese in cui sono state identificate, secondo quanto stabilito dal Trattato di Dublino.
Il progetto di accoglienza è stato possibile anche grazie all’impegno di un gruppo di volontari (provenienti da esperienze lavorative e personali molto diversificate) che quotidianamente si sono messi a disposizione per offrire un aiuto nella gestione della casa. Presso la sede della Caritas Intemelia, oltre ai servizi attivi per le persone residenti in difficoltà, sono stati offerti: l’approvvigionamento di beni di prima necessità, la presenza di operatori sanitari volontari e la consulenza presso lo sportello legale, oltre che attività di informazione sul territorio organizzate da Diaconia Valdese e WeWorld.
![Ventimiglia2](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2021/08/Ventimiglia2-1024x681.jpg)
Le organizzazioni di settore, ora chiedono la riapertura di un centro di accoglienza che possa nuovamente dare ospitalità, offrire adeguati servizi igienici e aiuti. Come riportato dalla nota stampa, «esattamente 6 anni fa, l’11 giugno 2015, la Francia ha sospeso Schengen avviando controlli sistematici alle frontiere con le conseguenze per le persone migranti e per la città che tutti conosciamo. Riteniamo quindi che non si debba più parlare di “emergenza” e che questa situazione non possa essere gestita solo in termini di sicurezza; è indispensabile un impegno delle Istituzioni per una risposta umanitaria che non può essere demandata unicamente alle organizzazioni di volontariato, non governative e solidali, senza aiuti pubblici».
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