25 Ago 2021

Il sogno realizzato da Marta: da Genova all’Africa per salvare i bimbi nati prematuri

Scritto da: Valentina D'Amora

Marta è un'ostetrica genovese che tre anni fa ha deciso di portare la sue competenze in Africa. In realtà oggi Marta sta facendo molto di più, perché da quando vive in Tanzania ha messo in atto una rivoluzione: due anni fa ha creato una stanza dedicata ai bambini nati prematuri nell'ospedale di St. Jospeph di Ikelu e a fine anno verrà aperto un reparto di neonatologia, sostenendo anche il ricovero delle mamme e dei loro bimbi prematuri.

Salva nei preferiti

Genova - La storia che vi raccontiamo oggi è quella di una ragazza genovese di 27 anni. Sorridente e sicura, dietro un velo di timidezza, il suo sguardo rivela tutta la sua determinazione. Marta Scarzella decide di diventare ostetrica in quinta liceo per concretizzare la sua passione innata per i più piccoli. Il suo sogno però è quello di far nascere i bambini in Africa. Sì, perché il mal d’Africa ce l’aveva prima ancora di esserci stata: aveva vissuto, attraverso gli occhi e i racconti della sua migliore amica, un’esperienza di volontariato in Rwanda e quella luce aveva contagiato anche lei. Così nel 2016 si laurea concentrando i suoi studi sull’assistenza alla donna in tutte le fasi della vita: «Adesso finalmente posso partire con qualcosa in mano: per aiutare sì, ma con delle competenze nello zaino». Senza sapere che, nel fare questo, avrebbe messo in atto una rivoluzione. 

L’AFRICA

Nel 2017 va in missione in Repubblica Centrafricana insieme ai frati carmelitani scalzi di Arenzano e per quasi tre mesi lavora come volontaria tuttofare all’interno di un dispensario (ambulatorio dove vengono anche distribuiti medicinali, ndr). «Mentre mi trovavo in Centrafrica, postavo molte foto e un giorno un amico mi scrive raccontandomi che anche suo padre in quel momento stava lavorando in Africa in un ospedale». 

Marta scarzella ostetrica tanzania

Al rientro in Italia, mentre lavora per un periodo al Gaslini, viene a sapere, proprio tramite quel ragazzo, che nell’ospedale di Ikelu stanno cercando un’ostetrica. A febbraio 2018 quindi riparte, stavolta per la Tanzania, e inizia la sua avventura con una piccola associazione con sede in Val Camonica, Pamoya onlus, che in swahili significa “insieme”.

Marta si ambienta presto e impara in poco tempo lo swahili, prendendo lezioni per due settimane da un insegnante tanzaniano, ma soprattutto praticando subito sul campo, a contatto con le pazienti. 

IL REPARTO PER BAMBINI NATI PRETERMINE

A fine 2018 però, mentre Marta si trova nel reparto maternità dell’ospedale, accade qualcosa che fa scattare in lei una nuova scintilla. «Quel giorno, mentre assisto in sala parto, nasce un bambino prematuro che da subito inizia a stare male e dopo poco quel piccolo mi muore tra le mani. Avremmo potuto provarci, invece non c’era neanche un posto dove fare una rianimazione e senza strumenti e un luogo adeguato non potevamo fare nulla per evitare quelle morti». 

Marta si mobilita immediatamente. «In poco tempo abbiamo allestito una stanza del reparto maternità per i piccoli nati pretermine: abbiamo creato un luogo accogliente, sostituito finestre e porte grazie a diverse donazioni e col tempo quella stanza è poi diventata un reparto a sé». Nel frattempo arrivano in dono tre incubatrici, una lampada per la fototerapia e tanti strumenti per l’assistenza del neonato, prematuro e non solo. 

«Adesso vengono qui anche neonati trasferiti da altri ospedali. Con i fondi che raccogliamo copriamo le spese del loro ricovero, che a volte può durare anche un mese. In Tanzania la sanità non è gratuita, quindi è capitato che alcune donne scappassero di notte con i piccoli in braccio temendo l’alto costo del ricovero. Ora finanziamo noi il posto letto, medicine, ossigenoterapia, fototerapia e le varie visite di follow-up ogni 6 mesi».

IL REPARTO NEONATOLOGIA

Nel frattempo i bisogni del territorio si evolvono. «Ora stiamo costruendo il primo reparto della regione dedicato ai neonati sotto il mese d’età. Non accoglierà solo i piccoli nati pretermine, ma tutti i neonati che hanno bisogno di assistenza subito dopo la nascita e i bimbi che hanno bisogno di rianimazione, ossigenoterapia, fototerapia. Nel reparto sarà presente una stanza per le incubatrici, una per l’isolamento, una riscaldata per la marsupio-terapia, una stanza per la degenza dei neonati che hanno bisogno di trattamenti, una per l’allattamento, una adibita al follow-up dei piccoli che sono stati già dimessi e una camera per le madri che hanno il bimbo in incubatrice (in Tanzania le mamme restano in ospedale accanto ai bambini durante tutto il tempo del ricovero, ndr).

wazo borse pamoja

LA RACCOLTA FONDI A GENOVA

Per poter portare avanti tutti questi progetti, il fundraising è una carta fondamentale, da giocare durante partite sempre diverse. Poco tempo fa Marta ha conosciuto un ragazzo che ha un brand di moda, Wazo, e con lui ha subito intrapreso una frizzante collaborazione. Dalle sue mani escono borse e borsellini dal design molto curato creati e cuciti con stoffe africane, il cui ricavato viene devoluto sia ad artigiani locali che a Pamoya, l’associazione per cui lavora Marta.

Così, ogni volta che torna a Genova, parte da Ikelu con la valigia piena di borse e borsette per gli amici e i tanti sostenitori che condividono i valori di Pamoya. Un modo concreto per sensibilizzare sul tema della prematurità e sui progetti dedicati ai bambini ustionati del St. Joseph Hospital.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo

Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”
Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”

Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza
Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Cosa dice il nuovo codice della strada e che ricadute avrà sulla mobilità sostenibile – #1024

|

La biblioteca su due ruote KORABike regala storie in giro per le strade

|

Educare al biologico: serve più consapevolezza verso salute e ambiente

|

Promemoria Auschwitz, perché davvero non accada mai più

|

Cammini e sentieri: ecco come custodire e valorizzare un tesoro lungo 150mila chilometri

|

La Robbia, il laboratorio sardo di tintura naturale che cuce tradizione e sostenibilità, dalla terra al tessuto

|

Nuove case: come devono essere per stare al passo con un mondo che cambia?

|

CereAMO: per mangiar bene dobbiamo “tornare indietro” di 80 anni

string(7) "liguria"